“Dobbiamo parlare di diversi sottotipi di questa neoplasia, definiti in relazione alle alterazioni molecolari – sottolinea il prof. Giuseppe Curigliano, professore di Oncologia Medica all’Università di Milano e direttore Divisione Sviluppo di Nuovi Farmaci per Terapie Innovative all’Istituto Europeo di Oncologia -. Questo ci consente di scegliere in maniera altamente selettiva il trattamento in relazione alle caratteristiche di ogni sottogruppo. Inoltre, nei tumori del seno che esprimono il gene HER2 (una mutazione presente in circa un quinto delle pazienti), sono in corso studi su anticorpi bifunzionali, che da un lato attaccano il bersaglio molecolare (HER2), dall’altro attivano il sistema immunitario. Queste molecole sono molto potenti perché coniugano le caratteristiche delle terapie target e dell’immunoterapia. I risultati iniziali nella malattia metastatica sono estremamente promettenti, con una risposta globale raggiunta nel 50% delle pazienti pretrattate. In fase neoadiuvante, cioè prima della chirurgia, nelle forme HER2 positive sono inoltre disponibili associazioni di diversi farmaci anti-HER2 e ormonoterapia, evitando così il ricorso alla chemioterapia e ottenendo gli stessi risultati in termini di efficacia. Sono in corso sperimentazioni per verificare quali pazienti possano giovarsi di questo approccio”. Proprio nei tumori del seno HER2 positivi si stanno aprendo nuove strade nella comprensione dei meccanismi di resistenza alle terapie. “In circa il 90% delle pazienti con malattia metastatica che esprimono il gene HER2, dopo 3-5 anni i farmaci non sono più efficaci – conclude il prof. Maurizio Scaltriti, direttore dello Human Oncology and Pathogenesis Program al Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York -. In studi condotti presso il nostro centro abbiamo evidenziato che, in alcune pazienti, si sviluppano mutazioni del gene HER2. E proprio la loro presenza determina la resistenza alle terapie. Abbiamo individuato queste alterazioni analizzando il DNA circolante nel sangue, un tipo di biopsia liquida. Inoltre in queste pazienti che presentano sia la sovraespressione che la mutazione di HER2 è risultata particolarmente efficace una nuova molecola, neratinib, recentemente approvata dall’ente regolatorio americano (FDA). Neratinib è il primo trattamento adiuvante ‘esteso’ per questo tipo di pazienti perché è indicato dopo una prima terapia adiuvante per diminuire ancora di più il ritorno della malattia.”
Fonte: Ufficio Stampa Intermedia