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TRATTARE  IL  PARKINSON  CON  "PACEMAKER  CEREBRALI"

DEEP  BRAIN  STIMULATION (DBS -  STIMOLAZIONE CEREBRALE PROFONDA) PER  IL  CONTROLLO  DEI   DISTURBI  DEL  MOVIMENTO
PER  QUALI  PAZIENTI,  PER  QUANTI  PAZIENTI?
​PROF. ALESSANDRO OLIVI, DOTT. SSA CARLA PIANO, FONDAZIONE POLICLINICO A. GEMELLI IRCCS


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Nel mese di luglio si svolge tradizionalmente la giornata mondiale del cervello che quest’anno è stata dedicata alla Malattia di Parkinson, patologia per la quale ancora non esiste ad oggi una cura, le terapie infatti sono di tipo sintomatico per contrastare i disturbi del movimento e gli altri sintomi. Da qualche anno però, per i pazienti che non rispondono ai trattamenti o per le forme più avanzate di malattia, è disponibile una tecnica chirurgica, la cosiddetta DBS, Deep Brain Stimulation o Stimolazione cerebrale Profonda, che utilizza quello che potremmo chiamare un pacemaker cerebrale, un neuro stimolatore per controllare i tremori e gli altri sintomi del Parkinson. Una tecnica che cambia radicalmente la qualità di vita dei pazienti, che ora ci si augura di poter utilizzare anche per rallentare il progredire della malattia.
Per conoscere meglio in cosa consiste la chirurgia DBS abbiamo parlato con il Prof Alessandro Olivi Direttore della UOC di Neurochirurgia della Fondazione Policlinico Gemelli, l’unico centro nel Lazio ad effettuare interventi per il trattamento avanzato dei disturbi del movimento e con la Dott.ssa Carla Piano, dell'Unità di Neurologia della Fondazione Policlinico A. Gemelli IRCCS
Fra i vari argomenti:
  • in cosa consiste la DBS. due elettrodi ultrasottili (neurostimolatori) nella parte profonda del cervello, dove si trovano i nuclei della base, strutture anatomiche di pochi millimetri, cruciali per il controllo dei movimenti.
  • Come avviene l'impianto: vengono praticati due forellini nella calotta cranica, attraverso i quali il chirurgo inserisce gli elettrodi, secondo un percorso studiato in precedenza ‘a tavolino’; la traiettoria dell’elettrodo viene guidata da un sistema di ‘neuronavigazione’, che si avvale di immagini TAC intraoperatorie e consente di arrivare con precisione al bersaglio, senza lesionare altre strutture del cervello
  • Cosa avviene dopo l'impianto: Una volta posizionati gli elettrodi, questi si collegano a un generatore di impulsi, simile alla ‘pila’ di un pacemaker, che si posiziona in una tasca sottocutanea ricavata subito sotto la clavicola. 
  • Il follow up: Il neurologo provvede quindi a ‘tarare’ la stimolazione elettrica, fino a bloccare i messaggi ‘sbagliati’ del cervello che causano i disturbi del movimento (tremori anche importanti, bradicinesia, rigidità) tipici del Parkinson. Dopo l’impianto, i pazienti vengono assistiti in un percorso di recupero motorio e sottoposti a monitoraggio ambulatoriale.
  • La tecnologia ha ulteriormente migliorato i modelli di ultima generazione e con la recente introduzione degli stimolatori direzionali ha consentito di ottenere un trattamento ancora più mirato, riducendo gli effetti indesiderati della stimolazione ed aumentandone l’efficacia. Importanti novità anche nel campo dei generatori; gli ultimi arrivati hanno una durata maggiore (fino a 25 anni) poiché sono ‘ricaricabili’ dall’esterno in modalità wireless, attraverso una sorta di collare che viene fatto indossare al paziente”.
  •  Quali sono i pazienti candidabili a questo tipo di intervento: la scelta si basa su criteri clinici relativi all’epoca d’esordio, alla durata di malattia, alla risposta alla terapia dopaminergica (questo è il parametro principale che permette di stabilire l’efficacia del trattamento chirurgico) e ai sintomi del paziente, non controllati dalla terapia farmacologica.
  • Quali sono i benefici?  I risultati della DBS sono molto importanti: i sintomi motori (rigidità, tremore, disturbi del cammino, acinesia) migliorano in modo notevole, fino al 60%; inoltre, riuscendo a ridurre la terapia farmacologica del 20-50%, migliorano anche le complicanze dovute alla terapia dopaminergica di lunga durata (movimenti involontari, fluttuazioni della sintomatologia motoria durante la giornata)”.
  • Accessibilità all'intervento: A fronte però dei numerosissimi pazienti che potrebbero beneficiare di questo trattamento sono in realtà ancora troppo pochi coloro che hanno accesso all’impianto perché pure essendo stato inserito nei LEA al momento mancano ancora dei percorsi o dei DRG dedicati.
  •  Il ruolo e l'importanza di un team multidisciplinare e un centro di riferimento (la Neurochirurgia del Gemelli è al momento l’unico centro nel Lazio ad effettuare interventi per il trattamento avanzato dei disturbi del movimento, del dolore cronico e dell’epilessia.). I neurochirurghi lavorano a stretto contatto con l’Unità di Neurologia del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS (team dei Disturbi del Movimento) che comprende tra l’altro psicologi e fisioterapisti.

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