Si conferma la possibilità di trattamento con intento curativo in questo setting di malattia
Il 43% dei pazienti trattati con durvalumab è ancora in vita dopo 5 anni ed uno su tre non è andato incontro a progressione di malattia
Presentati al Congresso ASCO i risultati a 5 anni dello studio di Fase III PACIFIC
AstraZeneca ha annunciato l’aggiornamento a 5 anni dei risultati dello studio di Fase III PACIFIC che confermano come durvalumab dimostri un beneficio clinicamente significativo e che si mantiene nel tempo sia in termini di sopravvivenza globale (OS) che di sopravvivenza libera da progressione (PFS) nei pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) in stadio III non resecabile e che non sono andati in progressione dopo trattamento chemio-radioterapico.
I risultati delle analisi post-hoc aggiornate, presentati al Congresso della American Society of Clinical Oncology (ASCO) in corso fino all’8 giugno, hanno mostrato un tasso di sopravvivenza globale a cinque anni del 42,9% per i pazienti trattati con durvalumab rispetto al 33,4% per i pazienti trattati con placebo dopo chemio-radioterapia (CRT). La OS mediana è stata di 47,5 mesi per durvalumab rispetto a 29,1 mesi per il placebo. Dopo il trattamento per un massimo di un anno, il 33,1% dei pazienti trattati con durvalumab non è andato incontro a progressione cinque anni dopo l’arruolamento rispetto al 19% del placebo. Questi risultati trovano fondamenta nelle analisi primarie di PFS e OS pubblicate sul New England Journal of Medicine nel 2017 e nel 2018, che hanno dimostrato un beneficio significativo e duraturo con durvalumab per entrambi questi endpoint primari.
Il tumore del polmone è la principale causa di morte in Italia. Degli oltre 40.000 nuovi casi di carcinoma polmonare diagnosticati lo scorso anno nel nostro paese, circa l’80-85% possono essere classificati come non a piccole cellule. Oggi un paziente su tre con NSCLC presenta alla diagnosi una malattia in stadio III, un setting dove la maggior parte delle volte il tumore non è più resecabile (non può essere rimosso chirurgicamente). Prima dell’approvazione di durvalumab in questo setting, per decenni la chemio-radioterapia è stata l’unica opzione di trattamento disponibile per questi pazienti.
Il Professor Giorgio Scagliotti, Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica dell’Università di Torino ha commentato: “I dati presentati al congresso della American Society of Clinical Oncology confermano, anche dopo un follow-up a 5 anni, il potenziale dell’immunoterapia come approccio terapeutico nel trattamento del tumore del polmone in stadio III non resecabile. L’aggiornamento a 5 anni dello studio PACIFIC mostra un dato di sopravvivenza complessiva del 42,9% e una riduzione del rischio di morte di circa il 30% per i pazienti trattati con durvalumab. In aggiunta, 1 paziente su 3 nel braccio di trattamento con durvalumab non risulta essere andato incontro a progressione di malattia, un risultato particolarmente rilevante in termini di controllo della malattia e che conferma ulteriormente la possibilità di offrire un trattamento ad intento curativo in questo setting.”
Umberto Ricardi, Direttore del Dipartimento di Oncologia e della Struttura Complessa Universitaria di Radioterapia della Città della Salute e della Scienza di Torino ha aggiunto: “Lo stadio localmente avanzato del carcinoma polmonare non a piccole cellule è un setting complesso e clinicamente eterogeneo, dove comunque in passato solo il 15-25% dei pazienti sopravviveva a cinque anni dopo (chemio)radioterapia, con progressione locoregionale e comparsa di malattia metastatica come pattern di insuccesso terapeutico. I dati presentati ad ASCO confermano ulteriormente la possibilità di offrire ai pazienti in stadio localmente avanzato un trattamento (immunoterapia) in grado di aumentare le probabilità di cura e di ottimizzare l’efficacia della chemio-radioterapia, opportunità che non può però prescindere dal coinvolgimento di un adeguato team multidisciplinare, che comprenda oncologo, chirurgo e radioterapista per un adeguato inquadramento diagnostico-stadiativo e per una corretta selezione dei pazienti cui offrire la migliore opzione terapeutica.”
Durvalumab è approvato in Italia per il trattamento con intento curativo del carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) in stadio III non resecabile e ha ricevuto l’approvazione europea per il trattamento di prima linea del carcinoma polmonare a piccole cellule (SCLC). Dalla prima approvazione nel febbraio 2018, più di 80.000 pazienti in questo setting sono stati trattati con durvalumab in tutto il mondo.
Durvalumab
Durvalumab è un anticorpo monoclonale umano diretto contro il PD-L1, che blocca l’interazione di PD-L1 con PD-1 e CD80, contrastando i meccanismi di immuno-evasione messi in atto dal tumore e consentendo la riattivazione del sistema immunitario.
Durvalumab è approvato in Italia per il trattamento con intento curativo del carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) in stadio III non resecabile e ha ricevuto l’approvazione europea per il trattamento di prima linea dello SCLC.
Come parte di un ampio programma di sviluppo, durvalumab viene anche studiato come monoterapia e in combinazione con chemioterapia, radioterapia, piccole molecole e tremelimumab (un anticorpo monoclonale anti-CTLA4), come trattamento di prima o seconda linea per pazienti con NSCLC, SCLC, carcinoma uroteliale, carcinomi del distretto testa-collo, epatocarcinoma e altri tumori solidi.