«Gli interventi di oggi - dichiara Antonio Bartorelli- rappresentano per molti pazienti una rivoluzione: la chiusura del leak paravalvolare con un dispositivo impiantabile inserito per via transcatetere è infatti l’unica strada percorribile per i pazienti troppo fragili ed ad alto rischio per essere candidabili a chirurgia. In un passato recente, interventi analoghi sono stati eseguiti adattando dei dispositivi in uso per altre patologie cardiache, ma il device utilizzato oggi, chiamato OCCLUTECH-Paravalvular Leak Device, è il primo ad essere specificamente concepito a questo scopo, aumentando significativamente le probabilità di successo della procedura».
Solo in Europa ogni anno vengono impiantate 210.000 protesi valvolari per la sostituzione della valvola aortica o mitralica. In alcuni di questi casi - la percentuale oscilla tra l’1 e il 5 per cento, con un’incidenza più elevata per quella mitralica – il paziente col tempo può andare incontro a un distacco limitato della protesi: è appunto il “leak paravalvolare” che, se di grado severo, spesso richiede un nuovo intervento chirurgico.
«Ma non sempre è possibile procedere chirurgicamente, sostituendo la valvola o risuturandola – osserva Francesco Alamanni - perché in molti casi si tratta di malati complessi, sottoposti a plurimi interventi cardiochirurgici, spesso affetti da altre malattie e dunque con un aumentato rischio di mortalità perioperatoria. Questo intervento è un ulteriore esempio di come al Monzino, grazie al continuo sviluppo delle tecnologie, unito ad un approccio effettivamente integrato tra cardiochirurghi e cardiologi, il trattamento chirurgico delle cardiopatie complesse e dei pazienti ad alto rischio sta evolvendo verso una riduzione dell’invasività. Qui cardiochirurghi e cardiologi sempre più di frequente operano insieme, con l’obiettivo di creare i futuri paradigmi di terapia delle malattie cardiovascolari»
Fonte: Ufficio Stampa Centro Cardiologico Monzino