
Il plasma, componente liquida del sangue, si può ottenere nel processo di raccolta dal donatore sia tramite separazione del sangue intero sia tramite procedure di aferesi produttiva.
“Il plasma è una materia prima molto peculiare non essendo sintetica ma deriva da un processo di donazione volontaria e non retribuita da parte dei cittadini. Già questo pone una variabilità unica nella disponibilità” spiega la prof.ssa Marianna Cavazza, ricercatore CERGAS SDA Bocconi
Esso costituisce la materia prima per la produzione, attraverso processi di separazione e frazionamento industriale, di medicinali plasmaderivati, alcuni dei quali rappresentano veri e propri farmaci “salva-vita”.
Il processo di lavorazione è lungo ed ha un grande valore. “La prima fase è costituita da: donazione, raccolta e stoccaggio della materia prima. Questo primo step è estremamente complesso in quanto viene eseguito in singoli servizi trasfusionali e unità di raccolta di donatori ma sempre garantendo il massimo della qualità”, aggiunge Cavazza.
Il plasma raccolto viene inviato per la lavorazione in conto terzi ad imprese produttrici dopo una serie di passaggi e test di validazione e neutralizzazione di eventuali virus o batteri. “Tutti questi passaggi hanno la durata tra i 7 e i 12 mesi ed anche i costi, secondo la PPTA-Europe, che è l’associazione europea dei produttori di plasmaderivati, sono il 57-58% dei costi totali di tutto il processo fino al prodotto finito” precisa Cavazza.
“Purtroppo, spesso non c’è consapevolezza, anche in ambito sanitario, di questi lunghi e complessi passaggi che portano fino al farmaco emo/plasma-derivato e anche dal punto di vista delle politiche sanitarie e del farmaco potrebbe essere utile avere una maggiore attenzione verso questo tipo di prodotto. A quanto detto finora si aggiunge anche la complessità di una produzione congiunta di vari derivati che potrebbe diventare un tema di attenzione da parte sia dei policy maker che degli operatori sanitari, come il farmacista ospedaliero, che si trovano a gestire questo farmaco e a definirne le gare” sottolinea Cavazza
Con la pandemia da Covid 19 c’è stata una carenza consistente di donazioni e infatti dati recenti, riportati sul sito del centro nazionale sangue, riferiscono un 20% di calo delle donazioni nei primi 3 mesi di quest’anno che sarà ancora più evidente tra nove mesi/un anno considerati i tempi detti sopra della lavorazione.
“Bisogna investire molto sulla donazione di sangue intero ma anche fare un grosso lavoro culturale sulla plasmaferesi e quindi la donazione direttamente del plasma che consente una maggiore intensità di produzione di plasmaderivati rispetto al plasma estratto dal sangue intero” evidenzia Cavazza.
Tra le malattie rare che hanno come terapia le immunoglobuline rientra la CIDP.
“La CIDP, polineuropatia cronica infiammatoria demielinizzante, è una patologia rara che determina grave disabilità nei pazienti. È una patologia trattabile e per tale motivo deve essere prontamente riconosciuta. Siamo in un campo della medicina che richiede una strettissima collaborazione tra clinici e ed altre figure sanitarie ed in particolare i farmacisti perché è un settore complesso e dinamico che ha il fine di definire nel singolo paziente un protocollo di trattamento che sia il più efficace possibile. È, quindi, necessaria una stretta collaborazione tra diverse professionalità per individuare in ogni singolo paziente qual è la migliore strategia di trattamento, per definire se le immunoglobuline sono indicate ed efficaci, per stabilire un preciso schema di trattamento individuale anche relativamente alla via di somministrazione. Bisogna essere pronti a continui aggiustamenti operando in maniera molto elastica, in modo da attuare la strategia più efficace nel singolo paziente” spiega il prof. Vincenzo Di Lazzaro, Direttore Neurologia Policlinico Universitario Campus Biomedico Roma.
“I farmaci plasmaderivati sono fondamentali per alcune patologie e durante il periodo Covid abbiamo attenzionato anche noi la questione delle donazioni perché non potendo andare in ospedale, non potendo avvicinarsi alle strutture ospedaliere anche i donatori sono rimasti più lontani e quindi sono diminuite un po' le scorte che c’erano non a livelli preoccupanti ma questo potrebbe diventare un problema nel prossimo futuro con la ripresa di tutte le attività. E’ un problema cogente che ci interessa molto da vicino e sul quale bisognerà prestare attenzione visto che anche per il Covid si parla di plasmaderivati quindi bisognerà capire quale saranno le possibili soluzioni nell’immediato futuro per poter ripristinare le scorte” aggiunge Scopinaro.
Fonte: articolo di Emilia Vaccaro