Tra le cause della sindrome dell’intestino irritabile lo stress gioca un ruolo importante, ma oggi sappiamo anche che non è l’unico fattore scatenante e la ricerca scientifica ha mosso passi importanti verso la conoscenza sempre più approfondita dei meccanismi alla base dei sintomi. “Si pensi ad esempio al ruolo del microbiota intestinale: miliardi di batteri che popolano il nostro intestino e che quando si alterano per infezioni, l’uso di antibiotici o una dieta sbagliata, producono gas, gonfiore e disturbi delle funzioni intestinali – precisa Enrico Corazziari, Professore Ordinario dell’Università “La Sapienza” di Roma – Negli ultimi anni si è ipotizzato, infatti, un possibile legame tra i geni che controllano il sistema immunitario e il microbiota. Infine, non meno importante, in 1 paziente su 10 anche la gastroenterite, la classica influenza intestinale, dà il via allo sviluppo di IBS”.
Il percorso del paziente, verso la diagnosi di sindrome dell’intestino irritabile, segue attualmente i Criteri di Roma III della Rome Foundation (basati sulla sintomatologia degli ultimi 3 mesi) ma spesso può risultare un percorso lungo e resta la necessità di definire degli standard diagnostici specifici, poiché nella pratica clinica si procede con una serie di verifiche diagnostiche che possono condurre alla diagnosi di IBS attraverso l’esclusione di altre patologie del tratto gastrointestinale.
La patologia ha inoltre un notevole impatto sulla qualità di vita dei pazienti (ansia, senso di inadeguatezza) e elevati costi sociali. Un recente studio europeo ha cercato di indagare l’impatto socio-economico della sindrome da intestino irritabile con stipsi (IBS-c) in 6 Paesi Europei (Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia e Regno Unito).Dal focus sull’Italia emerge che: in media i costi sanitari del paziente con IBS-c sono 937 euro, in gran parte dovuti al costo delle ospedalizzazioni, simili a quelli riguardanti altre patologie come ipertensione, diabete e osteoartriti; il costo annuo a carico del paziente è di 485 euro, il 34% di tutti i costi diretti, una spesa significativa che il paziente deve sostenere per le terapie a causa del mancato rimborso da parte del SSN; infine, costi indiretti per 339 euro annui, simili a quelli della broncopneumopatia cronica ostruttiva.
“Si stima che un paziente con IBS associato a stipsi abbia un costo complessivo in media di circa 1.700 euro all’anno - dichiara Vincenzo Stanghellini, Professore Ordinario di Medicina Interna dell’Università di Bologna e Direttore della UO di Medicina Interna del Policlinico S. Orsola di Bologna - L’impatto è dovuto sia ai costi diretti, imputabili a diagnosi ritardate, ospedalizzazioni e inappropriatezza o mancanza di aderenza terapeutica, sia ai costi indiretti secondari come le condizioni di assenteismo dal posto di lavoro e di presentismo, caratterizzato dalla scarsa produttività lavorativa dei pazienti”.
Il medico di medicina generale è il primo a entrare in contatto con pazienti con IBS, che rappresentano circa il 10% delle visite totali del MMGen e circa il 50% delle visite dallo specialista. Allo stato attuale, molto spesso può verificarsi uno scollamento nel passaggio del paziente dal medico di medicina generale allo specialista, senza considerare le diffuse pratiche di automedicazione che spesso sono la prima scelta terapeutica del paziente con IBS e che perdurano anche per anni.
In particolare, la sindrome dell’intestino irritabile con stipsi (IBS-c) è un sottotipo di IBS che può risultare ampiamente sotto-diagnosticata a causa della somiglianza con la stipsi cronica. Un recente studio europeo ha rilevato che in Italia più del 75% dei pazienti con IBS-c prende un farmaco OTC (tra i più comuni, pre/probiotici, lassativi e preparati a base di fibre). Un comportamento terapeutico che potrebbe essere imputabile anche al fatto che in Italia le soluzioni su prescrizione medica non sono rimborsate, rappresentando dunque un costo a carico del paziente.
“Nella cura è importante tener conto delle diverse caratteristiche di IBS, che ad esempio può comportare diarrea o stipsi, che richiedono un approccio terapeutico diverso - conclude il Prof. Barbara - Sono molte le novità in termini di possibilità terapeutiche con la disponibilità a livello mondiale e anche in Italia, di farmaci innovativi che curano l’intera sintomatologia. Tra questi spicca la linaclotide che combina un effetto analgesico sul dolore con un miglioramento della stipsi. Novità anche per i pazienti con diarrea sono previste a breve”.
L’evento scientifico di Bologna si inserisce in un periodo estremamente florido da un punto di vista dello sviluppo scientifico per le malattie Funzionali Gastrointestinali e la Gastroenterologia in generale. Da qui, la necessità crescente di divulgare queste novità sia alla comunità scientifica sia al paziente che spesso si trova ad affrontare questo disturbo dovendone gestire l’impatto nella sua attività quotidiana.
“Il nostro impegno nell’area delle malattie gastrointestinali si rafforza ulteriormente con linaclotide, opzione terapeutica resa disponibile per i pazienti con sindrome dell’intestino irritabile con stipsi - ha affermato Nicola Di Menna, Amministratore Delegato di Allergan SpA - Riteniamo importante che i medici abbiano a disposizione un unico trattamento per agire rapidamente e fornire le cure necessarie a questi pazienti. Allergan vuole stringere una collaborazione duratura con gli specialisti del settore, con l’obiettivo di migliorare la qualità e l’accesso alle cure dei pazienti, agevolando al tempo stesso la pratica clinica degli specialisti”.
Intervista al Dott. Giovanni Barbara, Professore Associato dell’Università di Bologna e Presidente della Società Europea di Neurogastroenterologia sulla Sindrome dell'Intestino Irritabile
La Sindrome dell’intestino irritabile (IBS) riguarda circa 1 Italiano su 10, in maggioranza donne (con un rapporto di 3 a 1 rispetto agli uomini) ed è più comunemente conosciuta come “colite spastica”. Si tratta di una patologia con un notevole impatto sulla qualità di vita dei pazienti e considerevoli conseguenze di tipo socio-economico.
I SINTOMI E LA DIAGNOSI
La Sindrome dell’intestino irritabile è un disturbo caratterizzato da dolore addominale associato a gonfiore e ad alterazioni delle funzioni intestinali come diarrea (IBS-d), stitichezza (IBS-c) o una fastidiosa alternanza delle due condizioni.
Il primo passo per formulare una corretta diagnosi è quello di valutare la sintomatologia e di escludere i cosiddetti “campanelli d’allarme” che possono portare a una diagnosi differente[1].
In pazienti con IBS il dolore addominale deve essere di lunga durata (almeno 3 mesi) e avere queste caratteristiche:
• diminuisce o aumenta con la defecazione;
• si associa a una diminuzione o a un aumento della frequenza della defecazione;
• si associa a un aumento o a una diminuzione della consistenza delle feci.
UNA PATOLOGIA MULTIFATTORIALE
Vi è oggi sempre maggiore evidenza che i sintomi di IBS non sono il risultato dello stress, ma di un insieme di alterazioni, che avvengono a livello del cosiddetto asse cervello-intestino, una costante comunicazione che avviene tra l’encefalo e l’apparato gastrointestinale. La sindrome dell’intestino irritabile viene oggi considerata una malattia multifattoriale, causata cioè da più fattori. Tra questi, spiccano le alterazioni delle motilità intestinale e un’aumentata sensibilità e iper-reattività a certi cibi, allo stress, alle emozioni, a fugaci infezioni intestinali, al periodo mestruale o la distensione delle pareti dell’intestino causate dal gas. Quest’ultimo è prodotto da una eccessiva fermentazione dei cibi, soprattutto i carboidrati, da parte dei batteri intestinali, denominati oggi microbiota intestinale.
In sintesi, nell’IBS, la normale regolazione delle interazioni cervello-intestino si altera, il che porta a cambiamenti nella motilità, sensibilità (sensazioni) e secrezioni a livello intestinale. Vi sono numerosi fattori che possono giocare un ruolo nell’alterazione dell’asse cervello-intestino. Essi sono:
Una predisposizione genetica a sviluppare l’IBS (familiarità)
Una infezione intestinale avvenuta prima dell’insorgenza dei sintomi
Eventi stressanti ripetitivi e cronici o altri fattori psico-sociali
Alterazioni del microbiota intestinale.
[1] Prima della diagnosi di IBS, escludere i seguenti segnali: inizio dei sintomi in età superiore a 50 anni; presenza di sangue nelle feci; dimagrimento improvviso e repentino; familiarità per malattie infiammatorie intestinali; modificazioni di alcuni semplici esami come emocromo, VES; presenza di anemia.
Fonte. Ufficio Stampa Agnes Comunicazione