La nuova classificazione italiana è nata dallo sforzo congiunto di anatomopatologi ed endocrinologi, con il contributo di chirurghi e medici nucleari, con l’obiettivo di calibrare al meglio l’approccio terapeutico, ricorrendo all’intervento chirurgico solo in caso di lesioni con forte probabilità di malignità e trattando con terapia farmacologia e follow-up le restanti lesioni che rappresentano la stragrande maggioranza dei noduli tiroidei (circa il 90%). Questo è uno dei principali elementi di differenza fra la classificazione italiana e le altre classificazioni nazionali dei noduli della tiroide.
“La classificazione delle lesioni tiroidee è uno strumento indispensabile per orientare la scelta tra un approccio terapeutico di tipo medico - cioè con terapia farmacologica e perciò non invasiva- oppure di tipo chirurgico con l’asportazione della lesione - spiega il coordinatore scientifico del corso Guido Fadda, Sono solo tre le comunità scientifiche al mondo – continua Fadda - che hanno compiuto questo sforzo: quella del Regno unito, l’Italia e gli Stati Uniti. Nel 2007 avevamo presentato la classificazione italiana SIAPEC-IAP, poi pubblicata nel 2008 e inclusa nelle Linee Guida Italiane per la Gestione delle Lesioni Nodulari Tiroidee. In quella classificazione si prevedevano 5 categorie diagnostiche, ognuna delle quali caratterizzata da una differente e appropriata terapia. Da allora – conclude Fadda - sulla base di un accurato monitoraggio delle esperienze degli altri paesi e della letteratura, un comitato ad hoc composto da 5 citopatologi della SIAPEC e da 5 endocrinologi, appartenenti alla Società Italiana di Endocrinologia e l’Associazione Medici Endocrinologi, ha curato l’aggiornamento della classificazione. Il lavoro è stato pubblicato nel Maggio 2014 sulla rivista internazionale Journal of Endocrinological Investigation (JEI). La multidisciplinarietà di questo sforzo, a garanzia del migliore approccio terapeutico, è l’elemento che distingue la classificazione italiana da quelle statunitense e britannica”.
Due gli importanti elementi di novità dell’aggiornamento della classificazione italiana:
- il primo è l’inserimento di un “rischio di malignità atteso” per ciascuna categoria diagnostica, in parziale analogia con la classificazione americana del 2008 denominata the Bethesda System (TBS) la quale, pur costruita su 6 classi di rischio di malignità invece che 5 come in quella italiana precedente, presenta molte analogie con quest’ultima per terminologia e suggerimenti operativi;
- il secondo, che rende la classificazione italiana assimilabile sia a quella americana che a quella britannica (aggiornata nel 2010 dal Royal College of Pathologists) è la suddivisione della categoria TIR 3 (indeterminato) in due sottocategorie (TIR 3A e TIR 3B) che presentano un rischio di malignità diverso e progressivo e che richiedono un trattamento diverso, clinico o chirurgico, per ciascuna di esse.
Fonte: Ufficio Stampa Policlinico Agostino Gemelli, Roma