• I dati a tre anni – con un follow-up mediano di 44 mesi – dello studio di Fase III CheckMate-9ER dimostrano il perdurare dei benefici in termini di sopravvivenza globale con cabozantinib più nivolumab rispetto a sunitinib, indipendentemente dal punteggio di rischio IMDC

• I dati rappresentano il follow-up più lungo riportato in qualsiasi studio di fase III di un regime immunoterapico in associazione con inibitore della tirosin-chinasi in questa popolazione
• I dati dello studio CheckMate-9ER saranno presentati all’American Society of Clinical Oncology Genitourinary Cancers Symposium (ASCO GU) con sei ulteriori abstract a supporto dell’utilizzo di cabozantinib da solo o in combinazione con immunoterapia nel carcinoma a cellule renali avanzato
Ipsen annuncia i risultati del follow-up minimo a tre anni, mediano di 44 mesi, dello studio di Fase III CheckMate-9ER che mostrano come cabozantinib in associazione con nivolumab offra benefici in termini di sopravvivenza e tasso di risposta dopo tre anni nel trattamento di prima linea del carcinoma a cellule renali avanzato (aRCC), rispetto a sunitinib.
Il carcinoma a cellule renali (RCC) è il più comune tipo di tumore del rene, costituendo circa il 90% dei casi.8 Se diagnosticato in stadio iniziale, il tasso di sopravvivenza a cinque anni è elevato, ma nei pazienti con RCC avanzato o metastatico all’ultimo stadio il tasso di sopravvivenza è molto più basso, pari a circa il 12%.9
“Nonostante i progressi della scienza e della medicina, rimane la necessità di opzioni terapeutiche che possano prolungare in modo significativo la sopravvivenza dei pazienti con carcinoma a cellule renali metastatico, specialmente di quelli ritenuti a rischio più elevato”, afferma Mauricio Burotto, Medical Director, Bradford Hill Clinical Research Center, Santiago, Cile. “Dall’aggiornamento dei risultati dello studio CheckMate-9ER vediamo che nivolumab in associazione con cabozantinib prolunga in modo duraturo la sopravvivenza e mantiene i benefici delle risposte rispetto a sunitinib per più di tre anni, indipendentemente dalla classificazione di rischio dei pazienti. Questi risultati confermano l’importanza di questo regime a base di immunoterapia ed inibitore della tirosin-chinasi per i pazienti, oltre che la sua capacità di contribuire a cambiare le aspettative di sopravvivenza per tutti coloro che sono affetti da questa difficile patologia.”
“Il nostro obiettivo, in Ipsen, è di permettere alle persone che convivono con il cancro di vivere più a lungo e al meglio, e questi risultati rafforzano il valore che cabozantinib può offrire ai pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato quando è utilizzato in associazione con l’immunoterapia nel setting di prima linea”, sostiene Steven Hildemann, M.D. PhD, Executive Vice President, Chief Medical Officer, Head of Global Medical Affairs and Global Patient Safety. “I risultati dello studio CheckMate-9ER continuano a dimostrare i benefici sostenuti a lungo termine, ora a tre anni, nei pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato, in tutte le principali misure di efficacia e i punteggi di rischio, che si aggiungono alle evidenze che già abbiamo di cabozantinib più nivolumab. Ringraziamo sinceramente i pazienti che hanno partecipato allo studio, le loro famiglie e la comunità scientifica.”
“I dati aggiornati dello studio CheckMate-9ER, dopo un-follow up più esteso, hanno mostrato come la combinazione di cabozantinib e nivolumab sia capace di raggiugere, nei pazienti affetti da tumore del rene avanzato, una mediana di sopravvivenza globale (OS) di 49.5 mesi. È un dato che rappresenta un successo nel trattamento di questa neoplasia delineando un percorso che aspira alla sua cronicizzazione che non lascia indifferente la comunità scientifica”, ha commentato Roberto Iacovelli, Professore Associato di Oncologia Medica presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma. “In Italia, solo nel 2022, il tumore del rene è stato diagnosticato ad oltre 12.000 nuovi pazienti; tra questi, 25-30% sono candidati ad avviare un trattamento medico da subito per la presenza di metastasi al momento della diagnosi ed un altro 25-30% per la loro comparsa in corso di follow-up dopo l’asportazione del tumore primario con intento curativo. Entrambe queste tipologie di pazienti possono oggi beneficare della combinazione di cabozantinib e nivolumab e quindi aspirare ad una lunga sopravvivenza oltre che ad una preservazione della qualità di vita e al favorevole profilo di tossicità già noti per questa combinazione.”
Il carcinoma a cellule renali (RCC)
Nel 2020 si sono registrate più di 400.000 nuove diagnosi di tumore del rene in tutto il mondo.
Tra queste, il carcinoma a cellule renali (RCC) è il tipo di tumore del rene più comune, costituendo circa il 90% dei casi. È due volte più frequente negli uomini e i pazienti maschi rappresentano più dei due terzi delle morti. Al momento della diagnosi, circa il 30% dei pazienti presenta RCC avanzato o metastatico.11 Se diagnosticato in stadio iniziale, il tasso di sopravvivenza a cinque anni è elevato, ma nei pazienti con RCC avanzato o metastatico all’ultimo stadio il tasso di sopravvivenza è molto più basso, pari a circa il 12%, per il quale al momento non esistono cure.
In Italia, nel 2022, sono state stimate circa 12.600 nuove diagnosi (uomini =7.800; donne = 4.800).
Nel 25-30% circa si presenta in fase loco-regionalmente avanzata e/o metastatica e, nel 25-30% circa dei casi, la malattia si ripresenta dopo chirurgia con intento curativo
Cabozantinib
Cabozantinib è una piccola molecola somministrata per via orale che inibisce recettori multipli della tirosin-chinasi come VEGFR, MET, RET e la famiglia dei TAM (TYRO3, MER, AXL). Questi recettori di tirosin-chinasi sono coinvolti in processi cellulari normali e patologici, come l’oncogenesi, la metastasi, l’angiogenesi tumorale (la crescita di nuovi vasi sanguigni di cui i tumori hanno bisogno per crescere), la resistenza ai farmaci, la modulazione delle attività immunitarie e il mantenimento del microambiente tumorale.