Trapianto di Cuore in Età Pediatrica il trattamento di cardiopatie congenite con scompenso - L'evoluzione della tecnica di Barnard - Nuovi immunosoppressori antirigetto che non interferiscono con lo sviluppo del bambino Prof. Adriano Carotti, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma
La maggior parte delle cardiopatie congenite viene oggi identificata tramite l'ecografia fetale, permettendo nella grande maggioranza dei casi di intervenire con una chirurgia perinatale in grado di correggere il difetto, ma in tutti quei casi in cui nel tempo si arrivi ad uno scompenso cardiaco congestizio la possibilità di ricorrere ad un trapianto di cuore è oggi un'opzione sempre più sicura, con tecniche che sono la diretta evoluzione della cosiddetta tecnica di Barnard e soprattutto farmaci immunosoppressori anti rigetto che non interferiscono con lo sviluppo del bambino. Parliamo di tutto questo con il Prof. Adriano Carotti, Responsabile dell'Unità di Cardiochirurgia dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma che ci ha spiegato come oggi molti bambini con cardiopatia congenita riescono ad essere curati con tecniche chirurgiche d'avanguardia ma che in caso si debba arrivare al trapianto si può arrivare ad una chirurgia che negli anni ha visto l'evoluzione della tecnica di Barnard con nuove modalità di confezione della anastomosi atriali con una tecnica bicavale per rendere più efficace l'attività dell'atrio destro nativo. Parliamo poi delle donazioni di organi in Italia che sono sempre legate a momenti di slancio emotivo (il caso Nicholas Green su tutti) e poi periodicamente scendono al di sotto del numero necessario, anche se oggi si può ovviare questa cronica mancanza con la possibilità di rigenerare anche organi che abbiano subito lunghe ischemie (dovute ad esempio da un prelievo a lunga distanza) con procedure extracorporee che li rendono utilizzabili al meglio anche per bambini con anomalie complesse. E in conclusione affrontiamo con il Professore un capito importante, quello dei farmaci antirigetto, gli immunosoppressori necessari dopo un trapianto per evitare rigetto e che oggi sono in grado di ridurre le complicanze a lungo termine non andando ad interferire con lo sviluppo del bambino (come invece facevano in passato i corticosteroidi) e riducendo l'incidenza di patologie anche gravi nel tempo, rendendo quindi migliore la qualità di vita dei bambini trapiantati, che possono essere restituiti al loro futuro nel modo più completo possibile.
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