Dispositivi Idraulici Endocavernosi
Chirurgia Riabilitativa per la Disfunzione Erettile post Prostatectomia Radicale o per Fibrosi dei Corpi Cavernosi Tecnica Mininvasiva con accesso dalla base del pene
con Impianto tricomponente antibiotato per evitare infezioni
Dott. Gabriele Antonini, Policlinico Umberto I, Roma
Le tecniche chirurgiche laparoscopiche o robotiche per l'asportazione di un tumore alla prostata permettono oggi una chirurgia mininvasiva e con altissime percentuali di eradicazione del tumore e di guarigione, ma in alcuni casi le complicanze post chirurgiche, e cioè incontinenza ed impotenza sono gravose soprattutto per quegli uomini che grazie alla diagnosi precoce attraverso il dosaggio del PSA hanno affrontato la malattia in età giovanile. Ma l'impotenza non riguarda solo gli interventi alla prostata, anche alcuni interventi sul colon possono dare come conseguenza problemi di erezione, e anche la fibrosi dei corpi cavernosi come conseguenza di un diabete scompensato ad esempio può richiedere un trattamento. Trattamento che in tutti questi casi consiste inizialmente nell'uso di farmaci orali o nella farmacoinfusione direttamente sul pene. Ma purtroppo non sempre il risultato è soddisfacente e allora la soluzione chirurgica può essere l'unica soluzione in grado di ridare una buona qualità di vita. Ma di che chirurgia stiamo parlando? E perchè ancora pochi pazienti ne usufruiscono quando invece la chirurgia riabilitativa è parte integrante di un percorso di guarigione? Per conoscere meglio le tecniche più all'avanguardia abbiamo incontrato il Dott. Gabriele Antonini, Specialista in Urologia e Andrologia nell'Unità di Urologia al Policlinico Umberto I di Roma che ha spiegato che l'impianto idraulico endocavernoso tricomponente che si usa più frequentemente è composto da un reservoire che contiene della soluzione fisiologica, due cilindri che andranno posizionati nei corpi cavernosi e una pompa che verrà inserita nello scroto dove non sarà assolutamente visibile con cui si può azionare il meccanismo che facendo affluire acqua dal reservoire ai cilindri permette una erezione. La tecnica più innovativa prevede un accesso dalla base del pene nella zona della sinfisi pubica quindi, con un taglio di circa 2 centimetri, invece del classico accesso scrotale riservato ormai ai casi in cui vi sia una fibrosi grave o altre complicanze. L'intervento ha una durata di circa 30 minuti in anestesia loco regionale e una degenza minima essendo mininvasivo e già dopo circa due mesi si può tornare ad una normale attività sessuale. Il grande pericolo delle infezioni quando si impianta una protesi viene in questo caso minimizzato al massimo dall'utilizzo di protesi antibiotate - quindi con un antibiotico all'interno che viene rilasciato per circa 30 giorni - e dalla somministrazione di antibiotici per via orale. Fondamentale in questo tipo di interventi non aspettare troppo tempo dall'insorgenza del problema primo perchè l'impotenza può avere come conseguenza ansia e impotenza che impediscono una ripresa di vita normale dopo la risoluzione del problema oncologico che ovviamente resta sempre una priorità, e secondo perchè a volte le ripetute iniezioni di farmaci sul pene possono portare ad un accorciamento dell'organo e una fibrosi che rendono poi l'intervento più complesso.
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