
Sono oltre 500 mila le persone colpite da spondiloartriti in Italia, soprattutto giovani fra i 20 e i 40 anni, ma nonostante questi numeri il ritardo diagnostico è ancora troppo alto, circa 7 anni, con un evidente danno funzionale e sociale, mentre la cosiddetta early diagnosis, la diagnosi precoce, permette di avviare il paziente ad un percorso terapeutico in grado di prevenire la disabilità.
CONOSCERE E RICONOSCERE LE SPONDILOARTRITI
Per conoscere meglio le spondiloartriti abbiamo parlato con la Prof.ssa Giuliana Guggino, ricercatrice in "Reumatologia" all'Università di Palermo e dirigente medico di reumatologia al Policlinico di Palermo.
1 - Cosa sono le spondiloartriti assiali (axSpA)? Come si possono classificare? Forma radiografica e non radiografica: differenze e diagnosi
Le Spondiloartriti assiali sono malattie infiammatorie croniche articolari che nella maggior parte dei casi colpiscono giovani di età inferiore ai 40 anni con una infiammazione delle articolazioni periferiche (ginocchia, caviglie, gomiti, ecc.), e/o con dolore alla colonna lombare e al bacino, a carattere infiammatorio cioè con un dolore che sopraggiunge di notte, che migliora con il movimento, che risponde agli antinfiammatori.
La classificazione, ad oggi, più accettata è quella che prevede una distinzione in forme prevalentemente assiali, cioè in cui c’è un coinvolgimento predominante della colonna vertebrale, e in forme periferiche, in cui c’è un coinvolgimento delle articolazioni periferiche.
Un’ulteriore classificazione nell’ambito della spondiloartrite assiale permette di distinguere tra la forma anchilosante classica e una forma non radiografica in base alla presenza o meno di un danno radiograficamente apprezzabile con la radiologia convenzionale a livello delle articolazioni sacro-iliache che sono le articolazioni prevalentemente coinvolte.
Dunque la forma radiografica viene diagnosticata attraverso la semplice radiografia. La forma non radiografica viene diagnosticata, invece, con una risonanza magnetica delle articolazioni scaro-iliache. Ovviamente oltre alle valutazioni radiologiche ulteriori esami come la Tipizzazione HLA-B27 , che valuta la predisposizione genetica a sviluppare questo tipo di patologia, e/o gli indici di flogosi (VES e PCR) sono necessari per un completamento diagnostico.
2 - Quante persone ne sono affette?
Purtroppo ad oggi la percentuale di soggetti affetti varia tra lo 0.2 e 0.5%, tuttavia questi dati risultano sottostimati soprattutto da quando è stata introdotto il concetto di spondilite assiale non radiografica. Il ritardo nella diagnosi e la presenza di forme non radiografiche non adeguatamente diagnosticate contribuiscono a sottostimare la prevalenza della malattia.
3 - Quali sono i sintomi principali e i campanelli d’allarme da non trascurare?
Il dolore alla colonna lombare, in un soggetto giovane che ha meno di 40 anni, che peggiora con il riposo e durante la notte e che migliora con il movimento è sicuramente il sintomo più evidente. Questo può associarsi ad una artrite periferica con tumefazione e dolore di articolazioni come caviglie, gomiti, ginocchia.
Il paziente che presenta questi sintomi dovrebbe essere attentamente valutato e sottoposto a visita specialistica per garantire una diagnosi precoce e dunque una adeguata terapia.
4 - Che impatto ha sulla qualità di vita?
Se non diagnosticata e quindi non trattata ha un carattere evolutivo capace di determinare un danno articolare irreversibile con impossibilità alla mobilizzazione della colonna e del bacino. Oggi abbiamo a disposizione farmaci capaci di bloccare la progressione della malattia e garantire una buona qualità di vita del paziente affetto da AxSpa.
Sebbene non si possa fare prevenzione, la diagnosi precoce permette di bloccare la progressione della malattia ed impedire l’invalidità. Oggi c’è la possibilità, con interventi farmacologici, di bloccare la progressione della malattia.
LE STRATEGIE TERAPEUTICHE E I NUOVI STUDI
Inquadrare bene la tipologia di malattia e il singolo paziente consente quindi di scegliere la strategia più idonea che può essere, nelle forme più leggere, un trattamento sintomatico - quindi fisioterapia o farmaci antinfiammatori - mentre nelle forme più gravi può contare oggi su farmaci innovativi ed efficaci, come i biotecnologici, gli immunosoppressori e nuovi farmaci come secukinumab che ha come bersaglio l’interleuchina 17, molecola pro infiammatoria, e che ha già dato ottimi risultati sia negli studi che nella pratica clinica.
E per conoscere meglio il meccanismo d’azione di sekukinumab e le evidenze dello studio Prevent abbiamo parlato con il Prof. Francesco Ciccia, Professore Ordinario di reumatologia, Università degli Studi della Campania, “Luigi Vanvitelli”
1 - Sono stati presentati di recente, all’American College of Rheumatology’s di Atlanta i dati dello studio Prevent. Può illustrarci lo studio? E quali sono i principali dati emersi dallo studio?
Lo studio ha previsto l’arruolamento di pazienti affetti da Spondilite assiale non radiografica che avevano almeno 18 anni di età con 6 mesi o più di mal di schiena infiammatorio, avevano segni oggettivi di infiammazione (sacro-iliite su risonanza magnetica e/o proteina C-reattiva [CRP] a 5,0 mg /dL o superiore), avevano malattia attiva e dolore alla colonna vertebrale secondo l'indice di attività della malattia BASDAI, aveva mal di schiena totale con una scala analogica visiva di 40 mm o superiore e non aveva ricevuto un inibitore del fattore di necrosi tumorale (TNFi) o aveva una risposta inadeguata a non più di un TNFi. L'endpoint primario era il miglioramento di almeno il 40% nella valutazione dei criteri di risposta della società internazionale per spondiloartrite (ASAS40) a 16 e a 52 settimane A 16 settimane, un'analisi della popolazione complessiva ha mostrato che il 40,8% dei pazienti ha avuto una risposta ASAS40 rispetto al 28,0% dei pazienti trattati con placebo. I tassi di risposta di ASAS40 sono persistiti a 52 settimane per i pazienti trattati con secukinumab. Nello stesso periodo di tempo, la percentuale di pazienti che presentavano un miglioramento del 50% o superiore in BASDAI era del 37% nei pazienti trattati con secukinumab rispetto al 21% con placebo (P inferiore a 0,05). Anche il punteggio funzionale misurato dall'indice funzionale BASFI ha mostrato miglioramenti significativamente maggiori a 16 settimane rispetto al placebo. Il trattamento con Secukinumab ha portato a riduzioni significative dell'edema sacro-iliaco in MRI e CRP ad alta sensibilità. La percentuale di pazienti che soddisfacevano i criteri di remissione parziale ASAS era significativamente più elevata nei gruppi di pazienti trattati rispetto al placebo. Le valutazioni della funzione fisica e della qualità della vita a 16 settimane utilizzando il punteggio dei componenti fisici del 36 Short Form Health Survey e il questionario sulla qualità della vita della spondilite anchilosante hanno mostrato miglioramenti significativi nei pazienti trattati con secukinumab rispetto al placebo.
2 - Come si collocano i risultati dello studio PREVENT rispetto alla necessità/possibilità di trattare precocemente i pazienti che presentano le caratteristiche tipiche di una spondiloartrite assiale non radiografica?
La necessità di una diagnosi precoce appare drammaticamente attuale nell’ambito delle spondiloartriti assiali dove, secondo dati recenti, si stima che tutt’oggi permanga un ritardo diagnostico di circa 7 anni. Tale ritardo si traduce in costi sanitari diretti ed indiretti socialmente insostenibili. In quest’ottica appare fondamentale una diagnosi precoce ed un trattamento precoce con farmaci che siano biologicamente attivi nel controllo dell’infiammazione e del danno strutturale strettamente connesso al persistere del processo infiammatorio. L’interleuchina 17 è una citochina chiave nella patogenesi delle Spondiloartriti e lo studio Prevent dimostra in maniera assolutamente convincente che il blocco di tale citochina con il farmaco Secukinumab funziona in maniera egregia anche nei pazienti con Spondilite assiale non radiografica nel modificare l’attività di malattia migliorando la funzione fisica e la qualità di vita dei pazienti trattati. Visto che la persistente attività di malattia, unitamente ai livelli incrementati di PCR, sembra predire in maniera significativa la progressione del danno radiografico, i dati dello studio suggeriscono indirettamente che il blocco dell’interleuchina 17 con secukinumab possa prevenire danno strutturale e conseguente disabilità in una percentuale rilevante di pazienti affetti da spondilite assiale non radiografica.
Si capisce quindi come la maggiore informazione, la possibilità di intercettare precocemente i sintomi, essere indirizzati allo specialista di riferimento - che lo ricordiamo ancora è il reumatologo - ed essere seguiti in un centro dedicato può assicurare un corretto patient journey, un viaggio in cui il paziente non si senta solo, non debba convivere per anni con il dolore e possa contare su un team multidisciplinare che gli offra non solo le cure migliori ma anche un ascolto e un supporto costante.