
Pur contando sul 9% degli account, i messaggi “pro-vax” raccolgono un consenso che arriva all’80% anche fra gli utenti comuni, non assimilabili ad alcun gruppo in rete, e sono meno ‘chiusi’: solo la metà dei post proviene da utenti interni alla comunità. Dall’analisi di Voices from the Blogs emerge anche come le notizie di attualità, dalla percezione aumentata del rischio infezione agli eventi televisivi, modifichino il tono dei messaggi online.
Malattie che si diffondono per contagio nella realtà, fake news virali che ‘infettano’ il web: il meccanismo è simile, ma la rete ha molti più anticorpi di quanto crediamo. Gli attivisti anti-vax, che sono più o meno otto utenti su cento online, non riescono infatti a convincere chi non la pensa allo stesso modo: condivisioni e commenti positivi arrivano solo da un utente esterno su cinque, mentre è vero l’esatto contrario per le comunità più attive sul fronte pro-vaccini che, pur essendo molto simili per diffusione sul web, mietono consensi al di fuori della loro cerchia e generano opinioni pro-vaccino che arrivano all’80%. Lo dimostra l’indagine Voices from the Blogs dell’università di Milano, condotta analizzando 500.000 tweet pubblicati da circa 60.000 utenti, secondo cui è molto importante anche il ruolo degli influencer: le esperienze condivise da Bebe Vio portano a mobilitarsi e postare un commento anche chi altrimenti non farebbe sentire la sua voce online. I “picchi” di sostegno ai messaggi contrari alla vaccinazione arrivano soprattutto dopo attacchi diretti e con ampia risonanza, come il boicottaggio dei documentari sui danni ai vaccini, mentre i pro-vax guadagnano terreno quando si diffonde la paura per le malattie che si possono prevenire con i vaccini, come nel caso dell’epidemia di meningite degli scorsi mesi in Toscana. L’indagine è stata presentata oggi a Milano.
“Questa indagine – spiega Andrea Ceron del Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’università di Milano, coordinatore della ricerca – ha innanzitutto cercato di tracciare il profilo degli utenti che conversano in rete su temi come i vaccini o la meningite, per capire come si raggruppano e si interfacciano. Il primo dato è l’esistenza di due comunità molto polarizzate e attive pro e contro i vaccini, simili per numero di utenti; in mezzo c’è una galassia di gruppi dalle posizioni intermedie, come i follower di media generalisti o le comunità legate al dibattito politico, e un 44% di utenti comuni non polarizzati. Valutando la “forza” dei gruppi, ovvero la capacità di attrarre condivisioni e consensi da chi non fa parte della loro comunità, abbiamo osservato che gli antivaccinisti e scettici sono molto chiusi e autoreferenziali: c’è un ampio interscambio interno, ma non spostano le opinioni di chi non è già schierato tanto che i sentimenti anti-vaccino si fermano al 20% su Twitter e al 30% su Facebook”.
L’efficacia del messaggio quindi non rispecchia il peso all’interno del network, perché al contrario i gruppi favorevoli alle vaccinazioni che fanno riferimento alle istituzioni sanitarie (a ad alcuni influencer come la sportiva Bebe Vio), e che complessivamente coinvolgono un numero di attivisti analogo agli anti-vax, generano un consenso decisamente superiore. Pensieri e commenti positivi verso i vaccini arrivano infatti all’80% su Twitter e al 72% su Facebook.
I pro-vaccino sono anche meno autoreferenziali: i messaggi arrivano da utenti che appartengono allo zoccolo duro della comunità nel 67% dei casi per i no-vax, mentre nel caso dei vaccinisti i post che provengono da chi fa parte del gruppo sono solo il 50%.
Gli interscambi fra comunità esistono, ma gli antivaccinisti si confermano incapaci di generare risposte: i media generalisti sono la comunità più citata dai no-vax, ma gli utenti di questo gruppo entrano in contatto con gli antivaccinisti solo una volta ogni tre citazioni ricevute. Una delle comunità più aperte è quella di Bebe Vio, atleta paralimpica, testimonial pro-vaccini e protagonista della campagna Win for Meningitis: il 40% degli account nella sua comunità è coinvolto nella rete solo grazie a lei.
“Questo indica che gli influencer (ad es. Bebe Vio e Roberto Burioni) – aggiunge il dr. Ceron – attraggono nelle discussioni anche persone che altrimenti sarebbero rimaste in silenzio e invece decidono di dire la loro vedendo rispecchiate le proprie convinzioni nelle parole di un personaggio per il quale c’è un forte coinvolgimento emotivo o che ritengono competente. I dati possono essere interpretati sottolineando che la maggioranza della popolazione online è pro-vaccini. Si tratta di una maggioranza silenziosa, che spesso viene stimolata in positivo proprio dagli influencer, ma che reagisce anche ad eventi come l’epidemia di meningite in Toscana che scatena paura e ansia producendo una ulteriore crescita di opinioni pro-vaccino”.
“In questo panorama va tuttavia segnalato – aggiunge Roberto Burioni, docente di microbiologia e virologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e molto attivo soprattutto su Facebook, dove conta ben 300 mila followers – che i tassi di vaccinazione sono più bassi nelle aree dove le persone contrarie alle vaccinazioni sono più attive: qualcuno, quindi, riescono a convincere e sarebbe molto importante fare una corretta informazione sui vaccini in ogni occasione possibile online, e non soltanto. Con i miei post cerco sempre di sottolineare i dati che ci offre la scienza, perché è essenziale che i cittadini capiscano che i vaccini sono una risorsa di salute e che ci sono emergenze, come quella della ricomparsa di focolai di morbillo, che non possono essere ignorate”.
Venendo più specificamente alla meningite, una delle vere e proprie ‘star’ della comunicazione sul web, l’obiettivo finale delle campagne di vaccinazione potrebbe essere la completa scomparsa dell’infezione da meningococco. Anche perché è una malattia subdola, dal decorso rapido, talvolta letale e difficile da trattare ma prevenibile con la vaccinazione.
È la grande speranza di Rino Rappuoli, Chief Scientist GSK Vaccines, padre delle più moderne generazioni di vaccini, che ha sviluppato e brevettato i primi vaccini per tutte le forme di infezione da meningococco – A, B, C, Y e W135 – oggi utilizzati nel mondo e che per l’ultima scoperta in ordine di tempo, il vaccino per il meningococco B, ha messo a punto una tecnica rivoluzionaria, quella della Reverse Vaccinology che gli ha permesso di sviluppare per primo questo importante vaccino. “La scomparsa dei casi di meningite da meningococco – spiega Rappuoli – non solo è pensabile, ma assolutamente possibile grazie agli strumenti di prevenzione che abbiamo oggi a disposizione. Tutti i vaccini contro la meningite sono raccomandati dal Piano Nazionale Vaccini. Per questo motivo una corretta informazione anche sul web è sempre più importante, perché permette ai genitori di scegliere consapevolmente di proteggere i loro figli da malattie potenzialmente fatali come la meningite”.
“Ed è proprio on line che in Italia le mamme sono molto attive - spiega Virginia De Marco, giornalista ma anche mamma e blogger –: il 92% ha uno smartphone che usa principalmente per andare sui social (dati Fattore Mamma-2B Reserach, 2017). I social network sono per le mamme una fonte di informazione primaria. E il tema ‘vaccini’ viene sollevato di frequente. Quello che osservo, da mamma e frequentatrice di gruppi e community di altre mamme online, è che se è vero che raramente vengono esposte posizione no-vax nette, e chi lo fa viene rapidamente isolato (spesso sono dagli stessi amministratori dei gruppi, che vedono come fumo negli occhi questo tipo di polemiche), dall’altro l’alto è invece molto diffuso un sentimento interlocutorio nei confronti dei vaccini. Si chiedono consigli alle altre mamme, esperienze, pareri. ‘Non sono contraria ai vaccini, ma con tutto quello che si sente…’. Il leitmotiv dominante è su questa falsariga. Insomma: i no-vax magari convincono poco. Ma riescono a instillare dubbi”.
Fonte: Ufficio Stampa GSK