In occasione della Giornata Mondiale della Biodiversità importante tutelare e preservare con cura la diversità del nostro microbiota intestinale, un microcosmo di virus, batteri, funghi da proteggere.
Oggigiorno, infatti, siamo sempre più esposti al rischio di depauperamento della ricchezza naturale della nostra microflora intestinale, e questo è un rischio per noi e per il nostro benessere quotidiano.
Le cause sono molteplici, prime fra tutte le cattive abitudini alimentari, alcol, mancanza di sonno, eccessivo stress, assunzione di antibiotici.
Che caratteristiche ha un microbiota sano?
La Professoressa Patrizia Brigidi, Docente di Biotecnologia delle Fermentazioni presso il Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche di Bologna, spiega: “Un microbiota in salute è caratterizzato da un’alta diversità, da una grande ricchezza di specie microbiche presenti, e da corrette abbondanze relative delle diverse specie per garantire il giusto rapporto tra le specie benefiche e quelle potenzialmente dannose.”
In altri termini è più sano un microbiota costituito da specie diverse, ciascuna rappresentata da un buon numero di unità, con prevalenza di quelle benefiche per l'uomo e in equilibrio tra loro e con l'intestino che li ospita.
Questo perché un microbiota intestinale ricco è più stabile e resiliente e funziona meglio di uno con meno varietà di ospiti.
Gli scienziati si riferiscono al microbioma come al nostro "secondo genoma" perché i batteri nell’intestino condividono con il nostro organismo migliaia di geni per la produzione di metaboliti ed enzimi che noi non siamo in grado di produrre.
L'essere umano e i microrganismi che popolano il suo intestino, infatti, convivono stabilendo una relazione simbiotica basata sullo scambio di vantaggi reciproci. Il primo fornisce le sostanze nutritive, mentre i secondi svolgono funzioni fisiologiche, metaboliche e immunologiche indispensabili per mantenere uno stato di benessere fisico e mentale.
Perché varietà vuol dire ricchezza?
La varietà del microbiota intestinale permette inoltre che diversi ceppi e specie si organizzino fra loro, favorendo la colonizzazione di consorzi microbici (co-occurrence networks), in cui i diversi partner batterici coinvolti si sostengono a vicenda, a beneficio dell’ospite umano.
“In questi network” - precisa la Professoressa Brigidi - “si evidenziano delle specie dominanti che servono da «chiave di volta » per rafforzare sia le relazioni fra i membri dello stesso consorzio che con altri consorzi microbici intestinali, cooperando così per il benessere dell’ospite”.
Quando viene meno la biodiversità cosa succede?
Tutelare il microbiota vuol dire mantenerlo in equilibrio: dieta scorretta, stress, antibiotici,
patologie varie sono perturbazioni ricorrenti che portano a una diminuzione della capacità
di resilienza del microbiota e quindi a una disbiosi.
“Le principali conseguenze della disbiosi” - continua la Professoressa - “sono il calo della diversità del microbiota, l’aumento della abbondanza di patobionti e una riduzione della stabilità dell’ecosistema intestinale, fattori che portano ad un aumento dell’infiammazione e
del rischio di infezioni di patogeni. In caso di disbiosi, inoltre, si hanno cambiamenti profondi
anche nei co-occurrence networks, con una ridotta produzione di metaboliti microbici positivi
per l’ospite.”
Con un probiotico multiceppo e multigenere si riescono a reintegrare i microorganismi perduti con la disbiosi e a contrastare la crescita dei patobionti.
Quando, invece, viene a mancare l’equilibrio del microbiota, quindi, l’organismo subisce un impoverimento di biodiversità batterica intestinale che occorre ristabilire attraverso l’assunzione di integratori alimentari contenenti batteri vivi, in diverse specie e ceppi che possono sinergizzare e favorire la giusta colonizzazione intestinale.