L’impatto del percorso di PMA sulla vita della coppia è significativo sia dal punto di vista individuale che di coppia, tanto che mediamente il 40% delle coppie abbandona il percorso in fasi diverse, senza aver raggiunto l’obiettivo della gravidanza. Tendenzialmente è dal terzo tentativo che si registra la percentuale di abbandono più alta.
L’importanza del counseling psicologico
Una delle cause del drop-out è sicuramente la difficoltà a livello emotivo e psicologico della coppia di affrontare lo stress di ripetuti risultati negativi, che un adeguato counseling psicologico permette di reggere meglio, consolidando l’unione della coppia durante il percorso di fecondazione assistita. Di fatto, i centri di Procreazione Medicalmente Assistita hanno l’obbligo di garantire alle coppie un sostegno psicologico, come stabilito dalle Linee Guida applicative della Legge 40.
La ricerca su impatto della PMA nella vita di coppia della “Sapienza” Università di Roma. Una ricerca, presentata al 1° Congresso Nazionale della Società Italiana della Riproduzione Umana (SIRU) - condotta dall'equipe del Dipartimento di Psicologia della “Sapienza” Università di Roma - coordinato dalla Prof.ssa Laura Volpini - ha indagato sul motivo per cui le coppie persistono nel percorso di PMA, analizzando un campione di circa 1000 coppie (età 35-45 anni) sottoposte a PMA omologa, afferenti a 4 centri di PMA in diversi regioni italiane.
I risultati della ricerca hanno evidenziato l’impatto della PMA sulla vita dei pazienti e, in particolare, come le coppie correlano - in fasi diverse del percorso di PMA - l'intenzione di proseguire la fecondazione assistita agli ostacoli procedurali/relazionali o al supporto percepito durante il percorso di PMA.
Dall’analisi dei dati è emerso che proseguono nella PMA, nonostante gli ostacoli, le coppie che hanno maggiore convinzione di riuscire nel percorso, insieme al supporto della rete sociale e medica.
“L’età in cui si decide di avere figli è sempre più avanzata e questo incide sulle possibilità di successo delle tecniche di fecondazione assistita, almeno omologa. Se a ciò si aggiunge che il percorso è piuttosto impegnativo sia sotto il profilo emotivo che sotto il profilo clinico– ha affermato Laura Volpini, docente di Psicologia alla “Sapienza” Università di Roma – le possibilità di persistere nel percorso di PMA dopo un fallimento diminuiscono. Per questo è necessario che le coppie siano seguite, oltre che da un’equipe di medici e biologi, anche da psicologi, per un counseling di supporto.
Infertilità, crisi di coppia e differenze di genere
Alla diagnosi d’infertilità, e successivo percorso di PMA, anche le coppie più̀ coese si trovano ad attraversare un periodo d’instabilità̀. Entrambi i partner, ma in particolar modo la donna, si sottopongono a stressanti iter tecnici, sostenuti dalla speranza di riuscire a raggiungere l’obiettivo di un figlio. Spesso questi tentativi non raggiungono il fine desiderato e quest’altalena di speranza e delusione giunge al termine riaprendo quella ferita appena rimarginata dalla speranza.
Cosa differenzia le risposte emotive nell’uomo o nella donna?
La diagnosi d’infertilità può provocare in entrambi i partner senso di colpa, rabbia o isolamento, ferite (anche narcisistiche) con una conseguente diminuzione di autostima. La risposta emotiva della donna è più introspettiva, si proietta sul senso di vuoto interiore percepito: l’immagine dello spazio vuoto, della cavità interna che sarà riempita si atrofizza nell’impossibilità. Il vuoto rimarrà vuoto e ciò produrrà profonde modificazioni alla propria identità (Vegetti Finzi, 1990). Mentre l’uomo tende a spostare le sue energie verso l’esterno, ricercando quel senso di potere che il senso d’infertilità ha minato. L’uomo cerca inoltre di esibire un’immagine di sé positiva, nonostante la ferita narcisistica, determinata dall’idea che la sua virilità possa essere messa in dubbio, tanto da spostare - a differenza della donna - energie e interessi su altri versanti della sua vita, spesso extra-familiari. Tutto ciò perché l’uomo è orientato all’”agire”, mentre la donna sul “sentire” (accogliere e contenere). L’uomo, seppur investito in minor misura, avendo uno scarso vocabolario emotivo, esterna difficilmente il proprio mondo interiore, con un conseguente maggior senso di chiusura e riservatezza sul proprio vissuto d’infertilità e d’inizio di un percorso di PMA, che lo spinge a rifiutare di parlarne e isolarsi. Le differenti risposte dipendono anche dal fatto che per la donna l'idea della gravidanza investe prevalentemente il suo corpo, essendo sottoposta in maggior misura ai vari esami medici (prima) e alle tecniche di PMA (dopo).
“Comprendere meglio i vissuti dell’uomo e della donna può essere un primo passo per facilitare la comunicazione e la condivisione – rileva Stefano Bernardi, psicologo, psicoterapeuta ed esperto in sessuologia clinica – che al 1° Congresso della SIRU ha sottolineato le differenze di genere in relazione alla PMA.
In generale, un sostegno multidisciplinare tout-court permette alla coppia di affrontare il problema (sia la ferita dell’infertilità che il percorso di PMA), di sapersi confrontare, ovvero farsi aiutare per trovare una soluzione, perché l’infertilità si può gestire e risolvere, ma anche di condividere queste difficoltà con la rete familiare e sociale, riducendo stress e tensione che potrebbero generare disagi ed incomprensioni anche nella sfera sessuale. Questo vale in ogni fase del percorso PMA, sicuramente in presenza di un fallimento delle tecniche, ma anche in caso di successo quando la gravidanza inizia ed il sogno inizia a realizzarsi.
Al Congresso SIRU un vademecum per indirizzare le coppie infertili quando intraprendono il percorso di PMA:
1) Rivolgersi al proprio medico curante e al proprio ginecologo e allo psicologo di fiducia, se, dopo circa un anno di tentativi, non si è ottenuta una gravidanza o ci sono problemi di poliabortività
2) Farsi indicare il centro/i specializzato/i pubblici o privati più vicini, che si occupano di PMA
3) Condividere queste difficoltà con la rete familiare e sociale, ovvero non isolarsi
4) Non affidarsi a forum o chat che danno consigli medici, perché sono fuorvianti e non basati sulla scienza medica
5) Informarsi se nella propria regione di appartenenza si rientra nella fascia d’età che è riconosciuta per i Livelli Essenziali di Assistenza (ticket sanitario)
6) Chiedere una consulenza psicologica durante tutto il percorso PMA
7) Chiedere di poter avere un medico di riferimento per tutta la durata del percorso
8) Farsi aiutare dal medico e dallo psicologo del Centro PMA nel fare un bilancio nell’elaborazione dei vissuti e nel prendere ulteriori decisioni, in caso fallimento di un trattamento di PMA
9) Chiedere informazioni mediche e supporto psicologico nel prendere un’eventuale decisione circa una fecondazione eterologa
10) Nel caso di una risoluzione positiva del proprio progetto genitoriale, chiedere una consultazione con lo psicologo del centro circa ipotesi di donazione anonima dei propri gameti crio-congelati.
Inquinamento e infertilità: allarme per la qualità del liquido seminale
È allarme della sopravvivenza della specie umana nei Paesi occidentali e in particolare nelle zone ad altro rischio ambientale. Un’affermazione estrema supportata da studi recenti che dimostrano che la percentuale di milioni di spermatozoi per millilitro si sarebbe dimezzata negli ultimi 40 anni nei paesi occidentali (-59,3% nel numero netto di spermatozoi) e che circa il 35% dei casi di infertilità ha una causa maschile.
Le ragioni? Tra le principali, innanzitutto, sostanze chimiche presenti nell’ambiente, come metalli pesanti, diossine e negli alimenti come pesticidi – ma anche stili scorretti di vita, inquinamento elettromagnetico che possono ridurre la qualità e quantità degli spermatozoi ed essere in grado di modificare il DNA umano. “Il sistema riproduttivo è, infatti, particolarmente vulnerabile alle interferenze dell’ambiente e il liquido seminale maschile sembra rappresentare lo specchio più fedele di quanto l’ambiente e lo stile di vita impattino sulla salute riproduttiva oltre che globale dell’individuo” ha dichiarato il Dott. Luigi Montano, uno dei tre Presidenti Società Italiana di Riproduzione Umana, UroAndrologo dell’Asl di Salerno, in apertura del 1° Congresso Nazionale SIRU a Roma.
Tra i temi di grande attualità del Congresso la denatalità, l'impatto dell'inquinamento, dei cattivi stili di vita sulla salute riproduttiva e in generale la prevenzione primaria e la ricerca insieme ad autorevoli rappresentanti del mondo scientifico ed istituzionale nazionale ed internazionale. Nello specifico, sono stati presentati in anteprima nuovi dati del progetto EcoFoodFertility, ideato e coordinato dal Dott. Luigi Montano. Un progetto interdisciplinare e multicentrico di biomonitoraggio umano, nato sulle problematiche della “Terra dei Fuochi” che analizza campioni omogenei per età, BMI e stili di vita di maschi sani residenti in aree a diversa pressione ambientale, che si sta allargando in diverse aree ambientali critiche d’Italia e d’Europa e che utilizza il liquido seminale come chiave di lettura del rapporto Ambiente–Salute, nella sua duplice funzione di precoce e affidabile sensore della qualità ambientale e della salute generale (Seme Sentinella). Il fine è quello di valutare con più precisione l’impatto che l’ambiente, l’alimentazione e lo stile di vita hanno sulla salute umana, per avviare in attesa dei tempi lunghi del risanamento ambientale, attività concrete ed immediate di prevenzione primaria attraverso regimi alimentari e modifica degli stili di vita che favoriscano la detossificazione naturale (“bonifica”) dell’uomo nelle aree inquinate a salvaguardia della salute riproduttiva e globale.
I risultati dei primi studi pubblicati già su importanti riviste internazionali su 222 campioni selezionati da due aree campane ad alto (Terra dei Fuochi) e basso (Alto-Medio Sele, SA) impatto ambientale, già indicavano differenze statisticamente significative in termini di maggiore accumulo di alcuni metalli pesanti, di danni al DNA spermatozoario, di riduzione delle difese antiossidanti nel liquido seminale, di alterazioni della motilità spermatica, di maggiore lunghezza dei telomeri spermatici nei soggetti di Terra dei Fuochi rispetto a quelli del Salernitano, quelli in fase di pubblicazione e presentati in anteprima al congresso SIRU, invece, riguardano ulteriori 327 campioni provenienti dalle aree campane, da Palermo e dall’area dell’ILVA di Taranto che ulteriormente confermano l’estrema sensibilità del seme all’esposizione ambientale ed in particolare il dna spermatico, parametro seminale che risente più precocemente del danno ambientale, alterato del 35% circa, quindi con danni significativamente maggiori nei soggetti residenti in Terra dei Fuochi e Taranto rispetto a quelli di Palermo e del salernitano.
In conclusione, il Progetto dimostra come la sensibilità del seme all’inquinamento stia aprendo nuovi scenari nella valutazione dell’impatto ambientale sulle popolazioni che vivono in aree a rischio, con applicazioni in programmi innovativi di sorveglianza sanitaria e misure di prevenzione primaria, nell’ottica del concetto della “One Health”, vista l’interdisciplinarietà dei temi e le sue proiezioni sulla salute globale. Il progetto, peraltro, si sta già avviando con la versione femminile.
In conclusione, dichiara il Dott. Montano, “attraverso questo progetto si vuole esprimere un messaggio di salute globale che consideri la Fertilità un presidio di prevenzione, non solo per le patologie riproduttive, ma anche per quelle cronico-degenerative dell’adulto e a difesa delle generazioni future, in modo da proiettare la stessa Fertilità in una dimensione di più ampia portata per la salvaguardia della Salute Pubblica, passaggio quest’ultimo, sul quale l’attenzione è ancora superficiale e su cui la SIRU grazie al suo approccio multidisciplinare e aperto al territorio ed alla società, attraverso una serie di attività che sono in corso e che verranno implementate, si sta già facendo carico e se ne farà nel prossimo futuro”.
Fonte: Ufficio Stampa SIRU