Malattia di Alzheimer
Gestione dei Fattori di Rischio e Comorbidità - Quali Indagini per una Diagnosi Precoce:
Test Neuropsicologici, Analisi del Liquor, Pet Cerabrale con traccianti specifici
Terapie per rallentare la progressione della malattia e per i disturbi associati (depressione, ansia, aggressività...)
Il Training alla famiglia per aiutare i pazienti nelle varie fasi
I servizi sul territorio e l'assistenza nelle fasi avanzate
Prof. Fabrizio Tagliavini, Istituto Neurologico Carlo Besta, Milano
La malattia di Alzheimer, patologia neurodegenerativa che porta ad una progressiva perdita di memoria e di capacità cognitive e di linguaggio, è purtroppo in forte crescita in tutto il mondo (circa 700 mila pazienti solo in Italia) anche a causa dell'aumentata età media della popolazione, ed è una patologia che coinvolge tutta la famiglia con grosse difficoltà di gestione quotidiana nelle fasi più avanzate. Parlare di terapie vere e proprie purtroppo è ancora prematuro ma vi sono comunque farmaci in grado di rallentare la progressione della malattia e di gestire i sintomi correlati come la depressione e l'aggressività e per poter intervenire efficacemente è fondamentale poter arrivare ad una diagnosi precoce con indagini mirate e sofisticate oggi a disposizione. Parliamo di tutto questo con il Prof. Fabrizio Tagliavini, Direttore del Dipartimento di Malattie Neurodegenerative all'Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano che ci ha spiegato come sia importante - al primo apparire di disturbi della memoria anterograda (quindi recente) effettuare dei test neuropsicologici ed esami strumentali come la risonanza magnetica che possano mettere in luce la causa dei deficit cognitivi, che potrebbero essere legati a problemi vascolari ad esempio. Nel caso vi sia il sospetto di una malattia di Alzheimer si può passare a delle indagini più sofisticate come la Pet cerebrale con tracciante fluoro-desossi-glucosio o ancora meglio con il tracciante per la Beta-Amiloide (proteina che si accumula nel cervello dei malati di Alzheimer insieme alla proteina Tau) che evidenzia eventuali accumuli ed alterazioni neuronali - questo esame non è ancora estremamente diffuso ma è sicuramente il gold standard nella diagnostica strumentale - A questo si aggiunge un esame del liquor per valutare i livelli di Beta-Amiloide e Tau (la beta-amiloide si riduce dal momento che viene trattenuta a livello cerebrale, mentre la Tau aumenta). Ultimamente si è parlato molto di un'indagine che possa rilevare la presenza di accumuli di beta-amiloide a livello della retina e si spera che in futuro questa potrà diventare un'indagine principe per la diagnosi precoce. Passando all'ambito terapeutico come si sa purtroppo non esiste ancora una terapia in grado di fermare definitivamente l'avanzata ma esistono farmaci in grado di rallentare la progressione - gli inibitori della colinesterasi che hanno come fine ultimo quello di mantenere attiva più a lungo la corteccia cerebrale e altri farmaci neuroprotettivi. A questi si aggiungono i farmaci tesi al controllo dei sintomi associati come ad esempio la depressione, l'ansia e l'aggressività. Altrettanto importante è la valutazione dei fattori di rischio e delle comorbidità che se controllate possono influire sull'andamento della malattia, e in questo caso parliamo di sindrome metabolica, obesità... e di grande rilevanza nella prevenzione è il ruolo dell'alimentazione (la dieta mediterranea è ormai riconosciuta come protettiva), dell'attività fisica e di mentenere un costante impegno intellettuale. Un capitolo importante è quello della gestione quotidiana della malattia in cui è coinvolto il paziente e la sua famiglia e a questo proposito il Professor Tagliavini ci spiega il ruolo di un training ai familiari e ai care-giver per insegnare loro come aiutare il paziente, quali errori banali non commettere (ad esempio sostituirsi al paziente quando si vede che è in difficoltà nel compiere piccoli gesti quotidiani, ma neanche forzarlo esageratamente se non si sente sicuro nel compiere qualche azione...). E in ultimo parliamo dell'importanza di una rete di servizi sul territorio, un modello di assistenza che soprattutto nelle fasi avanzate di malattia sia di supporto e di sostegno sia fisico che psicologico (l'esempio degli Alzheimer Cafè è solo uno dei tanti progetti che andrebbero incrementati) per chi convive con una patologia cronica tanto invalidante che però nelle prime fasi - che possono durare anche anni se ben gestite - può ancora permettere una buona qualità di vita purchè si impari a vivere il qui e ora.
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