Terapie non convenzionali nella diagnosi e cura della malattia di Alzheimer - Alimentazione e Stimolazioni cerebrali possono rallentare il decorso della malattia
Vai al Servizio sul Congresso con le Interviste al Prof. Rossini, Prof. Marra,
Prof. Miggiano, Dott.ssa Squitti, Chef Heinz Beck
Problemi di coordinamento e di orientamento,
disturbi del linguaggio e delle capacità decisionali, deficit di memoria:
questi i principali disagi legati all’invecchiamento cerebrale, in particolare
alla prima forma di demenza, l’Alzheimer, che colpisce oggi 30 milioni di
persone nel mondo, di cui circa 600 mila solo in Italia.
Obiettivo degli studi più recenti nel campo della riabilitazione cognitiva è quello di intervenire con nuove tecniche “non-invasive” di stimolazione magnetica transcranica (TMS) abbinate ai trattamenti di riabilitazione delle facoltà cerebrali, per migliorarne le funzioni e aumentare l’autonomia nel vivere quotidiano.
L’argomento è all’attenzione di medici e ricercatori, alcuni di fama mondiale, riuniti oggi al Congresso ““Approccio non convenzionale alla malattia di Alzheimer: dalla ricerca alla cura” promosso dall’Istituto di Neurologia del Policlinico Agostino Gemelli di Roma (Paolo Maria Rossini) e dall’Ospedale Fatebenefratelli all’Isola Tiberina (Rosanna Squitti), rispettivamente coordinatore e capofila del gruppo di ricercatori che hanno messo a punto di recente un nuovo test del rame “libero” (non legato alla proteina ceruloplasmina) validato come fattore predittivo della malattia di Alzheimer.
“La riabilitazione cognitiva è ormai una realtà nei trattamenti per l’Alzheimer – spiega Paolo Maria Rossini, Direttore dell’Istituto di Neurologia dell’Università Cattolica al Policlinico Gemelli - . Di recente è stato proposto l’utilizzo dei metodi di stimolazione non invasiva del cervello che utilizzano campi magnetici di brevissima durata ed elevata intensità in grado di attivare in modo selettivo le strutture cerebrali sottostanti lo stimolatore”.
Tale metodica, ancora più di recente, si è arricchita delle tecniche di neuro-navigazione che consentono di andare a stimolare con estrema precisione le aree del cervello interessate, individuate con l’ausilio delle immagini di risonanza magnetica.
“Negli ultimi due anni – continua Rossini - sono stati effettuati studi sempre più significativi che abbinano le tecniche di stimolazione cognitiva con quella di TMS. L’idea alla base di questo approccio è quella di attivare in modo specifico una determinata rete neuronale che sostiene una determinata funzione cognitiva e - simultaneamente- di eccitare al massimo quella stessa rete mediante stimolazione magnetica transcranica”.
Tra i dispositivi medici più all’avanguardia utilizzati per le nuove metodiche, un’apparecchiatura messa a punto in Israele, ora disponibile a livello di sperimentazione anche in Italia (nei centri del Fatebenefratelli di Brescia, dell’Università di Pavia e dell’Università Cattolica-Policlinico Gemelli di Roma). Tra le sperimentazioni in corso, quella su una popolazione di pazienti affetti da una forma iniziale di Alzheimer che saranno sottoposti a 6 settimane di trattamento (sedute di circa un’ora ciascuna per 5 giorni a settimana) durante le quali saranno forniti al paziente alcuni test via computer: durante l’esecuzione del test il sistema di TMS ‘energizza’ la risposta delle aree cerebrali coinvolte con estrema precisione grazie alla tecnica di neuro-navigazione.
“Da questi studi, ci si aspetta un significativo miglioramento delle funzioni cognitive – conclude Rossini - ed un importante aumento della durata di autonomia nelle funzioni quotidiane".
Fonte: Ufficio Stampa Policlinico Agostino Gemelli, Roma
Obiettivo degli studi più recenti nel campo della riabilitazione cognitiva è quello di intervenire con nuove tecniche “non-invasive” di stimolazione magnetica transcranica (TMS) abbinate ai trattamenti di riabilitazione delle facoltà cerebrali, per migliorarne le funzioni e aumentare l’autonomia nel vivere quotidiano.
L’argomento è all’attenzione di medici e ricercatori, alcuni di fama mondiale, riuniti oggi al Congresso ““Approccio non convenzionale alla malattia di Alzheimer: dalla ricerca alla cura” promosso dall’Istituto di Neurologia del Policlinico Agostino Gemelli di Roma (Paolo Maria Rossini) e dall’Ospedale Fatebenefratelli all’Isola Tiberina (Rosanna Squitti), rispettivamente coordinatore e capofila del gruppo di ricercatori che hanno messo a punto di recente un nuovo test del rame “libero” (non legato alla proteina ceruloplasmina) validato come fattore predittivo della malattia di Alzheimer.
“La riabilitazione cognitiva è ormai una realtà nei trattamenti per l’Alzheimer – spiega Paolo Maria Rossini, Direttore dell’Istituto di Neurologia dell’Università Cattolica al Policlinico Gemelli - . Di recente è stato proposto l’utilizzo dei metodi di stimolazione non invasiva del cervello che utilizzano campi magnetici di brevissima durata ed elevata intensità in grado di attivare in modo selettivo le strutture cerebrali sottostanti lo stimolatore”.
Tale metodica, ancora più di recente, si è arricchita delle tecniche di neuro-navigazione che consentono di andare a stimolare con estrema precisione le aree del cervello interessate, individuate con l’ausilio delle immagini di risonanza magnetica.
“Negli ultimi due anni – continua Rossini - sono stati effettuati studi sempre più significativi che abbinano le tecniche di stimolazione cognitiva con quella di TMS. L’idea alla base di questo approccio è quella di attivare in modo specifico una determinata rete neuronale che sostiene una determinata funzione cognitiva e - simultaneamente- di eccitare al massimo quella stessa rete mediante stimolazione magnetica transcranica”.
Tra i dispositivi medici più all’avanguardia utilizzati per le nuove metodiche, un’apparecchiatura messa a punto in Israele, ora disponibile a livello di sperimentazione anche in Italia (nei centri del Fatebenefratelli di Brescia, dell’Università di Pavia e dell’Università Cattolica-Policlinico Gemelli di Roma). Tra le sperimentazioni in corso, quella su una popolazione di pazienti affetti da una forma iniziale di Alzheimer che saranno sottoposti a 6 settimane di trattamento (sedute di circa un’ora ciascuna per 5 giorni a settimana) durante le quali saranno forniti al paziente alcuni test via computer: durante l’esecuzione del test il sistema di TMS ‘energizza’ la risposta delle aree cerebrali coinvolte con estrema precisione grazie alla tecnica di neuro-navigazione.
“Da questi studi, ci si aspetta un significativo miglioramento delle funzioni cognitive – conclude Rossini - ed un importante aumento della durata di autonomia nelle funzioni quotidiane".
Fonte: Ufficio Stampa Policlinico Agostino Gemelli, Roma