Un nuovo studio internazionale, pubblicato sulla rivista Brain e coordinato dal Dipartimento di Neuroscienze umane della Sapienza, suggerisce una nuova ipotesi interpretativa della rigidità muscolare nella malattia di Parkinson

Uno studio internazionale, coordinato dalla Sapienza in collaborazione con la University College di Londra e il National Institutes of Health (NIH), Bethesda (USA), introduce una nuova ipotesi interpretativa secondo cui la rigidità è legata alla disfunzione di uno specifico circuito neuronale che include connessioni funzionali tra midollo spinale, cervelletto e la formazione reticolare del tronco dell’encefalo.
Il lavoro, che chiarisce rilevanti aspetti fisiopatologici della rigidità, affrontando anche il problema dello studio sperimentale di questo segno clinico, è stato pubblicato sulla rivista Brain.
Grazie a un innovativo protocollo sperimentale che ha visto l’utilizzo di una innovativa strumentazione robotica, associata e sincronizzata a specifiche misure neurofisiologiche e biomeccaniche, è stato possibile valutare con un algoritmo le caratteristiche della muscolatura e l’attività nervosa riflessa di 20 pazienti affetti dalla malattia di Parkinson e 25 soggetti sani di controllo con caratteristiche anagrafiche ed antropometriche simili.
“Il principale traguardo scientifico del nostro studio – spiega Antonio Suppa del Dipartimento di Neuroscienze Umane della Sapienza - consiste nella dimostrazione sperimentale che la rigidità nella Malattia di Parkinson dipende da specifiche alterazioni del controllo nervoso del tono muscolare (es. aumento velocità-dipendente dei riflessi di lunga latenza) che a loro volta riflettono una disfunzione nelle connessioni tra midollo spinale, cervelletto e formazione reticolare del tronco dell’encefalo.”
La Malattia di Parkinson è una patologia neurodegenerativa assai frequente nella popolazione generale (circa 300.000 pazienti in Italia) e purtroppo in continua crescita secondo le ultime stime dell’Organizzazione mondiale della sanità. Una più approfondita conoscenza dei suoi principali segni e sintomi clinici risulta fondamentale anche nell’ottica di una più appropriata pianificazione e programmazione di interventi specifici di sanità pubblica.