
Un nuovo studio pilota, – a cui ha partecipato l'Unità di ricerca di Metabolomica e Biochimica Cellulare dell'Aterotrombosi del Centro Cardiologico Monzino, diretta da Viviana Cavalca, – ha studiato la farmacodinamica dell'aspirina a basse dosi in somministrazione monogiornaliera in soggetti obesi sani (indice di massa corporea: BMI> 30 kg/m2) e ha cercato di capire se il peso corporeo e il BMI influenzino la farmacologia dell'aspirina.
Com'è noto, l'aspirina blocca la produzione di trombossano A2 (mediatore dell’aggregazione piastrinica e potente vasocostrittore) attraverso l’inibizione della COX1, enzima cellulare indispensabile per la produzione di prostaglandine. La farmacodinamica dell’aspirina è stata dunque valutata in base ai livelli del metabolita inattivo del trombossano A2,trombossano B2 (TXB2), misurati a 4, 24 e 48 ore dall'ultima assunzione controllata del farmaco, in 19 pazienti obesi senza patologia cardiovascolare, sindrome metabolica o diabete mellito e non in terapia con aspirina, e in altrettanti soggetti non-obesi di controllo, pareggiati per età e sesso.
Per lo studio di farmacodinamica e di farmacocinetica dell'aspirina, i ricercatori hanno utilizzato un modello in silico, che ha predetto nei soggetti obesi una bassa biodisponibilità del farmaco e la necessità di migliorare i regimi posologici, per meglio controllare gli alti livelli sierici di TXB2. Il modello matematico in silico è un modello farmacocinetico/farmacodinamico basato sulla fisiologia, che descrive la farmacocinetica dell'aspirina nella circolazione sistemica, portale e nei tessuti, e le caratteristiche farmacodinamiche risultanti dall’azione della COX1.
L'obesità compromette la farmacodinamica dell'aspirinaAl basale cioè prima dell’assunzione di aspirina, lo studio ha evidenziato livelli sierici di TXB2 simili tra soggetti obesi e non obesi. Negli obesi, il BMI correlava significativamente con i livelli del metabolita urinario del trombossano, di indici infiammatori quali la proteina C reattiva, e di marcatori di stress ossidativo quali gli isoprostani.
Tra le 4 e le 48 ore dopo la somministrazione del farmaco, nei 16 soggetti obesi che hanno completato il trattamento (BMI= 39,4 ± 5,1 kg / m2), i valori sierici residui di TXB2 erano da 3 a 5 volte più elevati rispetto a quelli misurati nei controlli. I livelli residui di TXB2 24 ore dall’ultima assunzione sono risultati essere associati al BMI e al peso corporeo. Secondo la predizione del modello in silico, la biodisponibilità dell'aspirina diminuisce al crescere del BMI e l’efficacia terapeutica può essere garantita solo da un aumento della dose di farmaco somministrata (200 mg di aspirina una volta al giorno o 85 mg due volte al giorno).
Questi risultati confermano che l'obesità compromette la farmacodinamica dell'aspirina. Nei pazienti obesi, l’aspirina a basso dosaggio una volta al giorno sembra dunque essere insufficiente per inibire adeguatamente l'attivazione piastrinica COX-dipendente. Inoltre in questi soggetti, anche in assenza di patologia cardiovascolare e nonostante un'età relativamente giovane, la formazione di TXA2 in vivo risulta significativamente aumentata, e non bilanciata da un concomitante aumento della biosintesi endogena di prostaciclina, riconosciuto agente antitrombotico.
Il nostro è il primo studio che misura la farmacodinamica dell'aspirina nell’immediatezza dell’assunzione del farmaco in una coorte di soggetti obesi senza concomitante patologia cardiovascolare. L’importanza delle nostre osservazioni emerge dalle considerazioni che l’obesità è in aumento e gli attuali regimi posologici dei farmaci antipiastrinici sono stati sviluppati e testati fino a oggi in popolazioni non obese.
Viviana CavalcaLe conclusioni di questo studio, che si è avvalso di modelli in silico, potranno fornire una base razionale per ulteriori studi, volti a misurare l'efficacia e la sicurezza di differenti regimi posologici di aspirina, in pazienti gravemente obesi.
Fonte: Ufficio Stampa Centro Cardiologico Monzino, Milano