potrebbe essere utile a progettare nuove strategie terapeutiche e prognostiche

"Spesso nei tumori sierosi ad alto grado dell’ovaio sono presenti mutazioni della proteina p53, - spiega la Bagnato -. I tumori con queste mutazioni sono particolarmente aggressivi. Per cercare di capirne la ragione, i ricercatori hanno scoperto che, in molti casi, la p53 mutata si lega ad un’altra proteina chiamata YAP, uno degli interruttori generali del cancro, in una ‘liaison‘ pericolosa che porta i tumori a resistere alla chemioterapia".
Al centro di tutto sembra esserci l'attivazione del recettore dell'endotelina, che ha come partner un’importante molecola: la beta-arrestina. Grazie a una serie di esperimenti condotti con cellule tumorali che derivano dal paziente, i ricercatori hanno dimostrato che, insieme, le tre proteine, beta-arrestina, p53 mutata e YAP, costituiscono una piattaforma di coordinamento per altri segnali che consentono alle cellule tumorali di eludere la risposta al cisplatino, il farmaco di elezione nel trattamento del carcinoma ovarico,. “Giovanni Blandino precisa “L’interazione fisica tra le tre proteine rende le cellule tumorali capaci di dare origine alle metastasi e di non rispondere alle terapie”.
La scoperta potrebbe avere una notevole rilevanza traslazionale. Chiarita la catena di eventi responsabili dell'aggressività tumorale, i ricercatori del Regina Elena hanno capito che è possibile interromperla utilizzando dei farmaci in uso clinico in grado di bloccare i recettori dell'endotelina. In esperimenti condotti in laboratorio, i ricercatori hanno verificato che un farmaco capace di bloccare questi recettori rallenta la capacità di formare metastasi, rendendo le cellule tumorali sensibili alla chemioterapia.
“Abbiamo identificato una nuova vulnerabilità delle cellule tumorali - sottolinea Gennaro Ciliberto, direttore scientifico IRE - che una volta colpita può ridurre l’aggressività delle cellule del tumore sieroso dell’ovaio”.
Nel tessuto tumorale la presenza contemporanea del recettore dell’endotelina insieme a YAP e beta-arrestina è associata a un decorso peggiore della malattia. È questa un’ulteriore prova dell’importanza della relazione pericolosa messa in luce dai nostri ricercatori, analizzando un gruppo di pazienti con tumore all’ovaio sieroso di alto grado con alta frequenza delle mutazioni della proteina p53. Questa scoperta, se ulteriormente validata, potrebbe avere significative ricadute cliniche nello sviluppo di nuove strategie terapeutiche e prognostiche.
Fonte: Ufficio Stampa IFO Istituto Nazionale Tumori Regina Elena IRCCS