Viene messa quindi in discussione l’arcaica convinzione che questa forma di cardiopatia non sia curabile, dimostrando che, se la diagnosi è precoce e il trattamento cardiologico è tempestivo, è possibile ottenere un completo recupero della funzione cardiaca.
“La cardiotossicità da antracicline - spiega Daniela Cardinale, direttore dell’Unità di Cardioncologia IEO e primo autore del lavoro - è una temibile complicanza dei trattamenti antitumorali che può pesare negativamente sulla prognosi del paziente oncologico indipendentemente dal problema tumorale di base. Ancora oggi è considerata irreversibile perché ritenuta poco responsiva ai farmaci cardiologici”.
Lo studio prospettico, condotto allo IEO è durato 19 anni e ha coinvolto 2.625 pazienti trattati con antracicline. L’incidenza della cardiotossicità è stata del 9% e si è evidenziata nella quasi totalità dei casi (98%) durante i primi 12 mesi dalla fine del trattamento antitumorale. Un attento monitoraggio della funzione cardiaca durante questo periodo ha consentito la diagnosi e il trattamento precoce di questa forma di cardiopatia, permettendo di ottenere la normalizzazione della funzione cardiaca nella maggioranza dei casi (82%).
“Questi risultati - continua la Cardinale – scardinano l’antica convinzione che la cardiotossicità da antracicline sia una patologia irreversibile e mettono in discussione l’attuale classificazione che distingue la cardiotossicità in due diverse entità, precoce e tardiva, a seconda del tempo di insorgenza dei sintomi dello scompenso cardiaco (rispettivamente entro un anno e dopo un anno dalla fine della chemioterapia). Al contrario, la cardiotossicità sembra invece essere un fenomeno unico e continuo, che inizia con una disfunzione cardiaca asintomatica che se non diagnosticata e non trattata, può evolvere verso allo scompenso cardiaco conclamato. Quindi un monitoraggio cardiologico esclusivamente basato sui sintomi può far perdere l’opportunità di una diagnosi e un trattamento in una fase in cui la cardiotossicità è ancora reversibile”.
“Non esistono linee guida sul monitoraggio cardiologico dei pazienti oncologici basate su reali evidenze scientifiche - commenta Carlo Cipolla, Direttore della Divisione di Cardiologia dello IEO, fondatore e primo Presidente dell‘International Cardioncology Society, oltre che coautore della pubblicazione. “Questo studio prospettico fornisce per la prima volta dati oggettivi utili a delineare indicazioni più precise, dirette sia ai cardiologi che agli oncologi, per la sorveglianza cardiologica del paziente sottoposto a trattamento antitumorale”.
Come sottolineano John D. Goarke e Anju Nohria del Dana Farber Institute di Boston nel loro editoriale su Circulation, che elogia il lavoro italiano: “La speranza è che questo studio possa ispirare altri alla valutazione sistematica della funzione cardiaca nei pazienti oncologici asintomatici. I cardioncologi hanno la responsabilità di spingere la ricerca clinica in questa direzione, di fronte ad una popolazione crescente di persone che hanno, o hanno avuto, una forma di tumore e presentano un maggior rischio, a causa delle terapie anticancro, di sviluppare malattie cardiovascolari”.
Fonte: Ufficio Stampa IEO milano