Il 29 ottobre si celebra in tutto il mondo la giornata mondiale dell’ictus e anche quest’anno la campagna ‘Minutes can Save Lives’ si focalizzerà sull’importanza di riconoscere tempestivamente i sintomi e di risparmiare tempo prezioso (#PreciuosTime). Ma negli ultimi 5 anni il campo delle malattie cerebro-vascolari è stato attraversato da grandi novità.
Per quanto riguarda l’ictus, come ricordato anche dal tema della Giornata Mondiale 2022, mantiene tutta la sua validità l’aforisma time is brain. “Questo – spiega il professor Calabresi – si riferisce al fatto che la finestra ottimale per il trattamento con trombolisi in caso di ictus ischemico è di 4,5 ore, superate le quali il paziente non viene più trombolisato”. Ma forse è più corretto parlare al passato, perché oggi invece lo scenario è cambiato. “Oggi la finestra ottimale per il trattamento – spiega il professor Calabresi – più che il tempo, la definisce l’imaging. Attraverso le tecniche di neuroradiologia (TAC di perfusione e RMN) possiamo infatti vedere se è presente la cosiddetta ‘penombra ischemica’, cioè un’area cerebrale dove l’ictus non ha ancora prodotto un danno irreversibile e sulla quale è possibile intervenire attraverso la trombectomia, una procedura che consente di ‘catturare’ il trombo con una tecnica endovascolare. E in presenza di ‘penombra ischemica’ è possibile intervenire anche oltre le 4,5 ore e, in qualche caso, fino alle 24 ore dopo l’insorgenza di ictus. È un trattamento che il neurologo fa insieme al neuroradiologo interventista. I device per la trombectomia sono in continua evoluzione; sono una specie di gabbiette che catturano il trombo e lo portano via dalle arterie principali”.
Il neuroimaging consente insomma di fare una medicina di precisione, individuando quei soggetti che, pur arrivando all’osservazione dello specialista dopo le 4,5 ore, possono ancora essere trattati con la trombectomia perché c’è ancora una quota di tessuto salvabile. “Si tratta di un approccio avanzato nella terapia acuta dell’ictus – commenta il professor Calabresi - e nell’IVN noi abbiamo messo in rete tutti gli IRCCS che si occupano di questo aspetto, come anche quelli che si occupano di recupero dopo l’acuzie”. Questo approccio ha consentito anche di ampliare la platea dei pazienti trattabili. “Fino a qualche tempo fa ad esempio – spiega il professor Calabresi – non eravamo in grado di trattare i pazienti con il cosiddetto ‘ictus al risveglio’, cioè quelli interessati dallo stroke durante il sonno notturno, perché non era possibile definire con precisione il momento dell’insorgenza dell’evento acuto e sapere dunque se rientravano nella magica finestra temporale delle 4,5 ore. Oggi questo criterio è stato in parte superato dalla finestra di imaging neuroradiologico”.
La trombolisi è un trattamento ancora molto diffuso, che non ha perso importanza, ma ha un limite temporale. Dopo le 4,5 ore dall’insorgenza non è più efficace e può dare effetti indesiderati. Sul versante farmacologico sono allo studio trombolitici nuovi (il Tenecteplase ad esempio utilizzato in cardiologia è adesso allo studio anche per la neurologia).
Sono inoltre in corso interessanti studi sperimentali su come trattare il paziente dopo la fase acuta. “Dopo la trombolisi o la trombectomia – rivela il professor Calabresi - potrebbe esserci una futura opportunità terapeutica con farmaci antinfiammatori, molto importanti nella seconda fase della morte cellulare indotta da ictus, per evitare che il danno si estenda oltre alla parte colpita della necrosi, per andare a interessare anche le aree limitrofe con meccanismi di danno diversi, di morte ‘ritardata’. Gli antinfiammatori sono un possibile target terapeutico futuro. Più lontana è invece la prospettiva delle cellule staminali.
Per quanto riguarda gli outcome del trattamento – prosegue il professor Calabresi - al Gemelli insieme al Gruppo Intelligenza Artificiale (IA) stiamo costruendo un avatar che, sulla base di dati clinici e di monitoraggio ematologico e radiologico, ci consentirà di predire la prognosi di un paziente con ictus. L’IA darà un importante contributo alla stratificazione della prognosi precoce dell’ictus e del rischio di gravità dell’accumulo di disabilità in un determinato paziente, che consentirà anche di orientare il percorso terapeutico”.
La Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS è ai primi posti in Italia per numero di trombectomie e trombolisi e secondo la classifica della rivista internazionale Newsweek inoltre è al secondo posto in Italia tra gli ospedali specializzati in neurologia, subito dopo l’Istituto ‘Carlo Besta’ di Milano, che però non avendo dipartimento d’emergenza, non si occupa di trattamento acuto dell’ictus.