
Lo studio appena pubblicato ha dimostrato per la prima volta che le cellule staminali presenti all’interno delle suture patologiche dei pazienti producono livelli anomali del gene BBS9 che si accumula all’interno delle cellule senza riuscire a svolgere le sue funzioni fisiologiche – spiega la dottoressa Wanda Lattanzi. Tale anomalia invece non è presente nelle suture non colpite dalla malformazione, all’interno del cranio degli stessi pazienti. Come risultato di questa alterazione genetica, le cellule staminali all’interno delle suture colpite si trasformano in cellule che formano osso (“osteoblasti”), le suture pertanto perdono la loro elasticità, andando incontro a una rapida ossificazione che ne determina la saldatura precoce”.
Grazie alla collaborazione con il professor Alessandro Arcovito (Istituto di Biochimica e Biochimica Clinica dell’Università Cattolica) e con il dottor Stefano Della Longa (Università dell’Aquila), è stato inoltre possibile identificare specificamente una variante tronca della proteina, prodotta a partire dal gene BBS9, la cui struttura non le consente di legare correttamente le altre proteine all’interno della cellula, causando l’ossificazione incontrollata.
“I risultati ottenuti da questo studio consentiranno di sviluppare test diagnostici più specifici per le forme di craniosinostosi da cause ignote”, prosegue Lattanzi. “Inoltre, la scoperta del ruolo chiave della proteina BBS9, suggerisce il suo utilizzo come bersaglio molecolare, per lo sviluppo di nano-biotecnologie innovative che ne riducano i livelli anomali all’interno delle cellule staminali delle suture”. Questo consentirebbe di sviluppare approcci terapeutici minimamente invasivi e personalizzati per la cura delle craniosinostosi, riducendo i rischi del trattamento chirurgico.
Fonte: Ufficio Stampa Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli, Roma