
Secondo lo psichiatra Vittorino Andreoli il tema della rabbia sta prendendo sempre più dimensione nelle attività mediche in generale. Viviamo nell’età della rabbia, in una società difficile che genera stimoli continui e frustrazioni, dove i criteri sono quelli del successo, del benessere, dell’essere in forma.
In questo quadro esistenziale si inserisce una diagnosi di neoplasia, che, per quanti termini scientifici si possano usare, è una diagnosi, che non solo spaventa, ma che porta di fronte alla percezione della morte. Non dobbiamo considerare la rabbia un sintomo negativo, bisogna fare in modo che la rabbia sia gestita in senso positivo. Come si reagisce di fronte alla rivelazione della malattia? In diversi modi, con la negazione della malattia, con la depressione intesa come ritiro dall’esistenza, di rinuncia, in un momento in cui è fondamentale invece lottare, con l’angoscia e poi c’è la rabbia: una reazione vitale, una rivolta, si vuole combattere il nemico. La comunicazione è l’elemento cardine e fondamentale, non solo nei rapporti umani, ma soprattutto nei momenti critici tra professionisti e pazienti. Per Alberto Castelvecchi, esperto in comunicazione e docente alla Luiss, è molto importante l’empatia tra medico e paziente, in modo da trasformare la rabbia, in volontà di combattere, il medico come alleato. Bisogna quindi formare i medici lavorando sulla gestione dell’aggressività. Il prof Paolo Marchetti insieme a Claudia Sebastiani di Fmp e alla dott.ssa Eva Mazzotti, hanno curato il progetto di ricerca sulla rabbia, con l’obiettivo, in sintesi, di studiare in maniera sistematica il fenomeno della rabbia nel suo complesso. Lo studio ha interessato circa 300 pazienti che accedono al Day – Hospital (DH) Oncologico – Istituto Dermopatico dell’IDI - equamente divisi tra uomini e donne, la cui età media è di 64 anni. Sono stati utilizzati 3 questionari, al fine di misurare la rabbia, l’ansia e la depressione, la qualità di vita e la percezione che il paziente ha della gravità e della curabilità della sua malattia oncologica. In sintesi, dai dati emersi dalla ricerca, possiamo dire che i nostri pazienti provano tanta rabbia, la controllano molto e la esternano poco. C’è una forte prevalenza di sofferenza psicologica nel paziente oncologico e c’è ancora poca attenzione nel rilevarla.
Fonte: Ufficio Stampa FMP