
Il Prof Umberto Tirelli traccia un'analisi di un fenomeno ancora da comprendere a fondo e d trattare con approccio multimodale
Il 95% dei colpiti da SARS-Cov-2 guariscono senza o con pochi sintomi in 2-6 settimane, mentre il 5% circa, in particolare coloro con fattori di rischio come età avanzata, obesità, diabete, malattie cardiovascolari e croniche, tumori, ecc., sviluppano una Sindrome da Covid-19 con sintomi e segni importanti come tosse intensa, febbre alta, polmonite bilaterale, stanchezza severa, ecc., che può portare anche a morte, soprattutto nelle persone anziane ed infatti la media di mortalità di Covid-19 è 80 anni negli uomini e 85 anni nelle donne. Un gruppo di pazienti che hanno avuto il Covid-19 e sono diventati negativi ai tamponi molecolari, condotto da Amy Watson dell’Oregon negli USA si sono associati creando un gruppo di pazienti post-Covid che negli USA vengono chiamati “Long haulers” cioè lunghi trasportatori; in Gran Bretagna si chiamano “Long Covid” mentre in altri paesi europei, compresa l’Italia, si chiamano pazienti con Sindrome Post-Covid. Queste indagini anche con studi pubblicati in letteratura medica hanno indicato che 50-80% dei pazienti dopo il Covid continuano ad avere sintomi molto fastidiosi tre mesi dopo l’insorgenza del Covid-19 anche se ripetuti tamponi molecolari non evidenziano più SARS-Cov-2 nel tampone. I sintomi più comuni sono spossatezza, dolori generalizzati, mancanza di fiato, difficoltà nel concentrarsi, incapacità a fare esercizio fisico, mal di testa, difficoltà a dormire. Poiché il Covid-19 è una nuova malattia iniziata con un outbreak in Cina nel dicembre 2019, non abbiamo informazioni sulle percentuali di guarigione a lungo termine. Oggi non siamo in grado di predire chi sarà un soggetto che svilupperà una sindrome post-Covid, però sappiamo, come un articolo di Science ha riportato recentemente, che anche le persone che sono state affette da una modesta forma di Covid-19 possono avere questi sintomi e pazienti che invece sono stati colpiti dalla malattia in forma severa possono tornare alla normalità due mesi dopo. La sindrome Post-Covid, con tutti i sintomi sopra elencati, è più facile che si verifichi nelle persone sopra i 50 anni, le persone con due o tre malattie croniche e persone che hanno avuto una forma severa di Covid-19. Non c’è ancora una definizione formale di sindrome Post-Covid ma si può pensare che una definizione ragionevole potrebbe essere quella che tutti coloro che sono diagnosticati con il SARS-Cov-2, che causa Covid-19, o che molto probabilmente sono stati infettati e non hanno fatto i tamponi perché non erano disponibili, e che non sono tornati ai loro livelli di salute e funzionalità precedenti, dopo sei mesi possono essere considerati in questa definizione. Il post-Covid può includere due gruppi di persone che sono state colpite dal Coronavirus: il primo gruppo ha sperimentato qualche forma di danno (non sappiamo ancora se permanente o che si risolverà nel tempo) ai polmoni, al cuore, ai reni o al cervello e che può aver influenzato la loro abilità a funzionare al meglio e questo perché SARS-Cov-2 può colpire le cellule umane con recettori ACE2 potenzialmente in tutto il corpo, in primis polmone, cuore, fegato, reni e cervello. Nel secondo gruppo ci sono le persone che continuano a sperimentare sintomi debilitanti come spossatezza, affaticamento anche dopo piccoli sforzi, nebbia nella testa, dolori muscolari ed articolari anche se non ci sono danni riscontrabili ai loro organi, in particolare il polmone. Il Dr. Anthony Fauci, Direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases all’NIH di Bethesda negli Stati Uniti, ha speculato che molti nel secondo gruppo di pazienti hanno sviluppato una condizione molto simile a quella che si chiama Encefalomielite Mialgica/Sindrome da Fatica Cronica (ME/CFS). Questa patologia si può sviluppare anche dopo altre malattie infettive, per esempio la mononucleosi, la malattia di Lyme, l’influenza, la SARS che è un’altra malattia data dal Coronavirus, il SARS-Cov-1. Negli USA si stima vi siano circa 2 milioni di persone affette da ME/CFS secondo il National Accademy of Medicine, in Italia circa 500mila persone e che è una malattia causata da alterazioni immunologiche, come la produzione abnorme di citochine fra le altre anomalie. Sappiamo che la maggior parte dei pazienti con ME/CFS prima del Covid-19 possono rimanere malati per molte decine di anni, anche se un trattamento che abbiamo sviluppato nell’ambito della SIOOT (Società Scientifica di Ossigeno Ozono Terapia) che si chiama Ossigeno-ozonoterapia ha dato dei risultati sorprendenti ed effettivamente un 70% dei pazienti può avere benefici e a volte anche importanti e duraturi dopo il trattamento, questo per le capacità dell’ozono di agire come immunomodulatore, energetico, anti-infiammatorio ed antivirale tra le altre proprietà. Effettivamente in questo momento, anche presso la Clinica Tirelli Medical Group di Pordenone, abbiamo un numero consistente di pazienti che affetti da ME/CFS Post-Covid sono in trattamento con l’ossigeno-ozonoterapia secondo i protocolli SIOOT ed alcuni hanno già notevoli benefici come nella ME/CFS pre-Covid. L’altro problema è per coloro che possono avere degli effetti potenzialmente a lungo termine sugli organi colpiti come i polmoni, il cuore, i reni ed il cervello. Già nel mondo vi sono attivate delle cliniche con l’intento di studiare e trattare coloro che sono affetti da Sindrome Post-Covid. Sono state studiate le TAC polmonari di circa mille pazienti che provengono da diversi studi pubblicati in letteratura medica e si è riscontrato che i lobi inferiori dei polmoni sono quelli più frequentemente danneggiati. Uno studio austriaco ha dimostrato che il danno ai polmoni si riduce nel tempo e mentre l’88% dei partecipanti aveva danni visibili 6 settimane dopo essere stati dimessi dall’ospedale, questa percentuale era diminuita a 56% dopo 3 mesi. Sappiamo anche che pazienti infettati con altri Coronavirus avevano avuto dei danni che potevano perdurare molto a lungo. Uno studio pubblicato ha dimostrato che dopo la SARS, causata dal virus SARS-Cov-1, nel 2002-2003, e che misteriosamente scomparse nel luglio 2003 dopo essere stata confinata a Cina, Taiwan, Vietnam, Hong Kong, anche dopo 15 anni il 5% di infettati avevano ancora delle alterazioni visibili nei polmoni e il 38% avevano una capacità di diffusione dell’ossigeno ridotta. Un altro studio fatto a Taiwan su coloro che erano guariti da SARS dimostrava che nel 30% dei casi vi erano dei sintomi a lungo termine che potevano essere classificati come ME/CFS. Inoltre, Paul Garner, professore di malattie infettive alla Liverpool School of Tropical Medicine in Gran Bretagna ha sperimentato lui stesso una ME/CFS dopo essere “guarito” dal Covid-19, come da lui stesso riportato. La sindrome post-Covid rimane pertanto ancora da studiare a fondo e certamente è una problematica medica di grave impatto sulla popolazione che è “guarita” dal Covid-19 e noi la stiamo trattando con ossigeno-ozonoterapia nell’ambito della SIOOT presso la clinica Tirelli Medical Group di Pordenone.