
I risultati
I ricercatori hanno studiato l’evoluzione delle cellule staminali del sangue a seguito del loro
trapianto dopo la correzione genetica. I ricercatori hanno individuato come e in quali tempi le
staminali ematopoietiche re-infuse si differenziano in cellule mature e ricostituiscono
le cellule necessarie per la vita del paziente, quali le cellule del sistema immunitario, i globuli
rossi e le piastrine. Lo studio ha anche mostrato che le cellule staminali corrette si sono
riprodotte e permangono nel tempo dopo il trattamento.
Lo studio
L’équipe SR-Tiget è riuscita a tracciare la storia delle cellule staminali ematopoietiche grazie a un vero e proprio ‘codice molecolare’ che rimane nelle cellule a seguito della modifica genetica.
“Quando le staminali del malato vengono corrette”, spiega Luca Biasco, primo autore e
coordinatore dello studio insieme al professor Alessandro Aiuti, “il gene terapeutico va a
integrarsi nel genoma in un punto diverso da cellula a cellula. Il sito di integrazione diventa quindi di per sé un segno distintivo, in gergo un 'codice a barre molecolare', che può essere
riconosciuto dopo che le staminali ematopoietiche corrette sono state rinfuse nel paziente anche a distanza di anni dal trapianto. Non solo, ma questo codice a barre viene ereditato dalle cellule figlie, generate cioè per differenziazione dalle cellule staminali che hanno attecchito nel paziente". Il primo passo è stato l’isolamento delle cellule staminali e delle altre cellule differenziate dal paziente e l’analisi molecolare del loro DNA, alla ricerca del codice che permettesse ai ricercatori di riconoscerle. Una volta ottenuta l’identità di migliaia di cellule staminali e il loro corredo genetico, i ricercatori hanno ricostruito la loro mappa genealogica con un metodo matematico comunemente usato in ecologia per seguire l’evoluzione delle specie animali nel proprio habitat naturale. Questo lavoro di ‘ecologia cellulare’ ha permesso di scoprire che le cellule staminali ricostituiscono le cellule del sangue in due ondate principali, una più precoce e a breve termine, un'altra più tardiva e stabile a diversi anni di distanza dal trapianto. Lo studio sembra anche suggerire che dei milioni di cellule staminali infuse nei pazienti, poche migliaia sono sufficienti a sostenere una produzione stabile e duratura di cellule del sangue nell’individuo trapiantato.
Mentre questo tipo di analisi era stato condotto finora solo su modelli animali, i ricercatori
dell’Istituto San Raffaele Telethon sono riusciti per la prima volta a tracciare il destino di
migliaia di cellule staminali direttamente nell’uomo, ricostruendo come e quanto una
staminale si è riprodotta, quali cellule del sangue ha generato e quanto può sopravvivere. Spiega il professor Aiuti, coordinatore area clinica SR-Tiget: “Questo studio dimostra ancora una volta il potenziale di un’efficace sinergia tra ricerca di base e attività clinica, consentendoci di comprendere a pieno le proprietà biologiche e le potenzialità terapeutiche delle cellule staminali ematopoietiche corrette geneticamente. I risultati confermano la validità della strategia utilizzata nel nostro Istituto per curare le malattie genetiche rare e hanno potenziali importanti ricadute anche nel campo dei trapianti di midollo osseo e della cura dei tumori”.
Fonte: Ufficio Stampa Fondazione Telethon