I pazienti randomizzati nel braccio EPd hanno mostrato una riduzione del 46% del rischio di progressione della malattia (HR 0,54, IC 95%: da 0,34 a 0,86, p = 0,0078) rispetto ai pazienti nel braccio Pd da soli, con una PFS mediana - endpoint primario dello studio - di 10,3 mesi (IC 95%: da 5,6 a non stimabile) rispetto a 4,7 mesi (IC 95%: 2,8 a 7,2) nei pazienti con Pd. Il beneficio in termini di PFS nei pazienti trattati con EPd è stato consistente tra quelli che avevano ricevuto da due a tre linee precedenti di terapia (HR 0,55, IC 95%: da 0,31 a 0,98) e da quattro o più linee precedenti di terapia (HR 0,51; IC 95%: da 0,24 a 1,08). Il profilo di sicurezza per EPd è risultato in linea con quanto riscontrato in precedenza per elotuzumab e pomalidomide. I risultati completi dello studio sono stati presentati nell'ultima sessione orale di domenica 17 giugno durante il 23° Congresso dell'Associazione Europea di Ematologia a Stoccolma (Svezia).
"Lo studio ELOQUENT-3 è il primo trial randomizzato che confronta lo standard di cura, pomalidomide e basse dosi di desametasone, con e senza l'aggiunta di un anticorpo monoclonale. Questi dati supportano l'ipotesi che l'aggiunta di elotuzumab a pomalidomide e desametasone fornisca un effetto sinergico e prolunghi significativamente la sopravvivenza libera da progressione nei pazienti con mieloma intensamente pretrattati, indipendentemente dal numero di terapie precedenti", ha commentato Meletios A. Dimopoulos, MD, professore e presidente del Dipartimento di Terapia Clinica presso la Scuola di Medicina della Kapodistrian University di Atene. "Riteniamo che Epd, se approvato dalle Autorità Regolatorie, abbia le potenzialità per diventare un'importante opzione terapeutica per i pazienti con mieloma multiplo recidivato/refrattario la cui malattia è progredita dopo il trattamento con lenalidomide e un inibitore del proteasoma".
Il doppio dei pazienti randomizzati alla terapia con EPd ha risposto al trattamento rispetto a quelli randomizzati al solo Pd. I pazienti randomizzati a EPd hanno dimostrato un tasso di risposta globale (ORR) del 53% (IC 95%: da 40 a 66), rispetto al 26% (IC 95%: da 16 a 40) dei pazienti randomizzati a Pd. Il tempo necessario a raggiungere la prima risposta è stato paragonabile per i pazienti che ricevevano EPd e Pd, rispettivamente a 1,95 e 1,91 mesi. Al momento dell'analisi non è stata raggiunta la durata mediana della risposta tra i pazienti randomizzati in EPd. La sopravvivenza globale, un endpoint secondario, sebbene non maturo in questo momento, ha mostrato un andamento favorevole per EPd rispetto a Pd (HR 0,62, IC 95%: da 0,30 a 1,28).
"Basandosi su dati di sopravvivenza osservati ad oggi nel mieloma multiplo recidivato o refrattario, elotuzumab in combinazione con lenalidomide e desametasone rappresenta un'opzione terapeutica importante per i pazienti", ha dichiarato Jeffrey Jackson, hematology development lead, Bristol-Myers Squibb. "Questi nuovi dati che valutano la combinazione di EPd si basano sul nostro impegno a comprendere il pieno potenziale di elotuzumab in diverse combinazioni".
Gli eventi avversi (AEs) di grado 3-4 correlati al trattamento sono stati comparabili tra i gruppi EPd e Pd. Infezioni di qualsiasi grado si sono verificate nel 65% dei pazienti in entrambi i bracci. I tassi degli AEs ematologici più comuni di grado 3-4, neutropenia e anemia, sono stati più bassi tra i pazienti che ricevevano EPd (13% e 10% rispettivamente) rispetto ai pazienti trattati con Pd (27% e 20%), nonostante una maggiore esposizione nel gruppo trattato con EPd e una simile intensità di dose di pomalidomide tra i bracci. Gli eventi avversi hanno portato all'interruzione nel 18% dei pazienti nel braccio EPd, rispetto al 24% dei pazienti nel braccio Pd.
Lo studio ELOQUENT-3
Nello studio di Fase 2 ELOQUENT-3 sono stati randomizzati 117 pazienti con RRMM che avevano ricevuto due o più trattamenti precedenti ed erano o refrattari o recidivi e refrattari a lenalidomide e a un PI. I pazienti sono stati randomizzati con rapporto 1: 1 a ricevere EPd (n = 60) o Pd (n = 57) in cicli di 28 giorni fino a progressione della malattia o tossicità inaccettabile. I pazienti in entrambi i bracci EPd e Pd hanno ricevuto 4 mg di pomalidomide dai giorni 1 a 21 di ciascun ciclo e l'equivalente settimanale di 40 mg o 20 mg di desametasone rispettivamente per i pazienti fino a 75 anni o di età superiore a 75 anni. Nel braccio EPd, elotuzumab è stato somministrato settimanalmente alla dose di 10 mg/kg EV per i primi 2 cicli e di 20 mg/kg ogni mese a partire dal terzo ciclo.
Elotuzumab
Elotuzumab è un anticorpo immuno-stimolante che ha come bersaglio specifico SLAMF7 (Signaling Lymphocyte Activation Molecule Family member 7), una glicoproteina di superficie espressa nelle cellule del mieloma, indipendentemente dalle anomalie citogenetiche. SLAMF7 è anche espressa sulle cellule Natural Killer (NK), sulle plasmacellule, e a livelli più bassi su un gruppo specifico di cellule immunitarie differenziate appartenenti alla linea ematopoietica.
Elotuzumab agisce attraverso un duplice meccanismo d'azione: attiva direttamente il sistema immunitario con le cellule NK attraverso la via SLAMF7 e, legandosi a SLAMF7 sulle cellule di mieloma, rende sensibili queste cellule maligne al riconoscimento e alla distruzione cellulo-mediata da parte delle cellule NK, attraverso la citotossicità anticorpo-dipendente.
Bristol-Myers Squibb e AbbVie hanno sviluppato insieme elotuzumab, ma solo Bristol-Myers Squibb è responsabile della commercializzazione del farmaco.
Fonte: Ufficio Stampa Intermedia