I risultati sono stati presentati al Congresso 2022 della European Society of Cardiology (ESC) e pubblicati sul New England Journal of Medicine
I dati estendono i benefici clinicamente significativi di dapagliflozin nei pazienti con insufficienza cardiaca, indipendentemente dalla frazione di eiezione
L’insufficienza cardiaca è una malattia cronica e progressiva che colpisce circa 64 milioni di persone nel mondo
I risultati dello studio di Fase III DELIVER hanno mostrato come dapagliflozin abbia ridotto significativamente il composito di morte cardiovascolare (CV) o peggioramento dell’insufficienza cardiaca nei pazienti con insufficienza cardiaca con frazione di eiezione (EF) lievemente ridotta o preservata, rispetto a placebo. I risultati sono stati presentati al Congresso 2022 della European Society of Cardiology (ESC) a Barcellona, Spagna, e pubblicati contestualmente sul The New England Journal of Medicine1.
Dapagliflozin ha ridotto l’outcome composito di morte cardiovascolare o peggioramento dell’insufficienza cardiaca del 18%. Tutte le singole componenti hanno contribuito alla superiorità dell’endpoint primario. I risultati sono stati coerenti nei principali sottogruppi esaminati ed estendono i benefici di dapagliflozin all’intero spettro di pazienti con insufficienza cardiaca indipendentemente dal valore della frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF). I risultati dello studio hanno inoltre mostrato un beneficio sui sintomi riportati dai pazienti, misurati attraverso il punteggio della sintomatologia del Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire (KCCQ). Inoltre è stata confermata la sicurezza dell’utilizzo di dapagliflozin anche in questa popolazione di pazienti non essendoci state differenze tra dapagliflozin e placebo per quanto riguarda gli eventi avversi.
Il Prof. Michele Senni, Direttore della Cardiologia 1 e del Dipartimento Cardiovascolare dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e Professore di Cardiologia presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca, ha commentato: “I risultati dello studio DELIVER rappresentano un importante passo avanti nel trattamento dei pazienti affetti da insufficienza cardiaca a frazione di eiezione lievemente ridotta o preservata. Tali condizioni, presenti in oltre la metà dei pazienti con insufficienza cardiaca, sono attualmente caratterizzate da un importante bisogno clinico insoddisfatto, principalmente legato alla scarsità di trattamenti farmacologici ad oggi disponibili. In tale ottica, i risultati così consistenti dello studio DELIVER sono importanti sia perché dimostrano con chiarezza l’efficacia di dapagliflozin, sia perché rafforzano le più recenti linee guida internazionali, che supportano un più ampio utilizzo degli inibitori di SGLT2 nella pratica clinica.”
“Non bisogna infatti dimenticare – continua il Professor Senni – che, oltre ai benefici per il trattamento dell’insufficienza cardiaca, la classe degli SGLT2i ha già mostrato evidenti effetti protettivi per ciò che concerne due patologie croniche spesso ad essa correlate, quali la malattia renale e il diabete mellito di tipo 2. Tali multipli benefici, alla luce della visione omnicomprensiva e olistica fortemente auspicata dalla Comunità Scientifica, ne raccomandano sicuramente l’impiego in un’ampia fascia dei nostri pazienti”.
Le più recenti linee guida sull’insufficienza cardiaca raccomandano attualmente gli inibitori del co-trasportatore di sodio-glucosio tipo 2 (SGLT2) come dapagliflozin per il trattamento dell’insufficienza cardiaca con frazione di eiezione lievemente ridotta (HFmrEF) e con frazione di eiezione preservata (HFpEF).
Lo studio DELIVER è stato disegnato con criteri di inclusione più ampi rispetto agli studi precedenti in questa popolazione di pazienti, arruolando anche pazienti ricoverati in ospedale o recentemente dimessi, oppure quelli con insufficienza cardiaca con frazione di eiezione ventricolare sinistra migliorata, per i quali la terapia basata sulle evidenze è limitata. Questi risultati si aggiungono a quelli riportati precedentemente nello studio DAPA-HF, il primo studio con un inibitore degli SGLT2 sugli outcome dell’insufficienza cardiaca che ha dimostrato una significativa riduzione della mortalità, fornendo ulteriori evidenze a favore dell’utilizzo di dapagliflozin come terapia di base per i pazienti con insufficienza cardiaca, indipendentemente dalla frazione di eiezione.
Lo studio di Fase III DELIVER ha confermato il già noto profilo di sicurezza e tollerabilità di dapagliflozin.
Informazioni sull’insufficienza cardiaca
L’insufficienza cardiaca è una malattia cronica che peggiora nel tempo3. Colpisce circa 64 milioni di persone in tutto il mondo ed è associata a gravosi effetti in termini di morbilità e mortalità. L’insufficienza cardiaca cronica è la causa principale di ospedalizzazione nelle persone con età superiore ai 65 anni e costituisce un significativo onere clinico ed economico. Ci sono diverse categorie di insufficienza cardiaca classificate in base alla frazione di eiezione del ventricolo sinistro (LVEF), ossia la misurazione della percentuale di sangue che fuoriesce dal cuore ogni volta che esso si contrae. Tra queste ritroviamo: HFrEF (LVEF minore o uguale al 40%), HFmrEF (LVEF 41-49%) e HFpEF (LVEF maggiore o uguale al 50%). Circa la metà dei pazienti con scompenso cardiaco presenta HFmrEF o HFpEF, condizioni cliniche con opzioni terapeutiche limitate.
Informazioni su dapagliflozin
Dapagliflozin è un farmaco appartenente alla classe degli inibitori selettivi del co-trasportatore renale di sodio e glucosio (SGLT2) e richiede una mono somministrazione giornaliera orale. Studi clinici hanno dimostrato l’efficacia di dapagliflozin nel prevenire e ritardare la malattia cardiorenale, proteggendo allo stesso tempo questi stessi organi – un risultato importante date le interconnessioni esistenti tra cuore, reni e pancreas10-12. Una patologia a carico di uno di questi organi può causare un danno per gli altri apparati, contribuendo allo sviluppo di alcune tra le principali cause di morte a livello globale, come ad esempio il diabete mellito di tipo 2 (T2D), l’insufficienza cardiaca (HF) e la malattia renale cronica (CKD)