L’ITALIA E’ A LIVELLI DI ECCELLENZA E LA SUA RETE TRAPIANTOLOGICA E’ TRA LE MIGLIORI AL MONDO MA ATTENZIONE: QUESTI RISULTATI CI DEVONO RENDERE ORGOGLIOSI NON FARCI CREDERE CHE SI TRATTI DI INTERVENTI AD ESITO SCONTATO PER CUI DIETRO UN INSUCCESSO DEBBA FORZOSAMENTE ESSERCI UNA RESPONSABILITÀ »
ALL’INDOMANI DELLA NOTIZIA DI CRONACA DELLA MORTE DI UN 60ENNE PER UN TRAPIANTO DI CUORE IL PRESIDENTE DELLA SITO UMBERTO CILLO ESPRIME LA PREOCCUPAZIONE DELLA SOCIETA’ ITALIANA TRAPIANTI D’ORGANO. «I TRAPIANTI RAPPRESENTANO UN ATTO MEDICO TRA I PIU’ COMPLESSI. SE SI DIFFONDE LA CULTURA DELLA SEMPLIFICAZIONE E DEL LIETO FINE SCONTATO SI FA DEL MALE AI PAZIENTI, ALLE FAMIGLIE E A TUTTO IL SISTEMA»
«Un trapianto di cuore non è un intervento di poco conto. Il fatto che in Italia la trapiantologia sia a livelli di eccellenza internazionale ha fatalmente portato l’opinione pubblica a scotomizzare i rischi intrinseci al trapianto in una visione semplificata e "magica" di una realtà, al contrario, altamente complessa e piena di insidie – dice Umberto Cillo, Presidente della Società Italiana Trapianti d’Organo (SITO)- La morte al San Camillo di Roma di un 60enne trapiantato di cuore ci addolora come medici e come persone e ci spinge a un innegabile desiderio di chiarimenti sulle cause che l'hanno determinata ma dobbiamo resistere alla tentazione di arrivare a conclusioni rapide e semplificate ».
«All’indomani della notizia di cronaca e in attesa dei risultati dei doverosi approfondimenti del CNT e delle indagini della magistratura –prosegue Cillo - è d’obbligo fermarsi a guardare con occhio non giudicante questo mondo fatto di pazienti in gravissime condizioni, delle loro famiglie spesso logorate dalla lunga malattia e dai tanti professionisti che in tutti i modi cercano di dare risposte concrete di salute a richieste, a volte, quasi impossibili. Quando un paziente con insufficienza terminale di cuore viene sottoposto a trapianto ha una probabilità di sopravvivenza ad 1 anno dall'intervento dell'82.4%».
«A 50 anni dal primo trapianto di cuore di Barnard - conclude Cillo- prima del quale per il 100% di questi pazienti non vi era scampo "solo" il 17% è gravato da insuccesso entro il primo anno dall'intervento. Passi da gigante, indubbiamente, ma nessuna bacchetta magica. I trapianti restano una realtà clinica tra le più complesse e controllate dell’intera area medica, si tratta di procedure in pazienti che richiedono una rete organizzativa e una capacità chirurgica che ha pochi confronti. L’Italia è ai vertici mondiali sia per i suoi operatori che per la sua rete organizzativa e di controllo. Guardiamo a questo mondo e a questi eventi con la certezza che si approfondiranno le cause di insuccesso perché questa capacità critica ci ha portati agli impensabili passi in avanti odierni. Manteniamo però la consapevolezza che a fronte di uno straordinario atto di generosità che è la donazione e dello strenuo sforzo quotidiano di moltissimi, la lotta per la vita di questi pazienti non è mai una battaglia ad esito scontato».
Fonte: Ufficio Stampa Argon Media