“Formazione Informazione e Comunicazione nella PMA”
Da un’indagine conoscitiva condotta tra operatori del settore e giovani studenti di medicina e non, emerge una grande lacuna rispetto al tema della correlazione tra aumento dell’età della donna e diminuzione della sua fertilità
– Che il periodo più fertile[i] per una donna sia tra i 20 e i 25 anni e che la fertilità subisca un considerevole calo dai 35 ai 40 per poi subire un ulteriore declino, sembrava fosse ormai noto. Sono innumerevoli ed autorevoli i dibattiti svolti tra “addetti ai lavori”, le campagne di informazione e di sensibilizzazione rivolte al pubblico ed entrambi supportati da eloquenti dati scientifici, sociologici e statistici ed il tutto con notevoli sforzi da parte di società scientifiche, centri di PMA pubblici e privati, istituzioni: eppure sembra che ancora molto ci sia da fare sia in termini di formazione dei futuri operatori sanitari, sia nel campo dell’informazione pubblica perché lo strettissimo legame tra età della donna e la sua fertilità venga realmente compreso.
E’ quanto è emerso da un’indagine conoscitiva presentata oggi presso il Ministero della Salute e realizzata da un’equipe di esperti guidati dalla dottoressa Maria Giuseppina Picconeri - ginecologa specialista in medicina della riproduzione e direttrice del centro NIKE Medical Center di Roma -. Ad essere intervistati sono stati operatori del settore – tra ginecologi, ostetriche studenti di medicina dell’ultimo anno e specializzandi in ostetricia e ginecologia provenienti da diverse regioni italiane, - e un campione di “non addetti ai lavori”, questi ultimi di un’età compresa tra i 23 ed i 30 anni circa e studenti della facoltà di Psicologia dell’università di Roma la Sapienza, studenti della Facoltà di Scienze Politiche di Roma Tre e le studentesse di una nota scuola di specializzazione tecnica di Roma.
“Ancora oggi, in occasione della loro prima visita presso uno specialista di PMA, le nostre pazienti[ii] (nb: in Italia l’età media della donna alla sua prima visita per problemi di fertilità è intorno ai 36.3 anni rispetto ad una media al di sotto dei 30 anni negli USA) ci rivolgono frequentemente proprio questa domanda: “come è possibile che io, avendo superato i 40 anni, abbia poche probabilità di ottenere una gravidanza, quando ci sono persone che l’ottengono a 50 anni ed oltre?” In quel preciso istante – ha dichiarato la dott.ssa Picconeri, commentando i dati dell’indagine - lo specialista si rende conto del fatto che, nonostante molto si sia già fatto per chiarire tutti gli aspetti legati alla correlazione tra aumento dell’età e diminuzione della fertilità femminile, il livello di informazione del pubblico rispetto a questo tema non è ancora sufficiente, ma soprattutto c’è ancora molto da fare sul tema della formazione dei futuri medici e specialisti per ciò che concerne la medicina della riproduzione.
Dall’indagine emerge innanzitutto che nel percorso formativo degli operatori sanitari non è dato rilievo e dovuta attenzione alla medicina della riproduzione: circa il 70% degli specializzandi, il 60% delle ostetriche e il 30% dei ginecologi ed il 90% degli studenti intervistati ha infatti dichiarato di non aver mai frequentato un reparto di medicina della riproduzione, meno del 20% dei ginecologi ha dichiarato invece di averne frequentato uno per più di un anno.
Non deve quindi sorprendere che le risposte ai questi riguardanti la prevenzione e la diagnosi dell’infertilità non siano risultate univoche tra gli operatori del settore ed ancora più importante è la constatazione che a 38 anni dalla nascita della prima bambina con le tecniche di PMA, la preparazione degli studenti di medicina dell’ultimo anno, sembra essere ancora molto confusa e non adeguata alle esigenze delle loro future pazienti.
Quasi il 40% tra gli studenti e gli specializzandi intervistati ritiene che nelle donne il concepimento e il completamento della gravidanza spontanea siano possibili, salvo rare eccezioni, fino a ben oltre i 45 anni e che sia possibile attraverso le tecniche di riproduzione assistita spostare in avanti questo limite fino ai 50. Non disponiamo di dati certi rispetto alla percentuale di gravidanze spontanee tra le donne di quest’età ma disponiamo dei dati del registro nazionale della PMA, secondo i quali dopo i 43 anni le probabilità di ottenere una gravidanza omologa (con i propri ovociti) sono estremamente ridotte (intorno al 5%), mentre sono certamente più confortanti le probabilità di ottenerla, ma non senza difficoltà e soprattutto in Italia, ricorrendo all’eterologa (60-70%).
Dall’analisi dei dati dell’indagine emerge quindi che anche fra i ginecologi già formati non vi sia un univoco approccio alle problematiche della fertilità e al trattamento dell’infertilità, soprattutto come dimostrato dalle risposte alle domande più specifiche riguardo al trattamento delle patologie ad essa associate. Per ciò che concerne i dati relativi alle interviste somministrate agli studenti non operatori è emerso che anche se vi è un atteggiamento positivo verso la maternità (quasi l’80% del campione ha risposto di desiderare un bambino) e la maggior parte degli intervistati sembra sapere che il periodo più fertile sia nell’età più giovane (più del 50% del campione ritiene che sia tra i 20 e 25 anni), l’eventuale progetto di maternità viene comunque post-posto di circa 10 anni rispetto alla fascia di età ritenuta più fertile.
Vi è consapevolezza che la fertilità possa dipendere da entrambi i partner e più del 60% degli intervistati ritiene che l’età della donna sia il fattore principale in grado di ridurre la probabilità di gravidanza, ma vi sono ancora molti miti e preconcetti per quanto riguarda la contraccezione e la fertilità, dal momento che, per esempio, circa il 70% del campione pensa che l’uso della pillola anticoncezionale possa ridurre la fertilità in futuro. Infine, la maggior parte dei giovani (più del 90% del campione totale) conosce la PMA o ne ha sentito parlare ma vi è ancora una scarsa conoscenza e fiducia rispetto a queste tecniche.
“In conclusione – ha aggiunto l’esperta - la nostra indagine evidenzia come sia tra gli operatori sanitari così come tra la gente comune vi sia una contraddittorietà fra le conoscenze e le pratiche individuali. Gli operatori sanitari non hanno un’adeguata formazione per quanto riguarda la Medicina della Riproduzione e ciò influisce sull’attività professionale degli stessi, comportando una non corretta informazione agli utenti e condizionando anche la comunicazione trasmessa dai media. Le informazioni che l’utente finale percepisce sono quindi confuse e contraddittorie ed influiscono negativamente sulle scelte delle donne per quanto riguarda la loro fertilità ed un eventuale progetto di maternità.”
[i] Nella donna, la quantità massima di ovociti (6/7 milioni) è presente nel feto femminile intorno alla ventesima settimana di gestazione; già alla nascita la quantità di ovociti sarà pari circa a 1/2 milioni, che diverrà addirittura 300/500 mila alla pubertà, di 25 mila all’età di 37 anni e infine di soli 1000 all’età di 51 anni (età media dell’esordio della menopausa negli Stati Uniti).
[ii] Le donne italiane ricorrono alle tecniche di PMA sempre più tardi: i dati più recenti riferiti al 2007 dimostrano che l'età media è addirittura aumentata negli anni, era infatti di 35,4 anni nel 2005 contro 36,0 del 2007. Le donne italiane fanno figli più tardi di quasi tutte le altre donne europee. Si sposano in media a 28 anni, partoriscono il primo figlio a 30 (un anno in più rispetto alla media europea), e hanno meno figli delle altre europee (1.22 contro 1.44).
E’ quanto è emerso da un’indagine conoscitiva presentata oggi presso il Ministero della Salute e realizzata da un’equipe di esperti guidati dalla dottoressa Maria Giuseppina Picconeri - ginecologa specialista in medicina della riproduzione e direttrice del centro NIKE Medical Center di Roma -. Ad essere intervistati sono stati operatori del settore – tra ginecologi, ostetriche studenti di medicina dell’ultimo anno e specializzandi in ostetricia e ginecologia provenienti da diverse regioni italiane, - e un campione di “non addetti ai lavori”, questi ultimi di un’età compresa tra i 23 ed i 30 anni circa e studenti della facoltà di Psicologia dell’università di Roma la Sapienza, studenti della Facoltà di Scienze Politiche di Roma Tre e le studentesse di una nota scuola di specializzazione tecnica di Roma.
“Ancora oggi, in occasione della loro prima visita presso uno specialista di PMA, le nostre pazienti[ii] (nb: in Italia l’età media della donna alla sua prima visita per problemi di fertilità è intorno ai 36.3 anni rispetto ad una media al di sotto dei 30 anni negli USA) ci rivolgono frequentemente proprio questa domanda: “come è possibile che io, avendo superato i 40 anni, abbia poche probabilità di ottenere una gravidanza, quando ci sono persone che l’ottengono a 50 anni ed oltre?” In quel preciso istante – ha dichiarato la dott.ssa Picconeri, commentando i dati dell’indagine - lo specialista si rende conto del fatto che, nonostante molto si sia già fatto per chiarire tutti gli aspetti legati alla correlazione tra aumento dell’età e diminuzione della fertilità femminile, il livello di informazione del pubblico rispetto a questo tema non è ancora sufficiente, ma soprattutto c’è ancora molto da fare sul tema della formazione dei futuri medici e specialisti per ciò che concerne la medicina della riproduzione.
Dall’indagine emerge innanzitutto che nel percorso formativo degli operatori sanitari non è dato rilievo e dovuta attenzione alla medicina della riproduzione: circa il 70% degli specializzandi, il 60% delle ostetriche e il 30% dei ginecologi ed il 90% degli studenti intervistati ha infatti dichiarato di non aver mai frequentato un reparto di medicina della riproduzione, meno del 20% dei ginecologi ha dichiarato invece di averne frequentato uno per più di un anno.
Non deve quindi sorprendere che le risposte ai questi riguardanti la prevenzione e la diagnosi dell’infertilità non siano risultate univoche tra gli operatori del settore ed ancora più importante è la constatazione che a 38 anni dalla nascita della prima bambina con le tecniche di PMA, la preparazione degli studenti di medicina dell’ultimo anno, sembra essere ancora molto confusa e non adeguata alle esigenze delle loro future pazienti.
Quasi il 40% tra gli studenti e gli specializzandi intervistati ritiene che nelle donne il concepimento e il completamento della gravidanza spontanea siano possibili, salvo rare eccezioni, fino a ben oltre i 45 anni e che sia possibile attraverso le tecniche di riproduzione assistita spostare in avanti questo limite fino ai 50. Non disponiamo di dati certi rispetto alla percentuale di gravidanze spontanee tra le donne di quest’età ma disponiamo dei dati del registro nazionale della PMA, secondo i quali dopo i 43 anni le probabilità di ottenere una gravidanza omologa (con i propri ovociti) sono estremamente ridotte (intorno al 5%), mentre sono certamente più confortanti le probabilità di ottenerla, ma non senza difficoltà e soprattutto in Italia, ricorrendo all’eterologa (60-70%).
Dall’analisi dei dati dell’indagine emerge quindi che anche fra i ginecologi già formati non vi sia un univoco approccio alle problematiche della fertilità e al trattamento dell’infertilità, soprattutto come dimostrato dalle risposte alle domande più specifiche riguardo al trattamento delle patologie ad essa associate. Per ciò che concerne i dati relativi alle interviste somministrate agli studenti non operatori è emerso che anche se vi è un atteggiamento positivo verso la maternità (quasi l’80% del campione ha risposto di desiderare un bambino) e la maggior parte degli intervistati sembra sapere che il periodo più fertile sia nell’età più giovane (più del 50% del campione ritiene che sia tra i 20 e 25 anni), l’eventuale progetto di maternità viene comunque post-posto di circa 10 anni rispetto alla fascia di età ritenuta più fertile.
Vi è consapevolezza che la fertilità possa dipendere da entrambi i partner e più del 60% degli intervistati ritiene che l’età della donna sia il fattore principale in grado di ridurre la probabilità di gravidanza, ma vi sono ancora molti miti e preconcetti per quanto riguarda la contraccezione e la fertilità, dal momento che, per esempio, circa il 70% del campione pensa che l’uso della pillola anticoncezionale possa ridurre la fertilità in futuro. Infine, la maggior parte dei giovani (più del 90% del campione totale) conosce la PMA o ne ha sentito parlare ma vi è ancora una scarsa conoscenza e fiducia rispetto a queste tecniche.
“In conclusione – ha aggiunto l’esperta - la nostra indagine evidenzia come sia tra gli operatori sanitari così come tra la gente comune vi sia una contraddittorietà fra le conoscenze e le pratiche individuali. Gli operatori sanitari non hanno un’adeguata formazione per quanto riguarda la Medicina della Riproduzione e ciò influisce sull’attività professionale degli stessi, comportando una non corretta informazione agli utenti e condizionando anche la comunicazione trasmessa dai media. Le informazioni che l’utente finale percepisce sono quindi confuse e contraddittorie ed influiscono negativamente sulle scelte delle donne per quanto riguarda la loro fertilità ed un eventuale progetto di maternità.”
[i] Nella donna, la quantità massima di ovociti (6/7 milioni) è presente nel feto femminile intorno alla ventesima settimana di gestazione; già alla nascita la quantità di ovociti sarà pari circa a 1/2 milioni, che diverrà addirittura 300/500 mila alla pubertà, di 25 mila all’età di 37 anni e infine di soli 1000 all’età di 51 anni (età media dell’esordio della menopausa negli Stati Uniti).
[ii] Le donne italiane ricorrono alle tecniche di PMA sempre più tardi: i dati più recenti riferiti al 2007 dimostrano che l'età media è addirittura aumentata negli anni, era infatti di 35,4 anni nel 2005 contro 36,0 del 2007. Le donne italiane fanno figli più tardi di quasi tutte le altre donne europee. Si sposano in media a 28 anni, partoriscono il primo figlio a 30 (un anno in più rispetto alla media europea), e hanno meno figli delle altre europee (1.22 contro 1.44).