Mi ricordo un'altalena Mandateci le vostre storie, le pubblicheremo in questa sezione
Mi ricordo
un’altalena, su cui salivo prendendo la rincorsa, chissà poi perché, e mi
ricordo che dire “mi ricordo” è ormai un lusso per me, rosicchiato da un morbo
che prende il nome da uno psichiatra e neuropatologo tedesco, Alzheimer. Prendo
i farmaci, faccio diventare matti i miei figli e mia moglie continuando a
chiedere come un disco rotto qualunque banalità quotidiana, ma soprattutto fingo
di essere soddisfatto dei colloqui con il mio neurologo, che mi si rivolge con
tono suadente mentre mi chiede se mi
piace portare a spasso il cane… sì, professore mi piace portare a spasso il
cane, ma mi piaceva di più tenere una lezione all’università… ma a lui non
importa, mi dice di non focalizzarmi su ciò che non c’è più ma di concentrarmi
su ciò che c’è ancora… ma quel che c’è ancora
poi non lo vuol mica ascoltare, e quei fogli che con tanta difficoltà ho
scritto nelle lunghe notti insonni in cui srotolavo parole forse senza senso ma
che davano un senso al mio nulla li ha guardati appena, chiedendomi di
memorizzare le parole “casa, pane, gatto” perché poi me le avrebbe chieste
nuovamente. Ma che me ne importa a me di una casa dove solo i post it scritti
da mia moglie mi ricordano come si accende la televisione , che me ne importa
del pane che non ha più nessun sapore se non quello della farina mentre una
volta aveva il sapore della cena in famiglia, che me ne importa del gatto che
tenevo in braccio mentre andavo su quell’altalena e lui si divincolava e mi
graffiava perchè aveva paura… casa, pane gatto ripeto e lui si complimenta
soddisfatto, ma mica guarda me, guarda il risultato delle sue prescrizioni, io
sono trasparente, un pezzo di vetro opaco dietro cui c’è stata una vita che il
mio medico non ha nessuna voglia di ascoltare… e tra le altre cose, perché
cazzo mi da del tu?