In sostanza, attraverso una serie di analisi genetiche sui topi, il gruppo di studio guidato dalla ricercatrice ha confermato che qualsiasi evento dannoso – un trauma, una lesione o anche l’infiammazione persistente dovuta a una patologia – lascia una sorta d’impronta indelebile sul DNA di queste cellule, presenti nel sistema nervoso e deputate a suscitare una risposta immunitaria. Quest’impronta è “indelebile” nel senso che persiste anche quando ne è cessata la causa – ossia il danno o l’infiammazione –: proprio ciò che avviene quando il dolore, cronicizzandosi, diventa indipendente dalla propria causa nocicettiva e diviene pertanto una malattia autonoma.
Gli studi della dottoressa Denk hanno inoltre chiarito che l’“impronta” che il dolore lascia sulle cellule immunitarie del sistema nervoso consiste in una vera e propria modificazione chimica, la quale tuttavia non altera i geni, ma soltanto la loro espressione: una descrizione, del più intimo meccanismo di cronicizzazione del dolore, del tutto coerente con il modello della plasticità del sistema nervoso, con il quale sino ad oggi è stato spiegato il processo di cronicizzazione.
Si tratta di scoperte che rappresentano un passo avanti importante verso una più compiuta comprensione del meccanismo di cronicizzazione del dolore, e quindi verso la concreta possibilità di intervenire su questo processo attraverso terapie sempre più mirate ed efficaci, in grado non solo di “mettere a tacere” la sofferenza inutile, ma di curarla in senso proprio, cioè di agire sulle sue cause.
“Nel 2014 – dichiara Thilo Stadler, General Manager South Europe and Nordics di Grünenthal – assegnammo l’EFIC-Grünenthal Grant alla dottoressa Denk proprio per i suoi studi che puntavano a svelare il meccanismo di cronicizzazione del dolore in base a una possibile relazione fra caratteristiche epigenetiche e persistenza della sofferenza inutile. Il premio, promosso sin dal 2004 dalla European Pain Federation Efic grazie al sostegno incondizionato di Grünenthal GmbH, ha l’obiettivo di aiutare i giovani ricercatori di tutta Europa a tradurre in reali progetti scientifici le proprie ipotesi sperimentali. Quindi oggi siamo orgogliosi di apprendere che anche il nostro piccolo contributo è servito ad alimentare un filone di ricerca così importante, che ha consentito davvero alla scienza di fare un salto in avanti verso la definitiva soluzione dell’enigma del dolore cronico”.
Fonte: Ufficio Stampa Value Relations