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Oscar Wilde
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L'albero di Natale                                                       Mandateci le vostre storie,                                                                                                                  le pubblicheremo in questa sezione


Sto decorando l’Albero di Natale, e ci sto mettendo un’eternità. Ogni due minuti mi devo sedere e queste palle rosse sembrano non finire mai… maledetta fibrosi polmonare, maledetta radioterapia, maledetto tutto… e questa farsa natalizia che non so perché mi ostino a non abbandonare… anzi no, il perché lo so, il “per chi “ lo so, è per mia figlia, per mio genero, per far credere loro che anche io ci credo ancora, che anche io sono convinta che questa nuova combinazione di radio e farmaci biologici farà effetto e le metastasi si ridurranno di volume… se poi ne sia convinta veramente è un altro discorso, non me lo chiedo neanche più, dieci anni di vittorie e sconfitte mi hanno tolto ogni curiosità, se funzionerà bene, ne sarò contenta, altrimenti sarà ora di chiamare i giri, del resto, a 75 anni si può anche accettare che sia finita… ma loro hanno bisogno di altro tempo, di sapere che tutto è stato fatto, altrimenti vivranno di sensi di colpa e rimpianti e non posso permettermelo, la mia malattia ha già fatto soffrire abbastanza questa famiglia… devono vedermi combattere perché la loro voglia di combattere abbia un senso… e allora prendo un’altra palla dorata e la passo a mia figlia… però lo vedo il suo sguardo, quello sguardo che dice “questo è l’ultimo Natale che faccio l’albero con mamma” e neanche il mio sorriso può cancellare quel pensiero, neanche tutto il mio amore, neanche tutto il mio senso di colpa… sì, senso di colpa, perché a 24 anni si dovrebbe uscire a mangiare una pizza con gli amici e invece lei era accanto a me mentre facevo la chemio… e ora dieci anni dopo eccola ancora qui, con un marito meraviglioso accanto che amo come un figlio e che non ringrazierò mai abbastanza di amarla come la ama,  perché quando me ne andrò ci sarà lui ad accogliere il suo dolore… eccola qui a canticchiare Last Christmas come un mantra, come se potesse trasformarsi in un nanofarmaco e distruggere le mie cellule tumorali… li legge tutti gli articoli sui nuovi farmaci, sta ore su internet a vedere se c’è qualche studio recente, e se le chiedo “che fai?” mi dice sto leggendo una nuova ricetta da fare domenica se non hai troppa nausea… è una recita d’amore la sua, come pure la mia che fingo di crederle… c’è stato un tempo in cui ci eravamo promesse di non tacere mai nulla dei nostri sentimenti, della paura, della rabbia, della speranza… ma oggi forse la verità non è più così importante, non è necessario che lei mi dica che ha paura o che io lo dica a lei… oggi si naviga a vista, bonaccia o tempesta lo diranno i markers fra tre mesi, e questa vita a scadenza ravvicinata è un po’ una contraffazione della vita vera, perché si recita battute che ne nascondono altre, si fa finta di non sentire una notizia al telegiornale che parla di qualcosa che avverrà fra sei mesi, si ignora il fatto che la sirena sta suonando e lo schianto potrebbe essere vicinissimo.. chissà se è così che si sentono i passeggeri di un aereo che sta precipitando? Forse, ma mentre lì in una manciata di secondi si decide tutto qui sono anni che va avanti questo tango violento fra me e il cancro, quanti calci negli stinchi, quanti lividi e ammaccature, da tutte e due le parti, pechè qualche bel colpo l’ho assestato anche io come quando le metastasi polmonari si erano ridotte di oltre un terzo, e me ne sono andata in montagna a festeggiare, anche se non mi reggevo in piedi e mi erano rimasti quattro peli in testa… e ora siamo di nuovo qui, io e il mio tumore a reggere il palcoscenico, ad inscenare questo balletto grottesco in cui lui attacca e io paro i colpi, e nel frattempo devo pure mettere il puntale all’albero, perché per tradizione spetta a me… 

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