I dati presentati su carfilzomib sono basati su analisi di sottogruppi degli studi di Fase III ASPIRE e ENDEAVOR, per valutare l'utilizzo di regimi a base di carfilzomib su pazienti difficili da trattare, inclusi i pazienti over-70, e sui pazienti con profilo citogenetico ad alto rischio.
Lo studio ENDEAVOR, appena pubblicato su The Lancet Oncology, è un trial registrativo testa a testa di Fase III che ha messo a confronto Kyprolis® (carfilzomib) in associazione a desametasone a basso dosaggio con Velcade® (bortezomib) e desametasone a basso dosaggio in pazienti con mieloma multiplo recidivato. I dati hanno mostrato che i pazienti trattati con carfilzomib e desametasone hanno raggiunto una sopravvivenza libera da progressione (PFS) di 18.7 mesi rispetto ai 9.4 mesi di quelli riceventi bortezomib e desametasone (HR=0.53; 95% CI: 0.44,0.65 p< 0.0001), l’attuale standard di terapia per questo tipo di tumore.
Tali risultati dimostrano che i pazienti con mieloma multiplo recidivato trattati con carfilzomib hanno vissuto il doppio del tempo senza peggioramento della malattia rispetto a quelli trattati con bortezomib con minori effetti collaterali, in particolare l’endpoint secondario ha dimostrato una riduzione clinicamente e statisticamente significativa degli eventi neuropatici (rispettivamente 32% vs 6%).
«Come ematologi abbiamo necessità di avere a disposizione nuovi farmaci, soprattutto quelli che rappresentano un’innovazione, perché sono quelli che si traducono in un guadagno in termini di efficacia terapeutica – dichiara Fabrizio Pane, Presidente della Società Italiana di Ematologia (SIE) – riserviamo dunque una grande attenzione verso questo nuovo prodotto che è atteso con ansia proprio per i risultati che ne hanno consentito la registrazione».
Presentati anche nuovi dati dal programma di sviluppo clinico di blinatumomab, considerato un farmaco rivoluzionario, il più importante progresso raggiunto dopo quasi vent’anni per la leucemia linfoblastica acuta: è il capostipite di una nuova classe di anticorpi monoclonali bispecifici chiamati BiTE® – bi-specific T-cell engagers, una piattaforma tecnologica all’avanguardia che aiuta il sistema immunitario a individuare e colpire il cancro. Particolare interesse ha suscitato lo studio di Fase II ALCANTARA multicentrico, internazionale, senza confronto con altri farmaci che prevedeva la somministrazione dell'anticorpo monoclonale bispecifico blinatumomab. Lo studio ha arruolato 45 pazienti in un periodo di circa 1 anno affetti da leucemia linfoblastica acuta Philadelphia positiva in diversi Paesi, ben 14 solo in Italia. Il 36% dei pazienti ha ottenuto una remissione completa. Nella maggior parte (l'88%) dei pazienti che hanno risposto al trattamento, è stata rilevata la completa scomparsa delle cellule leucemiche in tutto l’organismo, anche dopo ricerca con le tecniche più sensibili di biologia molecolare. Lo studio ALCANTARA è condotto sulla variante Philadelphia positiva, mentre attualmente il farmaco è indicato nella LLA da precursori delle cellule B Philadelphia-negativa recidivata o refrattaria.
«L'anticorpo monoclonale bispecifico agisce da mediatore: da una parte c’è la cellula leucemica che deve essere uccisa, dall’altra c’è il linfocita citotossico T che deve ucciderla e questo anticorpo monoclonale fa da "ponte", avvicinandoli – spiega Giovanni Martinelli, Docente di Ematologia, Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale, Alma Mater Studiorum Università di Bologna – è una strategia assolutamente innovativa, molto interessante ed efficace. È auspicabile che questa terapia possa dare risultati ancora migliori se, in futuro, potrà essere applicata in prima linea, cioè all'inizio della malattia».
Entrambi i farmaci si sono mostrati in grado di raggiungere una profondità di risposta senza precedenti che per il mieloma multiplo significa allungamento della sopravvivenza senza progressione della malattia mentre, nel caso della leucemia linfoblastica acuta, vuol dire arrivare e mantenere la remissione. Una malattia in remissione si traduce in una prognosi più favorevole per i pazienti che si sottopongono al trapianto, che resta la terapia d’elezione per questa patologia, ma anche per i pazienti nei quali il trapianto non è indicato.
I risultati ottenuti negli studi clinici con carfilzomib e blinatumomab sono un importante riconoscimento dell’impegno di Amgen, prima Azienda al mondo nel campo delle biotecnologie, nello sviluppo e ricerca di farmaci innovativi destinati al trattamento di malattie per le quali esiste un rilevante bisogno medico insoddisfatto, e aprono nuovi scenari nella gestione di patologie gravi come mieloma multiplo e leucemia linfoblastica acuta.
Nel corso dell'Annual Meeting ASH di Orlando Amgen ha presentato anche nuovi dati su altri due farmaci del suo portafoglio in oncologia: romiplostim per il trattamento di pazienti pediatrici e adulti con trombocitopenia autoimmune e pegfilgrastim per la riduzione della durata della neutropenia e dell'incidenza di neutropenia febbrile in pazienti trattati con chemioterapia citotossica per neoplasia, nonché i dati della pipeline sulla molecola AMG 330.
Amgen (NASDAQ: AMGN) ha annunciato che i nuovi dati di tre studi clinici di Fase II confermano l’efficacia e la sicurezza di BLINCYTO® (blinatumomab) negli adulti con leucemia linfoblastica acuta (LLA). I dati sono stati presentati in sessione orale al 57° Meeting annuale dell'American Society of Hematology (ASH) a Orlando in Florida.
In un trial di conferma di Fase II multicentrico a braccio singolo (BLAST), i pazienti adulti con leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B con malattia minima residua (MRD) che hanno ricevuto blinatumomab in monoterapia hanno mostrato una sopravvivenza libera da recidiva (RFS, relapse-free survival) clinicamente significativa, come misurato nell’endpoint chiave secondario (abstract #680). La RFS mediana è stata di 18,9 mesi dall’inizio della somministrazione di blinatumomab. Si parla di malattia minima residua quando si è in presenza di cellule blastiche sotto i limiti di rilevazione disponibili con valutazioni standard. I risultati dello studio di Fase II BLAST sono stati inclusi nella sessione "Best of ASH".
Altre presentazioni dimostrano il potenziale di blinatumomab nelle popolazioni di pazienti ad alto rischio con leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B positiva per il cromosoma Philadelphia (Ph+) recidivante o refrattaria (abstract #679) e confermano l’efficacia di blinatumomab in un sottogruppo di pazienti con leucemia linfoblastica acuta recidivante o refrattaria negativa per il cromosoma Philadelphia (Ph-) dopo trapianto allogenico ematopoietico di cellule staminali (alloHSCT), che tipicamente ottengono scarsi risultati con le terapie attuali (abstract #861)
«Un obiettivo chiave nel trattamento dei tumori del sangue è prevenire la recidiva prima che si verifichi», afferma Sean E. Harper, M.D., Vicepresidente Esecutivo di Ricerca e Sviluppo di Amgen. «Raggiungere una risposta minima residua completa è importante perché non avere MRD rilevabile espone i pazienti con leucemia linfoblastica acuta ad un minor rischio di recidiva in confronto ai pazienti con MRD, persistente o ricorrente. I dati presentati sono molto incoraggianti perché sostengono il potenziale di blinatumomab in uno spettro più ampio di pazienti affetti da leucemia linfoblastica acuta, compresi i pazienti a uno stadio iniziale di malattia».
La leucemia linfoblastica acuta è una patologia oncoematologica, rara e a rapida progressione.1,2 Nei pazienti adulti con leucemia linfoblastica acuta recidivante o refrattaria la sopravvivenza globale mediana (OS) è solo dai tre ai cinque mesi.3 Attualmente, non esiste uno standard di trattamento universalmente accettato, oltre la chemioterapia, per i pazienti con leucemia linfoblastica acuta recidivante o refrattaria.4 Circa il 15-30% dei pazienti con leucemia linfoblastica acuta sono Ph+ e questi pazienti di solito hanno una scarsa risposta alla terapia standard, una remissione di breve durata e bassi tassi di sopravvivenza. 5
ASH Abstract #680: Outcome a lungo termine dopo trattamento con blinatumomab: follow-up di uno studio di Fase II nei pazienti con leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B positiva con MRD.
- In questo follow-up di lungo termine dallo studio di Fase II ‘203 di 116 pazienti con leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B e persistente o ricorrente con MRD dopo la prima linea di chemioterapia, i pazienti che hanno raggiunto una risposta completa MRD con blinatumomab hanno OS, RFS e durata di remissione (DOR) più lunghe in confronto a quelli che non hanno raggiunto una risposta completa MRD, con una sopravvivenza globale (OS) mediana nei pazienti MRD negativi di 40,4 mesi. Nei dati presentati all’ASH 2014, il trattamento con blinatumomab ha portato a una risposta completa MRD al primo ciclo nel 78% dei pazienti.
- I maggiori e più rilevanti eventi clinici avversi sono stati quelli neurologici, inclusi tremore (30%), afasia (13%), vertigini (8%), atassia e parestesia (6% ciascuno) ed encefalopatia (5%) I tassi sono diminuiti col passare del tempo (cicli 1, 2, 3, 4) per tutti gli eventi neurologici (47%, 24%, 15% e 15%) e tutti gli eventi neurologici di grado 3 o maggiori (10%, 4%, 0% e 0%).
ASH Abstract #679: Risposta molecolare ed ematologica completa in pazienti adulti con leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B positiva per il cromosoma Philadelphia (Ph+) recidivante o refrattaria in trattamento con blinatumomab: risultati da uno studio multicentrico di Fase 2 a braccio singolo (ALCANTARA)
- Nello studio di Fase II ALCANTARA, blinatumomab ha mostrato una attività antileucemica in pazienti con prognosi molto infausta affetti da leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B recidivante o refrattaria, dopo fallimento di almeno una terapia con inibitore di seconda generazione della tirosin-chinasi (TKI), con il 36% dei pazienti che hanno raggiunto la remissione completa o la remissione completa con recupero ematologico parziale (CR/CRh) durante i primi due cicli di trattamento. L’88% dei pazienti che hanno raggiunto CR/CRh ha ottenuto una completa risposta MRD. Tassi di risposta equivalente sono stati osservati nei pazienti con mutazione del dominio chinasi in BCR-ABL e T315I (quattro hanno raggiunto CR/CRh; tutti e quattro inoltre hanno raggiunto una completa risposta MRD).
- L’incidenza di eventi avversi di grado 3 o maggiori determinati dal trattamento è stata dell’82%, tra i più comuni neutropenia febbrile (27%), trombocitopenia (22%), anemia (16%), febbre (11%), ed eventi neurologici (7%). Non ci sono stati episodi di grado 3 o maggiori di sindrome a rilascio di citochina.
ASH Abstract #861: trattamento con anti-CD19 BiTE® blinatumomab in pazienti adulti con leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B recidivante refrattaria dopo trapianto allogenico ematopoietico di cellule staminali.
- In questa analisi dallo studio pilota di Fase II '211, blinatumomab ha indotto un tasso di CR/CRh del 45% in un sottogruppo di 64 pazienti con leucemia linfoblastica acuta Ph- recidavanti o refrattari pesantemente pretrattati dopo trapianto allogenico ematopoietico di cellule staminali (alloHSCT).
- Nell’88 % dei pazienti si sono verificati eventi avversi di grado 3 o maggiore determinati dal trattamento, che includono tra i più frequenti neutropenia (22%), neutropenia febbrile (20%) anemia (17%), e trombocitopenia (14%). Sei pazienti hanno riportato malattia del trapianto contro l'ospite (GvHD) correlata al trattamento, due dei quali di grado 3 o maggiore.
BLINCYTO® (blinatumomab)
Blinatumomab fa parte di una classe di anticorpi bispecifici chiamati BiTE®, (CD19- directed CD3 T cell engager) che si legano specificatamente all’antigene CD19, espresso sulla superficie delle cellule precursori della linea cellulare B, e il CD3 espresso sulla superficie delle cellule T. Blinatumomab è stato riconosciuto dalla Food and Drug Administration come breakthrough therapy e gli è stata concessa la procedura di valutazione prioritaria: attualmente è approvato negli USA e nell'Unione Europea per il trattamento della leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B recidivante o refrattaria negativa per il cromosoma Philadelphia (LLA).
La tecnologia BiTE®
Gli anticorpi bispecifici BiTE® sono un tipo di immunoterapia in fase di studio nella lotta alle neoplasie che aiutano il sistema immunitario a individuare e colpire le cellule maligne. Gli anticorpi ingegnerizzati sono concepiti per attaccare simultaneamente due target differenti, contrapponendo le cellule T (un tipo di globuli bianchi in grado di uccidere le altre cellule percepite come anomale) a quelle tumorali. L’anticorpo BiTE® aiuta le cellule T ad arrivare in prossimità della cellula bersaglio, così consentendo il rilascio di tossine e provocandone la morte per apoptosi.
Grazie al loro potenziale, gli anticorpi BiTE sono attualmente in fase di studio per il trattamento di un ampio ventaglio di patologie tumorali.
Fonte: Ufficio Stampa Pro Format Comunicazione