Nanofarmaci sfruttano l'energia delle cellule tumorali per distruggerle con un chemioterapico mirato
L'utilizzo di nanofarmaci che tramite dei vettori - solitamente virus resi innocui - veicolano farmaci direttamente nelle cellule tumorali è l'obiettivo cui scienziati di tutto il mondo stanno lavorando nonostante le notevoli difficoltà dovute al rilascio del farmaco proprio all'interno della cellula. In questo solco si inserisce uno studio importante dell'Università del North Carolina che fa un importante passo avanti trovando il modo di arrivare al bersaglio. La scelta dei ricercatori è stata quella di rivestire il nanofarmaco di acido ialuronico che si viene a legare con le proteine che rivestono le cellule tumorali. A questo punto il vettore viene assorbito all'interno della cellula , il rivestimento si sgretola e rilascia la capsula di chemioterapico - doxorubicina in questo caso, la cosiddetta chemio rossa che viene già utilizzata con successo nei protocolli tradizionali e i filamenti di Dna che rivestono il contenitore del chemioterapico vengono liberati solo a contatto con molecole di ATP che sono quelle che compongono il nucleo della cellula tumorale e che le danno energia permettendo quindi al chemioterapico di fuoriuscire solo quando abbia raggiunto la parte più attiva e centrale della cellula. La presenza dell'ATP è in pratica una specie di segnale di "Via" per la doxorubicina che raggiunge quindi in modo estremamente mirata al cellula nel suo cuore vitale. Gli esperimenti in vitro hanno dimostrato una efficacia del 3,6% in più rispetto ai nanofarmaci che non tengono conto della presenza delle molecole di ATP e l'applicazione in vivo sui topi ha confermato l'efficacia sui tumori del seno.