Le nuove frontiere nel Trapianto di Fegato nei bambini Le indicazioni oggi anche per patologie metaboliche oltre che atresie delle vie biliari - Il trapianto da donatore vivente (genitori) migliora le aspettative di guarigione - I nuovi farmaci anti rigetto meglio tollerati Prof. Jean de Ville de Goyet, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma
La chirurgia per i trapianti di fegato in età pediatrica negli ultimi anni è diventata sempre più sofisticata e con una percentuale di sopravvivenza così alta che oggi l'intervento sta iniziando ad avere indicazioni più ampie. Ne parliamo con il Prof. Jean de Ville de Goyet, Responsabile dell'Unità di Chirurgia epato-bilio-pancreatica e Chirurgia del Trapianto di Fegato dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma che ci ha spiegato che la maggior parte dei trapianti di fegato in età pediatrica sono dovuti alla atresia delle vie biliari, patologia che porta ad un rapido deterioramento del fegato e delle condizioni generale del bambino ma che, se diagnosticata in tempo e correttamente curata, potrebbe evitare il trapianto o spostarlo in vanti anche di venti o trenta anni. Ma oggi, accanto a quelle che possiamo definire patologie "classiche" il trapianto sta iniziando ad avere indicazione anche nelle malattie metaboliche che non mettono a rischio immediato di vita il bambino ma che ne pregiudicano fortemente la qualità di vita e che con un trapianto possono tornare ad una alimentazione del tutto normale in alcuni casi o con solo alcune limitazioni in altre. Tutto questo grazie anche alla donazione da vivente che sempre più sta estendendosi (al Bambino Gesù un trapianto su due è effettuato con donazione da vivente oggi) e il donatore è questi sempre il genitore il che garantisce tre elementi importanti: il primo è che il donatore sia una persona giovane in buona salute che ha passato tutti i controlli necessari per la sicurezza sua e del donatore (nella donazione si deve raggiungere lo 0% di rischio per il donatore e il 100% di successo per il ricevente e le cifre ormai sono prossime a questo straordinario risultato) il secondo è che si arriva al trapianto quando il bambino è ancora in buone condizioni di salute e questo facilita la ripresa post operatoria e il successo del trapianto e la terza è che la compatibilità immunogenetica è sicuramente maggiore rispetto ad un donatore estraneo al nucleo familiare, garantendo questo una migliore riuscita nel tempo del trapianto - e recenti studi ne stanno confermando sempre più la veridicità - A questo va aggiunto che oggi nella gestione del dopo trapianto si hanno a disposizione farmaci immunosoppressori meglio tollerati, che non necessitano dell'associazione con i cortisonici garantendo questo l'assenza di problematiche renali come in passato. In attesa di riuscire a mettere a punto farmaci che riescano a raggiungere la tolleranza per evitare i farmaci anti-rigetto e in questo la ricerca di laboratorio è fondamentale per la messa a punto di nuovi farmaci.
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