Si tratta del primo e unico regime immunoterapico approvato in Europa per il trattamento del carcinoma epatocellulare non resecabile (HCC), la forma più comune di cancro al fegato.
La combinazione di atezolizumab ha dimostrato di migliorare la sopravvivenza globale, e la progression free survival confrontato con il precedente standard di cura.

“Secondo il rapporto AIOM-AIRTUM 2020 (Associazione Italiana di Oncologia Medica-Associazione Italiana Registri Tumori), presentato pochi giorni fa, nel 2020 sono attesi 13.000 nuovi tumori al fegato di cui il 75-85% epatocarcinomi1. Da questa neoplasia sono affetti prevalentemente gli uomini (rapporto uomini-donne 2:1) e si stima che in Italia vivano attualmente circa 34.000 persone che hanno ricevuto una diagnosi di tumore al fegato. Si tratta di un tumore ad elevata mortalità: solo il 20% dei pazienti sopravvive a 5 anni dalla diagnosi. Alla luce di questo scenario, la novità dell’approvazione di atezolizumab in associazione a bevacizumab rappresenta una svolta importante – spiega il Dott. Bruno Daniele, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oncologia dell'Ospedale del Mare di Napoli –. Come confermano i risultati dello studio IMbrave150, abbiamo per la prima volta un’alternativa terapeutica che si dimostra superiore al sorafenib da quando, nel 2008, questo farmaco è stato reso disponibile per la cura dell’epatocarcinoma. È, inoltre, la prima volta che l’associazione di un immunoterapico e di un antiangiogenico dimostra la sua efficacia nell’epatocarcinoma, aprendo la strada ad interessanti sviluppi futuri per il trattamento di questa neoplasia. I risultati sono associati a una qualità di vita migliore di quella dei pazienti che assumevano sorafenib. In altri termini, l’associazione di atezolizumab e bevacizumab è più efficace e meglio tollerata della terapia standard.”
“L’arrivo di atezolizumab è un salto in avanti molto importante in termini di opzioni terapeutiche per il carcinoma epatocellulare avanzato o non resecabile. Con atezolizumab in combinazione con bevacizumab disponiamo oggi di una terapia più efficace rispetto alle precedenti, che agisce con un meccanismo d’azione completamente diverso – commenta il Prof. Fabio Piscaglia, epatologo, Direttore del Reparto di Medicina Interna del Policlinico S.Orsola di Bologna e Professore del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche presso l’Università di Bologna –. I benefici per i pazienti sono significativi: atezolizumab, come avviene tipicamente per i trattamenti oncologici immunoterapici, genera una risposta in una buona quota di pazienti ed in coloro che rispondono tende a mantenere più a lungo questo risultato nel tempo, rispetto alle alternative terapeutiche disponibili. Questa approvazione ci ricorda però che l’immunoterapia ha bisogno di lavorare in forma combinata. In attesa che il farmaco sia disponibile anche in Italia per l’epatocarcinoma, si stima nel 2021, possiamo segnalare che è già attivo uno studio italiano di fase III B, cioè senza randomizzazione, volto a confermare i dati di sicurezza, già molto buoni, ottenuti su una popolazione internazionale. Questa sperimentazione dà l’opportunità a un certo numero di pazienti, che rispettino i criteri di inclusione ed esclusione, di iniziare già ora quella che è considerata la miglior terapia al momento disponibile per l’epatocarcinoma. Nel nostro Centro alcuni pazienti sono già in trattamento.”
“Va ricordato che per questo tipo di pazienti, anche a seguito di questa nuova opzione terapeutica disponibile, è oggi ancora più importante la presa in carico a livello multidisciplinare. Dall’oncologo all’epatologo, dal chirurgo al radiologo interventista, sono tutte figure che è bene che siano coinvolte nella presa in carico e nelle decisioni di strategia terapeutica durante tutta la storia naturale della neoplasia, per valutare la terapia adatta ad ogni determinata fase della malattia.” – aggiunge il Dott. Daniele.
Carcinoma epatocellulare (HCC)
L’HCC (Hepatocellular carcinoma – carcinoma epatocellulare) è un cancro aggressivo con limitate opzioni di trattamento, ed è una delle principali cause di morti oncologiche in tutto il mondo.2 Ogni anno, più di 750.000 persone in tutto il mondo ricevono una diagnosi di carcinoma epatocellulare,2,3 con la maggior parte dei casi in Asia, e quasi la metà dei casi in Cina.3,4 Negli Stati Uniti il numero di casi dal 1980 ad oggi è più che triplicato, e rappresenta la causa di morte per malattia oncologica in più rapida crescita, mentre in Europa il cancro al fegato sta comunque aumentando, con circa 80.000 nuove diagnosi e 77.000 morti ogni anno.5-8 L’HCC si sviluppa prevalentemente in persone che soffrono di cirrosi a causa di epatite cronica (B o C) o di abuso di alcool e tipicamente si manifesta in stadi ormai avanzati.2 La prognosi per le forme non resecabili di HCC è infausta, con poche opzioni di trattamento sistemico e il tasso di sopravvivenza ad un anno minore del 50% dal momento della diagnosi della forma avanzata.9
La combinazione di atezolizumab e bevacizumab
Esiste un forte razionale scientifico a sostegno dell'uso combinato di atezolizumab e bevacizumab. Il regime basato su atezolizumab e bevacizumab può aumentare il potenziale del sistema immunitario atto a combattere il tumore. Bevacizumab, oltre ai suoi noti effetti antiangiogenici, può migliorare ulteriormente la capacità di atezolizumab di ripristinare l'immunità anti-cancro, inibendo l'immunosoppressione legata al fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF), promuovendo l'infiltrazione delle cellule T nel tumore e consentendo il priming e l'attivazione delle risposte delle cellule T contro gli antigeni tumorali.