L’accesso alla radioterapia in Europa e in Italia: l’indagine HERO-ESTRO
I risultati dell’indagine ESTRO condotta nell’ambito del progetto HERO (Health Economics in Radiation Oncology) rilevano che nei 27 Paesi Europei, tra cui l’Italia, l’accesso alle cure radioterapiche è estremamente eterogeneo, con i Paesi a più alto reddito dell’area nord-occidentale (primi fra tutti Olanda, Norvegia e Svizzera) che possono contare su un livello ottimale di risorse, mentre altri (tra cui Albania, Bielorussia, Repubblica Ceca) accusano carenze significative sia a livello generale di strutture, sia, in modo ancor più significativo, a livello di tecnologie avanzate, capaci di erogare i trattamenti di maggior precisione. “Complessivamente, un paziente su quattro che in Europa dovrebbe ricevere la radioterapia, ne resta invece escluso - aggiunge il Prof. Ricardi – In Italia, la fotografia presenta delle zone di luci ed ombra, per quanto il bilancio finale non si scosti di molto dalla statistica europea.”
Nel dettaglio, come numero di Centri, con le nostre 165 strutture disseminate su tutto il territorio nazionale, siamo ai primi posti della classifica europea, secondi solo alla Francia (176). Ma questa capillarità potrebbe non avere un impatto ottimale sull’efficienza e qualità delle cure erogate. Osservando, infatti, i dati relativi alla distribuzione dei macchinari, l’Italia risulta agli ultimissimi posti, con poco più di due unità a centro (2.1), al pari di Paesi già citati quali Bulgaria, Bielorussia e Repubblica Ceca, ovvero il cluster che emerge dall’indagine come il più arretrato a livello europeo. Anche analizzando il dato del numero di macchinari per milioni di abitanti, l’Italia si posiziona fuori dalla top-ten dei Paesi UE con una media pari a 5.7.
Gli unmet need in Italia: la disparità sul territorio nazionale
Secondo quanto riportato dalle Linee guida AIRO sulla Garanzia di qualità in Radioterapia, in Italia sussistono significative differenze in termini di disponibilità di macchinari e quindi di accesso alle cure sul territorio. Se la media nazionale è di circa 6 acceleratori lineari (linac) per milione di abitanti - in linea con il dato riportato dall’indagine europea (5.7) – la loro distribuzione varia sensibilmente da regione a regione: nel Nord si raggiunge una media pari a 6.7, nel Centro pari a 7.4, mentre nel Sud e nelle Isole ci si attesta su una media di 4.9 per milione di abitanti. Emerge, pertanto, una disomogeneità territoriale con alcune regioni che raggiungono, a volte superandoli, gli standard europei che prevedono dalle 7 alle 8 macchine per milione di abitanti, ed altre che sono molto al di sotto di essi. Una situazione che costringe purtroppo molti pazienti a “migrare” al Centro-Nord per poter accedere alle cure radioterapiche senza lunghe attese, in situazioni dove un intervento tempestivo può fare la differenza.
Negli ultimi anni si è cercato di porre rimedio alla carenza di macchinari, ma emerge con forza anche l’esigenza del rinnovamento tecnologico. “La radioterapia è un campo della medicina in rapidissima evoluzione non solo perché trova sempre nuove indicazioni, ma anche perché l’introduzione di tecnologie sempre più avanzate consente di assicurare un migliore controllo della malattia e di ridurre o minimizzare il rischio di effetti avversi. Investire nel rinnovamento dei macchinari è quindi di fondamentale importanza per assicurare la qualità delle cure. Oggi possiamo stimare che circa il 40% delle macchine in dotazione dei centri italiani sia da sostituire.” – dichiara Stefano Magrini, Presidente AIRO.
Gli unmet need in Italia: rafforzare il ruolo dell’oncologo radioterapista nel team multidisciplinare
Un altro nodo critico è quello del riconoscimento del ruolo della radioterapia e dell’oncologo radioterapista nel percorso diagnostico-terapeutico. “Per offrire il massimo beneficio al paziente oncologico, l’integrazione multidisciplinare è fondamentale e va rafforzata. – spiega Vittorio Donato, Presidente eletto AIRO - In presenza di una diagnosi di tumore maligno, la decisione sul percorso terapeutico più appropriato per quel paziente deve essere presa in modo concertato dall’oncologo radioterapista, dall’oncologo medico e dal chirurgo oncologo. Oggi, le più recenti evidenze scientifiche ci dicono che la sopravvivenza a 5 anni dei pazienti oncologici arriva a sfiorare il 60% ed è un dato superiore alla media europea: il raggiungimento di questo importante risultato è reso possibile proprio dall’integrazione di tutte le competenze e strategie terapeutiche disponibili.” Se, in ambiti come quello del tumore al seno, il percorso verso la multidisciplinarietà è già avviato (vedi modello Breast Unit), in altre patologie oncologiche va ancora rafforzato e incentivato. Inoltre, specialmente in alcune aree del Paese, esistono limitazioni alla possibilità dell’oncologo radioterapista di prescrivere farmaci oncologici, spesso necessari anche in concomitanza al trattamento radioterapico, il che crea notevoli disagi al paziente, che si trova spesso disorientato.
Gli unmet need in Italia: investire di più nella formazione e attrazione di risorse
Proprio alla luce del ruolo chiave che l’oncologo radioterapista è chiamato a svolgere nel team multidisciplinare e delle elevate competenze cliniche e tecniche richieste per l’impiego delle più moderne tecnologie, un ruolo chiave nell’accesso alla radioterapia è svolto anche dalla formazione. “Spesso, anche laddove strutture e macchinari sono adeguati, si possono registrare, purtroppo, carenze di personale. Sarebbe utile che queste carenze venissero colmate. – aggiunge il Prof. Magrini - E che si possano attivare meccanismi virtuosi per attrarre giovani dotati verso questa specializzazione, che coniuga nel suo percorso formativo l’acquisizione di importanti competenze oncologiche cliniche, anche tramite la frequenza in reparti di degenza e day hospital oncologici, a quella del “know how” per il corretto utilizzo dei sistemi più avanzati per il trattamento radioterapico. Ciò è tanto più necessario alla luce della tumultuosa crescita degli impieghi della radioterapia in ambiti clinici altamente innovativi e del conseguente bisogno di un continuo aggiornamento professionale, anche in ambito di trattamenti chemioterapici e con farmaci “biologici”, come previsto dal Core curriculum di ESTRO”.
Gli unmet need in Italia: contrastare i falsi miti e riaffermare il valore di un approccio consolidato nel tempo, ma al passo con le terapie di ultima generazione
Sviluppata grazie alle basi gettate da Marie Curie con la scoperta del radio oltre 150 anni fa, la radioterapia può vantare una pratica clinica lungamente consolidata, che la rende una soluzione sicura ed efficace. Oggi, grazie ai progressi tecnologici, le apparecchiature più moderne sono in grado di agire in modo sempre più mirato sul bersaglio tumorale, preservando le funzionalità dell’organo, lasciando intatti i tessuti sani vicini e riuscendo in molti casi anche a garantire benefici riducendo il numero di applicazioni. “Troppo spesso la radioterapia viene ancora comunemente percepita come una strategia invasiva, che comporta rischi per la salute e da considerare solo in ultima istanza, a malattia avanzata, quasi solo come cura palliativa. Nulla di più lontano dalla realtà. – aggiunge il Prof. Donato - La radioterapia svolge oggi un ruolo fondamentale nel trattamento delle neoplasie più frequentemente diagnosticate in Italia e in Europa, come quelle al polmone, al seno, alla prostata. In molti casi, può essere una scelta ottimale sia in fase iniziale, quando il tumore è ancora di piccole dimensioni e la radioterapia si pone come alternativa all’ intervento chirurgico, sia nei pazienti con metastasi, quelli più difficili da trattare e dove si stanno ottenendo risultati significativi utilizzandola anche in associazione alle terapie oncologiche di ultima generazione, come la “target therapy” e l’immunoterapia, di cui l’intervento radioterapico è – per certi versi – il precursore e un efficace completamento, poiché il suo meccanismo d’azione agisce in modo selettivo e preciso sul tumore, da un lato, e aumentando l’effetto immunitario, dall’altro. Ricordo infine che la radioterapia trova indicazione in quasi tutte le malattie rare.”
Fonte: Ufficio Stampa Havas PR