I dati aggiornati presentati al Congresso ESMO hanno mostrato un beneficio clinicamente significativo maggiore ad un follow-up esteso per la combinazione con durvalumab rispetto allo standard di cura con la sola chemioterapia
I risultati dell’analisi esplorativa dello studio di Fase III HIMALAYA presentati all’ESMO confermano inoltre il beneficio di tremelimumab in aggiunta a durvalumab nel tumore del fegato non resecabile, indipendentemente dall’eziologia

I risultati aggiornati dello studio di Fase III TOPAZ-1, il primo studio di Fase III che evidenzia un miglioramento della sopravvivenza globale con una combinazione immunoterapica nel carcinoma avanzato delle vie biliari, mostrano che durvalumab di AstraZeneca, in combinazione con la chemioterapia standard di cura, presenta un beneficio clinicamente significativo e duraturo di sopravvivenza globale (OS) nel trattamento dei pazienti con tumore delle vie biliari (BTC) avanzato.
I dati aggiornati di durvalumab in combinazione a chemioterapia (gemcitabina più cisplatino) hanno mostrato una maggiore efficacia clinica al follow-up esteso di 6,5 mesi, mostrando una riduzione del 24% del rischio di morte rispetto alla sola chemioterapia. La sopravvivenza globale mediana aggiornata era di 12,9 mesi rispetto a 11,3 con la sola chemioterapia. Si stima che il numero di pazienti vivi a due anni sia più che raddoppiato rispetto alla sola chemioterapia I risultati sono stati osservati in tutti i sottogruppi predefiniti, indipendentemente dalla sede del tumore e dall’espressione di PD-L1. Inoltre, il beneficio di sopravvivenza globale è stato osservato sia nei pazienti con malattia stabile che nei pazienti in cui il tumore si è ridotto o è scomparso (responders).
Il profilo di sicurezza di durvalumab più chemioterapia ha continuato ad essere ben tollerato, senza nuovi segnali di sicurezza osservati al follow-up esteso.
“Il tumore delle vie biliari è una patologia in costante crescita, ogni anno in Italia si registrano circa 5400 nuovi casi – afferma Lorenzo Antonuzzo, Professore Associato di Oncologia Medica all’Università di Firenze e Direttore SODc Oncologia Clinica AOU Careggi, Firenze -. Non esistono test di screening o esami diagnostici in grado di identificare questa neoplasia in fase iniziale, quando è ancora possibile la rimozione chirurgica. La malattia è spesso caratterizzata da sintomi generici (ad esempio dolore addominale, perdita di peso, nausea, malessere), che possono essere facilmente sottovalutati o confusi con quelli di altre patologie. Per questo il 70% dei pazienti presenta alla diagnosi una malattia già in fase avanzata, con poche possibilità di trattamento. Da qui la forte necessità clinica di nuove terapie”. “E’ entusiasmante osservare il miglioramento della sopravvivenza globale ottenuto grazie alla combinazione di durvalumab più chemioterapia rispetto allo standard di cura dei pazienti con tumore delle vie biliari avanzato, al follow-up mediano di quasi due anni – spiega il prof. Antonuzzo -. Con progressi terapeutici limitati negli ultimi dieci anni, questi pazienti per molto tempo hanno affrontato una prognosi infausta. Per la prima volta, una combinazione a base di immunoterapia ha mostrato la capacità di modificare il trattamento di questa malattia e dovrebbe diventare il nuovo standard di cura.”
Susan Galbraith, Executive Vice President, Oncology R&D, AstraZeneca, dichiara: “Questi dati a lungo termine sostengono il beneficio in termini di incremento di sopravvivenza e il profilo di sicurezza ben tollerato di durvalumab in aggiunta alla chemioterapia standard, nei pazienti con tumore delle vie biliari avanzato. Con questi risultati, i dati dell’analisi esploratoria dello studio HIMALAYA e la recente approvazione da parte di FDA sulla base dello studio TOPAZ-1, portiamo avanti il nostro impegno con l’obiettivo di prolungare la sopravvivenza dei pazienti con tumori gastrointestinali, che hanno forte necessità di nuove opzioni terapeutiche.”
Il tumore delle vie biliari
Il tumore delle vie biliari (BTC) è un gruppo di tumori gastrointestinali (GI) raro e aggressivo che si forma nelle cellule delle vie biliari (colangiocarcinoma), cistifellea o ampolla di Vater (la sede in cui i dotti biliare e pancreatico si collegano all’intestino tenue). Circa 50.000 pazienti negli Stati Uniti, Europa e Giappone e quasi 210.000 in tutto il mondo ricevono una diagnosi di BTC ogni anno. Questi pazienti hanno una prognosi sfavorevole, con una percentuale del 5-15% di sopravvivenza a cinque anni.
Il colangiocarcinoma è più comune in Cina e in Tailandia ed è in aumento nei Paesi occidentali. Il tumore della cistifellea è più comune in alcune regioni del Sud America, India e Giappone.
Il BTC di stadio precoce che colpisce i dotti biliari e la cistifellea spesso si presenta senza sintomi evidenti, pertanto la maggior parte dei tumori BTC viene diagnosticata in fase avanzata, quando le opzioni terapeutiche sono limitate e la prognosi è sfavorevole.
Il tumore del fegato
Circa il 75% dei tumori primari del fegato risulta HCC.11 L’80-90% dei pazienti con HCC ha anche la cirrosi, che è causata principalmente da infezioni da virus dell’epatite B o C. Le malattie epatiche croniche sono associate a infiammazione che nel tempo può causare lo sviluppo di HCC.
Più della metà dei pazienti con HCC riceve una diagnosi di malattia in fase avanzata, spesso quando appaiono i primi sintomi. Esiste un bisogno critico insoddisfatto per i pazienti con HCC che hanno opzioni terapeutiche limitate. L’ambiente immunitario unico del tumore del fegato fornisce una chiara motivazione per studiare i farmaci che sfruttano il potere del sistema immunitario per il trattamento di HCC.