
Il regime di dosaggio raccomandato per il farmaco è una dose di induzione iniziale, in base al peso corporeo, (~6 mg/kg) per via endovenosa (EV). La prima somministrazione di mantenimento per via sottocutanea (SC) di ustekinumab da 90 mg è da somministrarsi alla settimana 8 dopo la dose per via endovenosa. A seguire, si raccomanda una dose ogni 12 settimane. Coloro che non rispondono più ai dosaggi ogni 12 settimane possono trarre vantaggio da un aumento della frequenza della somministrazione ogni 8 settimane. I pazienti possono, di conseguenza, ricevere una somministrazione ogni 8 settimane o ogni 12 settimane, a seconda del parere del medico.
L’approvazione della Commissione Europea si basa sui risultati di Fase 3, che hanno incluso circa 1.400 pazienti affetti da Malattia di Crohn attiva, da moderata a grave. Gli studi di Fase 3 hanno mostrato che, dopo un anno di terapia, il trattamento con ustekinumab ha indotto una risposta e una remissione clinica mantenendo tali risultati nel tempo in proporzione significativamente maggiore nei pazienti adulti affetti da Malattia di Crohn attiva da moderata a grave, rispetto al gruppo trattato con placebo.
“Per una patologia con andamento cronico ed evolutivo come la Malattia di Crohn, avere a disposizione una nuova opzione di trattamento, con un meccanismo d’azione diverso dalle terapie già in uso, è un fatto molto significativo, soprattutto per quanto riguarda il miglioramento della sintomatologia, delle lesioni intestinali e di conseguenza della qualità di vita dei pazienti - dichiara il Dottor Alessandro Armuzzi, Responsabile della IBD Unit del Complesso Integrato Columbus, Fondazione Policlinico Gemelli Università Cattolica di Roma – Oltre al diverso meccanismo d’azione, l’elemento differenziante di ustekinumab consiste nella possibilità di ‘demedicalizzare’ il paziente con una frequenza di somministrazione peculiare, che consente, dopo una dose di carico iniziale per via endovenosa, il successivo mantenimento per via sottocutanea ogni due o tre mesi. Il farmaco ha, poi, un’azione mirata sia nei confronti della malattia intestinale che delle sue manifestazioni extra-intestinali”.
Ustekinumab è stato generalmente ben tollerato, sia nella fase di induzione, sia in quella di mantenimento in tutti e tre gli studi, e il profilo di sicurezza del farmaco nel programma di sviluppo clinico della Malattia di Crohn è rimasto coerente nei cinque anni di dati cumulativi acquisiti nei pazienti affetti da psoriasi (con iniezioni sottocutanee fino a 90 mg), e nei due anni di dati di sicurezza, relativi a pazienti affetti da artrite psoriasica.
Nello studio di mantenimento IM-UNITI, controllato con placebo, sono stati riportati eventi avversi in proporzioni simili nei gruppi sottoposti a trattamento con ustekinumab e con placebo, la maggioranza dei quali erano relativi a disturbi gastrointestinali (dolore addominale e diarrea), e infezioni (tra le più comuni rinofaringite e le infezioni delle alte vie respiratorie). Gli eventi avversi gravi riportati sono risultati simili nei gruppi trattati con ustekinumab e in quelli trattati con placebo, e non sono stati riportati né decessi né eventi avversi cardiovascolari gravi.
“L’efficacia e la safety – continua Armuzzi - di ustekinumab sono documentate dai tre trials registrativi. Ovviamente, in termini di mantenimento della terapia nel lungo termine bisognerà attendere nuovi dati oltre a quelli di real life; le premesse, però, che provengono dal Registro PSOLAR sono molto incoraggianti, quando si va ad analizzare i subsets di pazienti che presentano una malattia infiammatoria cronica intestinale associata”.
Fonte: Ufficio Stampa Value Relations