Diabete di Tipo 1 e Pancreas Artificiale Trapianto di isole pancreatiche in omento nell'intestino invece che nel fegato) per un miglior risultato - Trapianti senza uso di farmaci antirigetto il prossimo passo - I nuovi devices permettono il controllo dei valori anche a distanza Prof. Camillo Ricordi, University of Miami
Il diabete di Tipo 1, la forma più grave in cui il pancreas non è più in grado di produrre la quantità necessaria di insulina, oggi grazie ai nuovi devices (microinfusori e misuratori di glicemia che possono essere controllati anche a distanza) può essere gestito meglio che in passato e soprattutto i pazienti vanno meno incontro a crisi ipoglicemiche dal momento che i microinfusori sofisticati oggi a disposizione erogano la quantità di insulina (sia basale che in bolo) con maggior precisione, ma ci sono ancora pazienti che non riescono ad ottenere un controllo ottimale della glicemia - andando incontro a ricorrenti perdite di conoscenza a causa delle crisi ipoglicemiche - e la ricerca negli ultimi anni ha offerto loro nuove frontiere terapeutiche con il trapianto di isole pancreatiche di cui è stato pioniere il Prof. Camillo Ricordi, Direttore del Diabetes Reaserch Insitute and Cell Transplant Center dell'Università di Miami che abbiamo incontrato in occasione di un simposio a Roma a che ci ha raccontato le ultime novità in questo campo. Innanzitutto rispetto ai primi trapianti di isole che venivano impiantati nel fegato e che a causa di un processo infiammatorio andavano incontro a deterioramento con distruzione di una buona parte delle cellule, da pochi mesi è stata messa a punto una nuova tecnica che prevede l'impianto delle cellule pancreatiche in omento (la porzione sierosa peritoneale) dove hanno attecchito così bene e hanno prodotto una quantità di insulina talmente adeguata che nella prima paziente trattata dopo pochi giorni è stato possibile sospendere la somministrazione di insulina - invece di attendere i 30 giorni del protocollo - La prossima frontiera, come ci spiega il Prof. Ricordi, sarà riuscire a mettere a punto una strategia che consenta di fare un trapianto senza poi dover ricorrere alle terapie antirigetto che rendono oggi la tecnica una opzione solo per i pazienti più gravi e non per tutti. E se queste sono le frontiere più avanzate per il diabete di tipo 1, per quella che viene chiamata epidemia o addirittura pandemia del diabete di tipo 2 - che spesso è legato a stili di vita non adeguati anche se sostenuto da da predisposizione personale - è importante mettere in campo strategie di prevenzione che coinvolgano le nuove generazioni con una attenzione maggiore all'alimentazione e all'attività fisica.
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