L’aumento del numero di cellule endoteliali nel sangue, perché danneggiate dal virus, potrebbe consentire di individuare i casi di Covid-19 con un rischio più elevato di sviluppare patologie polmonari e cardiovascolari gravi.
Galli: "Il danno endoteliale è centrale e può essere un fattore prognostico in grado di predire complicanze vascolari mortali. Individuare i pazienti con un danno all’endotelio più esteso rappresenta una vera sfida del futuro nel trattamento del Covid in stadio avanzato”.
Un tassello in più si aggiunge al complesso puzzle dei meccanismi di attacco del virus al nostro organismo: le cellule endoteliali danneggiate, perché colpite dal virus, si “sfaldano” dal rivestimento interno dei vasi e vengono rilasciati nel sangue, rappresentando così un’ottima “spia” del danno vascolare, misurabile grazie a un semplice test del sangue. Le cellule endoteliali circolanti o CEC sono perciò un potenziale nuovo marker della gravità del Covid-19. Lo sottolinea i risultati preliminari di un nuovo studio su 17 pazienti, condotto a partire dal luglio scorso dall'Ospedale Sacco/Università di Milano e dall'Istituto Europeo di Oncologia e appena presentato nel corso del Digital Event "Real-Time Monitoring of Endothelial damage during Covid-19. Why is it needed?" organizzato dalla Fondazione Internazionale Menarini.
Covid-19 si sta dimostrando sempre più capace di colpire molti bersagli nell’organismo, non soltanto l’apparato respiratorio: il virus infatti è in grado di attaccare l'apparato cardiovascolare e distruggere le cellule dell'endotelio, il tessuto che riveste l’interno dei vasi sanguigni, di quelli linfatici e del cuore, provocando così la comparsa di numerose complicanze della malattia. I nuovi dati suggeriscono che Covid-19 sia una patologia endoteliale ancor più che polmonare e individuano nella valutazione dell’entità del danno alle CEC un elemento per stimare la gravità della patologia più diretto delle cellule endoteliali progenitrici (EPC). Le CEC, infatti, derivano dall’endotelio stesso e riflettono perciò il danno diretto del tessuto, mentre le cellule endoteliali progenitrici o EPC provengono dal midollo osseo in risposta al danno vascolare dovuto al virus, per riformare vasi sanguigni e ricostituire un endotelio sano. L’entità di CEC ‘rotte’ dal virus, che possono essere esse stesse causa di complicanze trombotiche, può perciò essere una spia della gravità delle lesioni vascolari, aiutando così a valutare meglio la prognosi dei pazienti e a indirizzare le scelte terapeutiche.
"Le complicanze vascolari e trombotiche sono una delle cause più importati della mortalità da Covid, fino a ora difficilmente prevedibili. Un aspetto molto importante è il danno endoteliale, che rappresenta una vera sfida nel trattamento del Covid in stadio avanzato ed è uno dei più importanti ostacoli per ottenere una remissione della malattia", commenta Massimo Galli, virologo responsabile delle Malattie Infettive dell'Ospedale Sacco e co-presidente del convegno digitale.
"Abbiamo notato come la quantità delle CEC sia legata alla gravità della malattia: il danno endoteliale può essere potenzialmente un fattore prognostico negativo del Covid-19" - spiega Agostino Riva, infettivologo del Sacco coordinatore dello studio – “La possibilità di misurare le cellule endoteliali circolanti grazie a un semplice test del sangue, si candida dunque a diventare un bio-marcatore per la scelta delle terapie più appropriate e per ridurne le complicanze fatali. Tuttavia il suo valore predittivo di gravità della malattia deve essere ancora pienamente chiarito e confermato. Il prossimo passo sarà studiare queste ipotesi, misurando queste cellule in tutte le fasi della malattia e durante la guarigione per capire come si correlano alla sua gravità e al successo della terapia in studi clinici più estesi” conclude Riva.
Per Peter Libby, Division of Cardiovascular Medicine, Department of Medicine, Brigham and Women’s Hospital, Harvard Medical School di Boston, "il Covid-19 è una malattia endoteliale", e considerarla in questo modo porta a fornire "un quadro per una strategia di trattamento razionale in un momento in cui possediamo una base di prove davvero modesta per guidare i nostri tentativi terapeutici per affrontare la pandemia".
Sempre più numerose ricerche scientifiche stanno dimostrando i danni sistemici all'organismo da parte di Sars-Cov-2 e Gaetano Santulli, dell'Albert Einstein College of Medicine di New York e Università Federico II di Napoli, co-opresidente dell’evento digitale, ha illustrato gli effetti cardiovascolari del virus: “A Marzo 2020 il nostro gruppo è stato il primo a mostrare come COVID-19 possa essere una malattia dell’endotelio. Infatti, Sars-Cov-2 necessita di specifici co-fattori per entrare nella cellula ospite (come ACE2, TMPRSS2, e catepsina B/L) e le cellule endoteliali esprimono tutti questi fattori. L’infiammazione sistemica dovuta alla tempesta citochinica da virus è un altro fondamentale elemento di danno cardiovascolare, così come ipossemia ed aritmie causate dallo squilibrio tra domanda e disponibilità di ossigeno. I danni alla microcircolazione, diretti o indiretti, possono indurre trombosi e coagulazione intravascolare disseminata. Oltre a fornire una solida spiegazione fisiopatologica delle manifestazioni sistemiche osservate nei pazienti affetti da Covid-19, gli effetti sull’endotelio possono guidarci nel disegno razionale di nuove strategie terapeutiche.”
"Con questo incredibile evento, prosegue il cammino della Fondazione Internazionale Menarini di promozione della cultura e dell’educazione scientifica sul Covid-19, già intrapreso con la creazione della prima biblioteca virtuale su questo argomento” – dichiara Lorenzo Melani, presidente Fondazione Internazionale Menarini - “Dopo questo Convegno Fondazione Internazionale Menarini approfondirà ulteriormente la tematica relativa agli aspetti diagnostici innovativi per la diagnosi del Covid-19 con l’evento digitale “In vitro diagnostics and Covid-19” previsto lunedì 5 ottobre."