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Un test sul sangue per la diagnosi precoce di Alzheimer quando si è è ancora asintomatici per iniziare le terapie anni prima dell'esordio e bloccarne lo sviluppo


Le terapie contro la Malattia di Alzheimer purtroppo si sono dimostrate sempre poco efficaci nel controllo del progredire dei sintomi di demenza progressiva, e ancora di più nel tentativo di invertire il processo di declino cognitivo. La ragione principale di questo è che solitamente si arriva ad una diagnosi quando i primi sintomi si sono già manifestati e quindi il processo diventa difficilmente arrestabile. Ma si sa ormai con certezza che anche dieci anni prima della comparsa dei primi campanelli d'allarme  -  depressione, cambi d'umore o di comportamento, scatti d'ira, perdita di memoria... - la malattia ha già cominciato a danneggiare le aree del cervello che daranno poi la compromissione macroscopica molto più avanti. E allora come riuscire ad intercettare l'insorgenza quando ancora i farmaci potrebbero bloccare il suo sviluppo? L'università di Oxoford ha studiato un gruppo di persone, alcune sane, alcune con lieve declino cognitivo ed altre con Alzheimer già conclamato e hanno valutato che nel sangue di tutti i pazienti affetti da demenza più o meno lieve era presente una molecola particolare nelle proteine del sangue che si è rivelata correlata allo sviluppo di Alzheimer nell'87% dei casi. Questo potrebbe in futuro permettere di somministrare quei farmaci che oggi non sono in grado di fermare il progredire della malattia in tempo utile e anche di testare l'efficacia di nuove molecole per arrestare il processo di alienazione e spersonalizzìzazione che è condizione tristemente nota a chiunque abbia assistito un familiare  con demenza senile.
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