Oscar 2016: che emozioni ci hanno lasciato i film candidati quest'anno?
Aspettando gli Oscar 2016
di Donni Romani
A pochi giorni dall'assegnazione delle statuette più attese nel mondo del cinema proviamo a fare qualche considerazione sui film candidati cercando di analizzare il senso profondo di ogni pellicola, il significato che assume nel mondo contemporaneo e quale società rappresenta, sia nella forma concreta e oggettiva, sia nella visione deformata e illusoria che, ricreando mondi e usando metafore, talvolta rappresenta la vita in modo più aderente di un documentario. E se, come ogni anno, c'è stata qualche dimenticanza da parte dell'Academy, cercheremo di colmarla ricordando come alcuni film clamorosamente esclusi dall'Oscar abbiano poi lasciato un segno nella storia del cinema.
Partiamo dagli otto film candidati come Miglior Film, la storica cinquina da qualche anno allargata che rappresenta la summa di un anno di cinema, almeno agli occhi dei membri dell'Academy.
di Donni Romani
A pochi giorni dall'assegnazione delle statuette più attese nel mondo del cinema proviamo a fare qualche considerazione sui film candidati cercando di analizzare il senso profondo di ogni pellicola, il significato che assume nel mondo contemporaneo e quale società rappresenta, sia nella forma concreta e oggettiva, sia nella visione deformata e illusoria che, ricreando mondi e usando metafore, talvolta rappresenta la vita in modo più aderente di un documentario. E se, come ogni anno, c'è stata qualche dimenticanza da parte dell'Academy, cercheremo di colmarla ricordando come alcuni film clamorosamente esclusi dall'Oscar abbiano poi lasciato un segno nella storia del cinema.
Partiamo dagli otto film candidati come Miglior Film, la storica cinquina da qualche anno allargata che rappresenta la summa di un anno di cinema, almeno agli occhi dei membri dell'Academy.
- La grande scommessa (The Big Short), regia di Adam McKay
- Il ponte delle spie (Bridge of Spies), regia di Steven Spielberg
- Brooklyn, regia di John Crowley
- Mad Max: Fury Road, regia di George Miller
- Sopravvissuto - The Martian (The Martian), regia di Ridley Scott
- Revenant - Redivivo (The Revenant), regia di Alejandro González Iñárritu
- Room, regia di Lenny Abrahamson
- Il caso Spotlight (Spotlight), regia di Tom McCarthy
La grande scommessa - Raccontare la crisi economica e lo scandalo delle banche americane con gli occhi e la mano ferma e talentuosa di Adam McKay, regista che è stato tra gli autori di quel Saturday Night Live che è stato palcoscenico dei grandi talenti comici degli ultimi trent'anni, era impresa da brividi, e infatti brividi regala...Il connubio è esplosivo, rigorosamente tecnico e paradossalmente comico, con dei comprimari gigioni e complici (leggi Brad Pitt), con dei protagonisti distanti anni luce dalla recitazione asettica che accompagna solitamente film del genere, stravaganti, bizzarri, credibilissimi e godibilissimi, come geniale appare l'idea di affidare il sottotesto di approfondimento economico a personaggi reali che dissimulano con grande eleganza la completa incompetenza in materia. Effetti grafici e invenzioni visive rendono un tema tanto ostico e di difficilissima resa cinematografica un helzapoppin da cui non si potrà prescindere in futuro quando si vorrà raccontare il mondo delle obbligazioni e degli hedge found. Voto 9
Il ponte delle spie - Spielberg è Spielberg, Tom Hanks è Tom Hanks, non c'è un'inquadratura sbagliata o una carrellata di troppo (o forse sì) ma tanta perfezione, a fronte di una tematica intensa raccontata con vera e sincera partecipazione, rimane un po' sullo sfondo, come se mancasse un guizzo, un cappottino rosso a lasciare il segno. Discorso diverso per Mark Rylance candidatissimo come non protagonista, umano e dolente, ma è come se la storia si trascinasse con un copione già scritto da altre centinaia di film, senza regalarci quel tocco geniale che ci dobbiamo aspettare da Spielberg. E poco vale riconoscere e sottolineare l'impegno etico e morale del film, che ovviamente è encomiabile, ma qui si parla di cinema, e manca proprio la magia di un extraterrestre che da qualche film a questa parte è sceso sulla terra e ci cammina con passo elegante e felpato, ma senza lasciare impronte imperiture. Voto 7
Brooklyn - Pellicola d'altri tempi, vintage nei tempi e nei modi, nella recitazione e nel montaggio, nel racconto e nell'impatto visivo, ma di grande coraggio in tempi di effetti speciali e 3D, perchè raccontare la storia di una ragazza irlandese che negli Anni 50 emigra a New York per trovare lavoro, si innamora, torna per un breve periodo a casa per un lutto, vive un lieve flirt con la nostalgia e un promettente giovane di buona famiglia poi però sceglie di tornare dal suo idraulico italiano sperando di cavarne un film da Oscar era proposta da far mettere le mani nei capelli di qualunque produttore, ma il tormento di un'anima candida è talmente palpitante nel volto di Saoirse Ronan che tutto il resto viene da sè, le fragilità femminili di allora sono quelle di oggi al netto di una società e di un contesto rivoluzionato oltre l'immaginabile, e tornare a vedere una lettera attesa giorni nelle mani della protagonista è un'immagine che ci fa sorridere come se appartenesse alla preistoria, e invece siamo noi vent'anni fa. E quella ricostruzione di ambiente, quel pettegolezzo maligno della piccola provincia ma anche della piccola borghesia newyorkese, quell'immenso mostro che è la metropoli che si trasforma in giostra felice grazie all'amore sono sì lievi e poco graffianti ma stilisticamente raffinati e molto ben fotografati. Voto 8
Mad Max: Fury Road - Potente, visionario, con una fotografia spettacolare, costumi e trucco schizofrenici, surreale e iper reale, omaggio, citazione ed evoluzione della mitica trilogia anni Ottanta con Mel Gibson, una corsa sfrenata (e talvolta accelerata - ma in alcuni passaggi si vede la contrazione temporale ahi ahi) verso il nulla o verso il tutto, la trama è un pretesto del resto, anche se le metafore abbondano e i riferimenti possono arricchire il sottotesto, ma ciò che conta è la capacità di Miller di giocare con le invenzioni oniriche, di raccontare storie e volti con divertita e barocca fantasia, di inventare personaggi e sentimenti che non hanno bisogno di essere spiegati, ma solo vissuti sotto pelle, fra famiglie disfunzionali da manuale psichiatrico ed eroine classiche seppur menomate e stremate. Non c'è tregua per gli occhi e le orecchie, il ritmo del film pulsa tachicardico senza mai scendere a compromessi con il rischio di essere ridondante, perchè Mad Max vuole rivendicare fino in fondo il diritto all'eccesso, allo sberleffo, al gioco al rialzo, sempre e comunque, e se vince è grazie ad una coreografia continua che non perde mai colpi, un balletto raffinato e sostenuto da due protagonisti che incrociano armi e sguardi senza pietà, e lasciano un profondo senso di malinconia per tutto ciò che, anche in mondo astigmatico e furioso, si può perdere. Voto 9
Sopravvissuto - The Martian - Un Gravity spruzzato da una manciata di ironia e di trendy ecologismo, ma Matt Damon non è Clooney e tanto il film di Cuaron era innovativo, cupo e angosciante tanto Sopravvissuto sappiamo già dalla prima scena come andrà a finire. Matt Damon si annoia tutto solo su Marte, la musica dance non gli piace e le sue piantine non gli danno poi troppa soddisfazione... intendiamoci la mano di Ridley Scott c'è e si sente, la nostalgia di casa, la solidarietà e il lavoro di squadra tanto caro ai film made in USA non si fanno pregare, e le scene ricalcano tutti gli stilemi del caso, ma la novità dovè? Huston abbiamo ben più di un problema qui, abbiamo un film molto ben costruito, con tutte le scene madre al posto giusto e le battute che ci si aspetta al momento previsto, ma senza palpiti e sussulti, senza mai essere davvero coinvolti dall'avventura marziana e senza sentire nessuna stretta al cuore per il vagabondare nell'universo del povero Damon, mai troppo espressivo ma qui facilitato dalla solitudine... Voto 7
Revenant - Redivivo - L'Oscar a Di Caprio lo danno alla carriera diciamolo subito, perchè qui, tra ferite, pellicciona d'orso addosso e corpo che striscia non è che siamo proprio in zona Actor Studio o metodo Stanislavskij... per carità, recitare a -40 gradi è sicuramente poco piacevole, e la sofferenza fisica del film si sente tutta, si accappona la pelle nel piano sequenza in cui mamma orsa si accanisce sui delicati lineamenti di Leo, ma il vero Di Caprio sta altrove, sin da quando esordì come fratello minore di Johnny Depp in "Buon compleanno Mr Grape"... L'Oscar a Lubezki lo danno perchè è un immenso direttore della fotografia e quei crepuscoli sono magistrali, come le nebbie, i fumi, gli squarci di sole, ci fa sentire il freddo e anche di più... L'Oscar al film è sussurrato dal vento e dai rumors con così tanta convinzione che difficilmente non arriverà e alcune scene sono davvero magnifiche, ma il film, la trama, gli insistiti rimandi al passato del protagonista non sanno tanto di deja vu? magari girato al calduccio in studio non dico di no, ma insomma, indiani e cacciatori di pelli, crudeltà d'animo e orgoglio paterno, eroe buono e eroe cattivo (un Tom Hardy scotennato molto convincente) vendetta e rinuncia, destino e rinascita non sono proprio archetipi appena coniati... uno Shakespeare a caso li incarna già tutti... ad Inarritu va dato il merito di non aver rifatto se stesso perchè Revenant non potrebbe essere più lontano da Birdman, che certamente spiazzava lo spettatore con maggior coraggio ed eleganza, anche se Leo che lancia strali dall'occhio ceruleo dopo che l'orso gli ha tolto anche la voce per gridare la sofferenza di aver visto uccidere il proprio figlio è una scena asciutta e scarnificata tanto quanto avrebbe potuto, in più rozze mani, diventare un indecente rincorsa al fanatismo dei sentimenti più primitivi. Voto 8 (un mezzo punto per il freddo patito ci sta...)
Room - Mi smarco dai particolari della sinossi perchè, se a prima vista il cuore del film è tutto nella storia, a meglio guardare sta tutto nel viaggio parallelo che compie il piccolo protagonista, un viaggio che lo traghetterà dal mondo delle favole infantili a quello della vita tridimensionale. Il suo sguardo che si apre sul cielo attraversato dalle reti di fili elettrici è di quelli che rimangono, e la scena del breve tratto di strada compiuta nascosto all'interno di un tappeto arrotolato ha un pathos raro ed autentico. Mai una caduta d'inganno, e mai un inganno per chi assiste da parte di Abrahamson che ha studiato filosofia al College e si vede, perchè spiegare la vita ad un bambino è impresa titanica, al di là del fatto che sia cresciuto in una stanza di dieci metri quadrati... L'inquadratura stretta, la claustrofobica posizione nell'armadio da cui Jack guarda il mondo, lo sgomento che prova di fronte ad una finestra che non sia lo schermo televisivo non assomigliano moltissimo allo sguardo fisso e vuoto dei bambini con la sindrome di Hikikomori, quel ritiro sociale che induce molti adolescenti addicted to internet a non uscire più da una stanza? Scegliere un contesto thriller per parlare dello spaesamento, della solitudine, dell'incapacità di assolvere se stessi e della fragilità che ci attanaglia è una soluzione felicissima che permette a chi si avventura nella "stanza" di uscirne gratificato da due grandi interpretazioni, da scarti narrativi inquietanti e mai scontati, da una sensazione di nitore stilistico e intellettuale che ci fa ancora una volta innamorare del cinema "girato in una stanza" e mai definizione fu più giusta per Room... Voto 9
Il caso Spotlight - O Tutti gli uomini del presidente, o Sindrome cinese, o Diritto di Cronaca, o Truth in arrivo con Robert Redford fino ad arrivare, andando a ritroso nel tempo a L'ultima minaccia in cui Bogart pronuncia la mitica frase "E' la stampa bellezza"... Il giornalismo d'inchiesta piace a Hollywood e i risultati sono spesso di altissimo livello, come anche nel caso del Caso Spotlight, secco, asciutto, senza una concessione o uno scarto, dritto alla meta con una concentrazione assoluta. Un bene o un male? entrambe, perchè se l'asciuttezza aiuta a rimanere sul pezzo (tanto per rimanere in gergo giornalistico) qualche stravaganza o qualche licenza narrativa avrebbero arricchito il film di poesia e di fantasia. Non che sia necessaria la poesia o la fantasia per raccontare una storiaccia di abusi da parte di preti pedofili coperti dalle alte gerarchie ecclesiastiche di Boston, ma il cinema con la c maiuscola deve anche costruire personaggi leggendari attorno alla ricostruzione fedele dei fatti, dargli volti e toni degni di essere ricordati al di là del messaggio, della denuncia, della veridicità, quel "e' la stampa bellezza" della situazione insomma, che qui manca anche se il cast coralmente si impegna - e riesce brillantemente - a tenere in mano il bandolo dei mille filoni d'inchiesta, arrivando faticosamente a mettere insieme le prove necessarie con la grinta , la spregiudicatezza e il coraggio necessari a sfidare un establishment tanto corrotto nel corpo come nell'anima. Se esistesse un Oscar per la Docufiction Il caso Spotlight lo avrebbe già vinto, se però vogliamo gridare al capolavoro cinematografico solo per il coraggio di aver affrontato un tema tanto scottante allora forse dobbiamo andare a rivedere la definizione di film. Voto 8
Chi avrebbe dovuto esserci e invece non c'è:
Sicuramente "The Hatefull Eight" perchè il genio di Tarantino racchiuso in una stanza che avrebbe incantato anche Agatha Christie andava assolutamente inserito nei candidati, "The beast of no nation" perchè è una vergognosa (o colpevole?) dimenticanza lasciare fuori un capolavoro di atroce poesia come la storia dei bambini guerrieri (ed è inutile anche farne una questione razziale, qui manca proprio la cultura cinematografica...), "The Dresser" produzione BBC remake de "Il servo di Scena" con Anthony Hopkins e Ian Mc Kellan che più immensi non si può, "Vizio di Forma" film d'atmosfera straordinario con un Joaquin Phoenix mai così bravo, ma sì sa, Paul Thomas Anderson dopo Magnolia non ha raccolto quanto avrebbe meritato, e "Steve Jobs" di cui ignoro l'autenticità e la verosimiglianza e di cui non giudico vertenze legali, polemiche e disconoscimenti vari, ma che cinematograficamente vanta due o tre scene che incantano e che ha uno script teso e originale che ne fanno ben più di un biopic.
Miglior Regia
Cinquina sdrucciolevole e poco maneggievole, nel senso che manca un carico da 90 in grado di subissare gli altri, ci sono però mani dalla presa ferma e dallo stile personale che meritano la nomination e qualcosa di più. Parliamo sicuramente di quelle di George Miller, padre di Mad Max fin dal 1979 che oggi si diletta con gli echi del passato per reinventare un genere dando vita ad un prodotto fatto di saturazione e contrasto, di psichedelici inseguimenti e struggenti monologhi che ricordano i replicanti di Scott. Ci vuole coraggio e fiato per premere sull'acceleratore e non staccare mai, e Miller ce l'ha, lasciando un'impronta profonda sul cuore dello spettatore, consapevole che Max non sarebbe Max, e men che meno Mad senza il genio di Miller. Altra grande mano è quella di Adam McKay che invece di fare ciò che dovrebbe fare un regista che vuole raccontare la crisi economica degli anni scorsi fa l'esatto contrario (del resto la sua primogenitura è il Saturaday Night Live e lì non si scherza mica, lì si fa ridere sul serio) rivoluzionando le regole dello script, aggiungendo dove si dovrebbe sottrarre e togliendo quando potrebbe lasciare la macchina accesa, e il risultato è strepitoso, innovativo, indifferente di fronte al dilemma "Ma la gente capirà cosa sono gli hedge fund e i credit default swap?", unico modo per fare cinema, grande cinema, e non un reportage sui mutui subprime. Alejandro González Iñárritu è un grande talento, Birdman lo ha dimostrato, ma anche Amore Perros, Biutiful... Revenant è il suo capolavoro? Forse come complessità e come impegno, perchè imponente è stato il lavoro e lo sforzo, ma da un punto strettamente tecnico è forse il suo film più lineare e "semplice" con un gran bel piano sequenza e altre scene che lasciano a bocca aperta, ma da qui all'Oscar...Tom McCarthy lo abbiamo scoperto con Station Agent nel lontano 2003, film che ci ha fatto tra l'altro conoscere Peter Dinklage prima che vestisse i regali panni del fantastico Tyrion Lannister del Trono di Spade, e ci aveva incantato con l'Ospite Inatteso (2007) merito anche di un Richard Jenkins in stato di grazia... ne Il Caso Spotlight districa con lucidità un materiale incandescente e aggrovigliato, crea un labirinto più oscuro di quello dell'Overlook Hotel e ci accompagna ordinatamente all'uscita, ma da un regista come lui ci aspettiamo più del compito ordinato che ci ha consegnato, ci aspettiamo follia e libertà di ripresa, fosse pure di una inquadratura, tanta pulizia c'è rischio che annoi un po'... Ho lasciato per ultimo Lenny Abrahamson un po' perchè è il meno noto fra i registi un po' perchè la sua regia è quella che più lascia il segno, quella che spiazza e ricompensa, quella che disturba e che accarezza, quella che spiega e tace, quella che non pretende e non da certezze, quella che all'uscita dal cinema ci fa chiedere "che altri film ha girato Abrahamson? voglio vederli" riconoscimento più gratificante dell'Oscar che però se arrivasse sarebbe ampiamente meritato.
Chi avrebbe dovuto esserci e non c'è:
Tarantino, Quentin Tarantino, Tarantino Quentin... Il miglior regista di cinema cinema, il miglior traghettator di anime perse e il miglior agitatore di folle, capace di chiedere ai suoi attori (o non chiedere ed ottenere proprio per questo) interpretazioni uniche e impensabili su un altro set... solo lui sa far ridere mentre mette in scena una carneficina, e quelle luci blu e gialle del Minnie Harbedashery sono indimenticabili così come la tensione che rompe il fischio del vento, ora lieve come il sorriso di Minnie che impara il francese ora densa come la zuppa fumante che bolle in pentola... splatter, pulp, ridondante? Sì, e per fortuna! Paolo Sorrentino, perchè Youth è tutto frutto del suo genio barocco, perchè vive di scene magnificamente orchestrate, si nutre del suo talento visivo e visionario, e gli attori si muovono all'unisono con la musica, impronta tipica fin dai suoi primi film...e poi Tom Hooper, tanto acclamato per Il Discorso del Re e tanto poco valorizzato per The Danish Girl, film bello, forse troppo pacato, patinato ed elegante per risultare vincente, ma che meritava di più, perchè le scene della trasformazione di Redmayne e della seduzione che prova verso una nuova se stessa sono girate con una maestria rara.
Miglior Attore Protagonista
Fermo restando che DiCaprio l'Oscar lo ha già vinto sui media di tutto il mondo e quindi celebriamo già la sua prima statuetta, non si può non dire che Eddie Redmayne è bravissimo (ma due Oscar di seguito sono quanto meno improbabili...) nei panni del primo transgender europeo, mai scomposto e mai esaltato con una partner straordinaria, Alicia Vikander che nella categoria non protagoniste si farà strada... Di Matt Damon non c'è granchè da dire, se non che fa Matt Damon, cioè un attore concreto, corposo, che non sbanda ma neanche incanta... Anche Micheal Fassbender fa Michael Fassbender, e già non è poco, ma fa anche uno straordinario Steve Jobs cui regala posture e lampi di genio, crudeltà e malinconia e se non fosse che DiCaprio va risarcito per l'orso, il freddo... avrebbe molte carte da giocare a suo favore. Come ne avrebbe molte, e anche di più, Bryan Cranston, attore sconosciuto a chi non ha seguito la serie Tv Breaking Bad ma che è straordinario nell'interpretare lo sceneggiatore più famoso di Hollywood, che vinse ben due Oscar in incognito perchè sulla lista nera ai tempi del maccartismo (di cui uno con Vacanze Romane tanto per dire...) dando vita ad un bellissimo ritratto di uomo in eterno bilico fra trionfo e sconfitta in un film dove le testimonianze reali davanti alla commissione d'inchiesta di John Wayne o di Edward G. Robinson sono perle preziose per gli amanti della Hollywood che fu.
Chi avrebbe dovuto esserci e invece non c'è:
Sicuramente Idris Elba per "Beast of No nation", capo carismatico di un esercito di bambini smarriti, un Peter Pan dei nostri tempi con tutti i lati oscuri che ogni Peter Pan ha, ma anche Mark Ruffalo per "Teneramente folle", ritratto senza ghirigori di un padre amorevole ma bipolare, marito innamorato ma incontrollabile nei momenti maniacali, davvero difficile interpretarlo meglio... e poi due grandi vecchi, Robert Redford e Nick Nolte che in "Walk in the wood" non offrono certo la loro migliore interpretazione di tutti i tempi ma che ci regalano guizzi comici e corpi goffi che fanno sussultare il cuore di chi li ha amati.
Miglior Attrice Protagonista
Anche qui c'è una super favorita, ed è Cate Blanchett, una Carol elegante, algida, mai doma anche quando si deve piegare, mai vinta anche quando sconfitta grazie ad uno stile che ricorda Lauren Bacall. Brava? sì, certo, brava al punto da essere così favorita agli Oscar? No, il fatto è che manca una Meryl Streep nella cinquina quest'anni, e così ecco che anche la sua onesta lezioncina sui diritti a vivere l'amore contro tutte le convenzioni sociali splende più di quel che merita... Jennifer Lawrence è l'altra star che in questo caso insegue il bis ma la sua Joy non ha la forza espressiva della strampalata creatura che la portò all'Oscar con The Silver Lining, e il "lato positivo" della questione stavolta è che la sua casalinga con il pallino delle invenzioni - e che ha di fatto rivoluzionato le faccende domestiche inventando il Mocio - si lascia guardare, soprattutto quando duetta con De Niro e con Bradley Cooper già suoi complici nel film che la portò all'Oscar, e ci fa dare un'occhiata al surreale mondo delle televendite televisive americane. Una nomination che pesa è quella di Charlotte Rampling, dolente e attempata moglie che deve rimettere in discussione tutta la propria esistenza dopo l'arrivo di una lettera... naturalmente pesa molto anche la splendida carriera della Rampling che meriterebbe un Oscar anche solo per aver fino ad oggi resistito alla tentazione filler botulino & Co... Le due outsider sono in realtà quelle che meriterebbero di più la statuetta, e cioè Brie Larson e Saoirse Ronan, e se le accomuno è perchè la loro recitazione a sottrarre condiziona positivamente i loro rispettivi film, e perchè i loro volti semplici, coraggiosi e sinceri escono potentemente dallo schermo e ci regalano due nuove protagoniste che se faranno le scelte giuste potranno essere presenti a molte serate degli Oscar.
Chi avrebbe dovuto esserci e invece non c'è:
Naturalmente Melissa McCarty per Spy e dico naturalmente perchè le attrici comiche difficilmente guadagnano il proscenio, però lei ha tempi comici straordinari e bisognerà che prima o poi l'Academy se ne accorga e le dia il giusto merito oltre a divertirsi come matti a guardare i suoi film ma a negarlo in pubblico... Maggie Smith, una strepitosa Lady in the Van, ma anche una incantevole Muriel Donnelly nel "Ritorno al Marigold Hotel" film trascurabile se non fosse per la presenza titanica della Smith e delle sue battute britanniche che incantano da ben sei stagioni gli appassionati di Downton Abbey. E per ultimo Kate Winslet che è candidata come miglior attrice non protagonista per Steve Jobs e se andiamo a vedere i minuti di presenza sullo schermo con il bilancino ci sta, ma che con il suo accento polacco (nella versione originale è un valore aggiunto) e la sua malcelata disperazione nel dover fungere da traduttore emotivo per Jobs poteva grandemente beneficiare di un upgrade nella cinquina delle protagoniste.
Chi avrebbe dovuto esserci e invece non c'è:
Sicuramente "The Hatefull Eight" perchè il genio di Tarantino racchiuso in una stanza che avrebbe incantato anche Agatha Christie andava assolutamente inserito nei candidati, "The beast of no nation" perchè è una vergognosa (o colpevole?) dimenticanza lasciare fuori un capolavoro di atroce poesia come la storia dei bambini guerrieri (ed è inutile anche farne una questione razziale, qui manca proprio la cultura cinematografica...), "The Dresser" produzione BBC remake de "Il servo di Scena" con Anthony Hopkins e Ian Mc Kellan che più immensi non si può, "Vizio di Forma" film d'atmosfera straordinario con un Joaquin Phoenix mai così bravo, ma sì sa, Paul Thomas Anderson dopo Magnolia non ha raccolto quanto avrebbe meritato, e "Steve Jobs" di cui ignoro l'autenticità e la verosimiglianza e di cui non giudico vertenze legali, polemiche e disconoscimenti vari, ma che cinematograficamente vanta due o tre scene che incantano e che ha uno script teso e originale che ne fanno ben più di un biopic.
Miglior Regia
- Lenny Abrahamson - Room
- Alejandro González Iñárritu - Revenant - Redivivo (The Revenant)
- Tom McCarthy - Il caso Spotlight (Spotlight)
- Adam McKay - La grande scommessa (The Big Short)
- George Miller - Mad Max: Fury Road
Cinquina sdrucciolevole e poco maneggievole, nel senso che manca un carico da 90 in grado di subissare gli altri, ci sono però mani dalla presa ferma e dallo stile personale che meritano la nomination e qualcosa di più. Parliamo sicuramente di quelle di George Miller, padre di Mad Max fin dal 1979 che oggi si diletta con gli echi del passato per reinventare un genere dando vita ad un prodotto fatto di saturazione e contrasto, di psichedelici inseguimenti e struggenti monologhi che ricordano i replicanti di Scott. Ci vuole coraggio e fiato per premere sull'acceleratore e non staccare mai, e Miller ce l'ha, lasciando un'impronta profonda sul cuore dello spettatore, consapevole che Max non sarebbe Max, e men che meno Mad senza il genio di Miller. Altra grande mano è quella di Adam McKay che invece di fare ciò che dovrebbe fare un regista che vuole raccontare la crisi economica degli anni scorsi fa l'esatto contrario (del resto la sua primogenitura è il Saturaday Night Live e lì non si scherza mica, lì si fa ridere sul serio) rivoluzionando le regole dello script, aggiungendo dove si dovrebbe sottrarre e togliendo quando potrebbe lasciare la macchina accesa, e il risultato è strepitoso, innovativo, indifferente di fronte al dilemma "Ma la gente capirà cosa sono gli hedge fund e i credit default swap?", unico modo per fare cinema, grande cinema, e non un reportage sui mutui subprime. Alejandro González Iñárritu è un grande talento, Birdman lo ha dimostrato, ma anche Amore Perros, Biutiful... Revenant è il suo capolavoro? Forse come complessità e come impegno, perchè imponente è stato il lavoro e lo sforzo, ma da un punto strettamente tecnico è forse il suo film più lineare e "semplice" con un gran bel piano sequenza e altre scene che lasciano a bocca aperta, ma da qui all'Oscar...Tom McCarthy lo abbiamo scoperto con Station Agent nel lontano 2003, film che ci ha fatto tra l'altro conoscere Peter Dinklage prima che vestisse i regali panni del fantastico Tyrion Lannister del Trono di Spade, e ci aveva incantato con l'Ospite Inatteso (2007) merito anche di un Richard Jenkins in stato di grazia... ne Il Caso Spotlight districa con lucidità un materiale incandescente e aggrovigliato, crea un labirinto più oscuro di quello dell'Overlook Hotel e ci accompagna ordinatamente all'uscita, ma da un regista come lui ci aspettiamo più del compito ordinato che ci ha consegnato, ci aspettiamo follia e libertà di ripresa, fosse pure di una inquadratura, tanta pulizia c'è rischio che annoi un po'... Ho lasciato per ultimo Lenny Abrahamson un po' perchè è il meno noto fra i registi un po' perchè la sua regia è quella che più lascia il segno, quella che spiazza e ricompensa, quella che disturba e che accarezza, quella che spiega e tace, quella che non pretende e non da certezze, quella che all'uscita dal cinema ci fa chiedere "che altri film ha girato Abrahamson? voglio vederli" riconoscimento più gratificante dell'Oscar che però se arrivasse sarebbe ampiamente meritato.
Chi avrebbe dovuto esserci e non c'è:
Tarantino, Quentin Tarantino, Tarantino Quentin... Il miglior regista di cinema cinema, il miglior traghettator di anime perse e il miglior agitatore di folle, capace di chiedere ai suoi attori (o non chiedere ed ottenere proprio per questo) interpretazioni uniche e impensabili su un altro set... solo lui sa far ridere mentre mette in scena una carneficina, e quelle luci blu e gialle del Minnie Harbedashery sono indimenticabili così come la tensione che rompe il fischio del vento, ora lieve come il sorriso di Minnie che impara il francese ora densa come la zuppa fumante che bolle in pentola... splatter, pulp, ridondante? Sì, e per fortuna! Paolo Sorrentino, perchè Youth è tutto frutto del suo genio barocco, perchè vive di scene magnificamente orchestrate, si nutre del suo talento visivo e visionario, e gli attori si muovono all'unisono con la musica, impronta tipica fin dai suoi primi film...e poi Tom Hooper, tanto acclamato per Il Discorso del Re e tanto poco valorizzato per The Danish Girl, film bello, forse troppo pacato, patinato ed elegante per risultare vincente, ma che meritava di più, perchè le scene della trasformazione di Redmayne e della seduzione che prova verso una nuova se stessa sono girate con una maestria rara.
Miglior Attore Protagonista
- Bryan Cranston - L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo (Trumbo)
- Matt Damon - Sopravvissuto - The Martian (The Martian)
- Leonardo DiCaprio - Revenant - Redivivo (The Revenant)
- Michael Fassbender - Steve Jobs
- Eddie Redmayne - The Danish Girl
Fermo restando che DiCaprio l'Oscar lo ha già vinto sui media di tutto il mondo e quindi celebriamo già la sua prima statuetta, non si può non dire che Eddie Redmayne è bravissimo (ma due Oscar di seguito sono quanto meno improbabili...) nei panni del primo transgender europeo, mai scomposto e mai esaltato con una partner straordinaria, Alicia Vikander che nella categoria non protagoniste si farà strada... Di Matt Damon non c'è granchè da dire, se non che fa Matt Damon, cioè un attore concreto, corposo, che non sbanda ma neanche incanta... Anche Micheal Fassbender fa Michael Fassbender, e già non è poco, ma fa anche uno straordinario Steve Jobs cui regala posture e lampi di genio, crudeltà e malinconia e se non fosse che DiCaprio va risarcito per l'orso, il freddo... avrebbe molte carte da giocare a suo favore. Come ne avrebbe molte, e anche di più, Bryan Cranston, attore sconosciuto a chi non ha seguito la serie Tv Breaking Bad ma che è straordinario nell'interpretare lo sceneggiatore più famoso di Hollywood, che vinse ben due Oscar in incognito perchè sulla lista nera ai tempi del maccartismo (di cui uno con Vacanze Romane tanto per dire...) dando vita ad un bellissimo ritratto di uomo in eterno bilico fra trionfo e sconfitta in un film dove le testimonianze reali davanti alla commissione d'inchiesta di John Wayne o di Edward G. Robinson sono perle preziose per gli amanti della Hollywood che fu.
Chi avrebbe dovuto esserci e invece non c'è:
Sicuramente Idris Elba per "Beast of No nation", capo carismatico di un esercito di bambini smarriti, un Peter Pan dei nostri tempi con tutti i lati oscuri che ogni Peter Pan ha, ma anche Mark Ruffalo per "Teneramente folle", ritratto senza ghirigori di un padre amorevole ma bipolare, marito innamorato ma incontrollabile nei momenti maniacali, davvero difficile interpretarlo meglio... e poi due grandi vecchi, Robert Redford e Nick Nolte che in "Walk in the wood" non offrono certo la loro migliore interpretazione di tutti i tempi ma che ci regalano guizzi comici e corpi goffi che fanno sussultare il cuore di chi li ha amati.
Miglior Attrice Protagonista
- Cate Blanchett - Carol
- Brie Larson - Room
- Jennifer Lawrence - Joy
- Charlotte Rampling - 45 anni (45 Years)
- Saoirse Ronan - Brooklyn
Anche qui c'è una super favorita, ed è Cate Blanchett, una Carol elegante, algida, mai doma anche quando si deve piegare, mai vinta anche quando sconfitta grazie ad uno stile che ricorda Lauren Bacall. Brava? sì, certo, brava al punto da essere così favorita agli Oscar? No, il fatto è che manca una Meryl Streep nella cinquina quest'anni, e così ecco che anche la sua onesta lezioncina sui diritti a vivere l'amore contro tutte le convenzioni sociali splende più di quel che merita... Jennifer Lawrence è l'altra star che in questo caso insegue il bis ma la sua Joy non ha la forza espressiva della strampalata creatura che la portò all'Oscar con The Silver Lining, e il "lato positivo" della questione stavolta è che la sua casalinga con il pallino delle invenzioni - e che ha di fatto rivoluzionato le faccende domestiche inventando il Mocio - si lascia guardare, soprattutto quando duetta con De Niro e con Bradley Cooper già suoi complici nel film che la portò all'Oscar, e ci fa dare un'occhiata al surreale mondo delle televendite televisive americane. Una nomination che pesa è quella di Charlotte Rampling, dolente e attempata moglie che deve rimettere in discussione tutta la propria esistenza dopo l'arrivo di una lettera... naturalmente pesa molto anche la splendida carriera della Rampling che meriterebbe un Oscar anche solo per aver fino ad oggi resistito alla tentazione filler botulino & Co... Le due outsider sono in realtà quelle che meriterebbero di più la statuetta, e cioè Brie Larson e Saoirse Ronan, e se le accomuno è perchè la loro recitazione a sottrarre condiziona positivamente i loro rispettivi film, e perchè i loro volti semplici, coraggiosi e sinceri escono potentemente dallo schermo e ci regalano due nuove protagoniste che se faranno le scelte giuste potranno essere presenti a molte serate degli Oscar.
Chi avrebbe dovuto esserci e invece non c'è:
Naturalmente Melissa McCarty per Spy e dico naturalmente perchè le attrici comiche difficilmente guadagnano il proscenio, però lei ha tempi comici straordinari e bisognerà che prima o poi l'Academy se ne accorga e le dia il giusto merito oltre a divertirsi come matti a guardare i suoi film ma a negarlo in pubblico... Maggie Smith, una strepitosa Lady in the Van, ma anche una incantevole Muriel Donnelly nel "Ritorno al Marigold Hotel" film trascurabile se non fosse per la presenza titanica della Smith e delle sue battute britanniche che incantano da ben sei stagioni gli appassionati di Downton Abbey. E per ultimo Kate Winslet che è candidata come miglior attrice non protagonista per Steve Jobs e se andiamo a vedere i minuti di presenza sullo schermo con il bilancino ci sta, ma che con il suo accento polacco (nella versione originale è un valore aggiunto) e la sua malcelata disperazione nel dover fungere da traduttore emotivo per Jobs poteva grandemente beneficiare di un upgrade nella cinquina delle protagoniste.